Il Giappone punta a diventare la prima “società a idrogeno”. Sulla scia dell’incidente alla centrale Daiichi di Fukushima, il governo di Tokyo ha deciso di esplorare le possibilità offerte da alcune fonti alternative al nucleare e ai combustibili fossili. Tra queste c’è l’idrogeno. E le ultime mosse di Toyota, leader mondiale nel settore auto, sembrano puntare a un uso più diffuso di questo gas. Nel piano per l’energia pubblicato ad aprile di quest’anno, il governo guidato da Shinzo Abe ha riaffermato l’importanza del nucleare e intende procedere al più presto alla riattivazione di alcune centrali considerate “sicure” secondo gli standard predisposti all’indomani dell’incidente di Fukushima.
Prima di marzo 2011, infatti, il nucleare contribuiva per un terzo all’approvvigionamento energetico totale del paese. Ad oggi in Giappone si contano 50 reattori nucleari, per il momento tutti spenti per controlli di sicurezza.
In un periodo in cui il deficit commerciale continua ad allargarsi – nel 2013 si è toccata la quota record di 103 miliardi di dollari – soprattutto a causa delle massicce importazioni di combustibili fossili, Tokyo sonda le alternative. E l’idrogeno sembra costituirne una più che valida, nell’ambito dell’“energy mix” proposto da Abe.
Diversificare le fonti con l’obiettivo della sicurezza di approvvigionamento, dell’ottimizzazione della spesa e della tutela ambientale: questi gli imperativi categorici della politica energetica giapponese.
“L’idrogeno – si legge nel documento stilato dal governo Abe – sarà centrale come fonte energetica secondaria: se usato propriamente, può raggiungere un’alta efficienza energetica con un basso impatto ambientale e possibilità di essere sfruttata in situazioni di emergenza”. Se bruciato, l’idrogeno non produce CO2 ed è perciò considerato una fonte pulita in grado di contribuire a ridurre le emissioni inquinanti nell’aria.
Via allora alla sperimentazione. A cominciare dalle auto. Ad aprile di quest’anno, Toyota, il principale produttore giapponese di autoveicoli, lancerà sul mercato il primo modello a celle di idrogeno (fuel cell vehicle, FCV), la Toyota Mirai ("Futuro", in giapponese). L’auto sarà completamente elettrica ed emetterà semplicemente vapore acqueo.
Prezzo di partenza 7 milioni di yen (circa 52 mila euro), ma la casa giapponese ha già annunciato di puntare in poco meno di 5 anni a dimezzarne il prezzo.
All’ultimo Consumers Electronic Show di Las Vegas, Toyota ha annunciato che renderà disponibili oltre 5mila brevetti per le celle di idrogeno e concederà licenze senza royalty per altri produttori e aziende del settore fino al 2020. Un segno, secondo alcuni osservatori, che il colosso giapponese dell’automotive sta cercando di stimolare la concorrenza per favorire la creazione di una società globale a idrogeno.
In Europa, Mercedes al momento sembra decisa a sfidare la concorrenza giapponese e continua con i test sulle sue auto ibride a idrogeno. Seguono a ruota Honda e Nissan-Renault.
Intanto nel Paese-arcipelago tutto sembra pronto per l’arrivo delle Fcv. Entro il 2015, si augurano gli operatori del settore, in Giappone ci saranno cento stazioni di rifornimento, mille entro il 2025. Il successo commerciale delle ibride di nuova generazione dipenderà infatti dalla disponibilità di infrastrutture adeguate.
Il Giappone è capofila della sperimentazione sull’idrogeno almeno dal 2009, quando vennero immesse sul mercato le prime celle a combustibile per la produzione domestica di elettricità e calore. L’obiettivo di Tokyo è avere entro il 2020 oltre un milione di case alimentate a idrogeno.
Quello dell’idrogeno è in potenza un mercato milionario. Anche per questo sarebbe pronto un piano governativo di sussidi per chi intende comprare un’auto a idrogeno (fino a circa 15mila euro) e per le aziende che intendono costruire stazioni di rifornimento (fino a 1,5 milioni di euro).
A ottobre dello scorso anno, anche il governo inglese ha promesso impegno a supporto del mercato delle celle a combustibile, mettendo sul piatto 3,5 milioni di sterline per la costruzione di almeno sette impianti di rifornimento.
Il potenziale c’è, ma rimangono alcuni dubbi. Il più importante è la produzione stessa del gas, che al momento dipende in gran parte da combustibili fossili, e la sua distribuzione. “Le infrastrutture per le auto elettriche sono più semplici e comuni di quelle per le auto a celle di combustibile e questo è il principale ostacolo”, ha dichiarato Carlos Ghosn CEO di Nissan-Renault al Financial Times.
In secondo luogo, la sicurezza degli impianti. Ai giapponesi la parola idrogeno ricorda le esplosioni che distrussero le coperture di cemento dei reattori della centrale nucleare di Fukushima.
A Saitama, nei pressi di Tokyo, alcuni residenti hanno protestato nei mesi scorsi contro il progetto di un’impianto di distribuzione di idrogeno. Tra loro anche Miki Kubo, eletta nell’assemblea cittadina per il Partito comunista. “Dicono che è sicuro” – ha spiegato al Japan Times. “Si diceva anche che le centrali nucleari non avrebbero mai avuto incidenti. Eppure è successo”.
[Scritto per Lettera43]