Li Yinhe è una sociologa e sessuologa cinese. Oltre ad avere effettuato studi sui cambiamenti e le dinamiche dei comportamenti sessuali cinesi nel corso della storia, può essere considerata anche un’attivista dei diritti omosessuali in Cina. Impegnata a produrre ricerche e partecipare a conferenze, ha risposto ad alcune domande alla luce del primo Gay Pride cinese, svoltosi a Shanghai la settimana scorsa, in concomitanza con i gay pride in tutto il mondo. Un evento epocale, considerando il fatto che in Cina l’omosessualità era considerata una malattia mentale, fino al 2001.
Oggi si stima in circa 50 milioni il numero degli omosessuali in Cina. L’atteggiamento dei cinesi al riguardo sembra essere di pacata tolleranza, anche se dal punto di vista dei diritti e dell’informazione (specie riguardo la prevenzione dell’Aids), tanti sono ancora i passi da fare, e non solo in Cina. Riproponiamo un’intervista alla sociologa sul tema della omosessualità, in occasione della giornata mondiale contro l’Aids.
Lei ha sottoposto 3 proposte per matrimoni omosessuali alla Commissione Nazionale della Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese (CPPCC). Qual è stata la reazione?
Da parte dello speaker della conferenza non ci fu alcuna reazione formale. Però ai giornalisti disse che erano proposte un po’ troppo avanzate per la Cina di oggi. Disse che era troppo presto. Non lo credo, ma rispetto la posizione. Anche perché l’approccio del governo sul tema è decisamente cambiato negli ultimi tempi, si sono aperti spiragli. Anni fa il governo imponeva alla stampa di non scrivere sull’argomento. Oggi puoi trovare parecchie informazioni e articoli al riguardo, segno evidente di un’apertura importante. E anche la gente è molto più tollerante sul tema dell’omosessualità. Quando ho chiesto ai cinesi se pensavano che omosessuali e eterosessuali dovessero avere gli stessi diritti, il 91% ha risposto di sì.
Lei ha anche chiesto la legalizzazione della prostituzione, che reazioni ha ottenuto?
Non penso che il governo voglia legalizzare la prostituzione, anche perché al riguardo l’atteggiamento è chiaro. Appena presero il potere i comunisti chiusero immediatamente tutti i luoghi dediti alla prostituzione. In generale ancora oggi la gente pensa sia una cosa negativa, legata alla corruzione. Eppure è decisamente diffusa.
Lei si è occupata di questioni sessuali e problematiche legate alle differenze tra aree rurali e aree urbane. Dal punto di vista dei comportamenti sessuali che differenze esistono ancora oggi?
Ci sono ancora grandi differenze. Nelle campagne la popolazione è più tradizionale e non ha grandi informazioni circa il sesso. Non sono ancora completamente liberi di scegliersi il partner, perché tutta la vita è ancora regolata dalla famiglia, che sceglie anche la sposa o lo sposo. Nelle città ormai è completamente diverso, basta vedere il tasso altissimo di divorzi.
In generale cosa pensa dell’atteggiamento cinese riguardo il sesso?
Penso che ci sia stato, nel corso della storia, un cambiamento graduale. Identificherei tre periodi in particolare: anticamente i cinesi pensavano che il sesso fosse naturale, buono per la salute, per la famiglia, per la vita in generale, poi durante alcune dinastie, quella Ming ad esempio, qualcosa cambiò e il sesso divenne qualcosa di negativo, oscuro, qualcosa di cui non parlare. Crebbero valori come la verginità e si identificò nelle donne esemplari, come ad esempio le vedove che non si risposavano, ma accudivano le famiglie, le figure simbolo. Recentemente negli ultimi 30 anni la gente ha ricominciato di nuovo a considerare il sesso in modo più positivo. Più in generale direi che la gente pensa oggi che il sesso sia un diritto individuale.
In che modo oggi si realizza la discriminazione nei confronti degli omosessuali?
La discriminazione esiste solo nella mente delle persone.