Giappone – Una bandiera 68 anni dopo

In by Simone

Una bandiera giapponese rimane 68 anni ripiegata in una scatola di caramelle nella soffitta di un veterano americano della seconda guerra mondiale. Quando la nuora la ritrova, una serie di fortunate coincidenze fa sì che il cimelio venga restituito ai legittimi proprietari. A Okinawa.
Quasi una variazione del cosiddetto Butterfly effect. Invece di un dislocamento spaziale, uno temporale.
Solo che in questo caso non c’è stata alcuna farfalla a sbattere le ali. Piuttosto, c’è stato un ingegnere dell’esercito americano dispiegato nell’isola di Okinawa all’epoca della leggendaria battaglia e il ritrovamento di una bandiera 68 anni dopo.

Come racconta il quotidiano giapponese Asahi Shimbun, Herbert McDougall nel 1945 aveva 19 anni. In una grotta trovò una bandiera del Giappone, la Hinomaru, ovvero il classico disco rosso che rappresenta il sole su fondo bianco. Attorno al disco, alcune iscrizioni in ideogrammi – molti giapponesi andavano in guerra tenendo accanto bandiere con scritte di supporto da parte di familiari e amici, o con poesie e poemi patriottici.

Finita la guerra, nel marzo del 1946, McDougall portò la bandiera con sé in America e la ripose in una scatola di caramelle dove è rimasta fino allo scorso maggio. Probabilmente Herbert aveva smesso da tempo di pensare al cimelio quando la nuora lo ha ritrovato dentro il guardaroba del suocero.

Il destino è diabolico e mette insieme i trucchi più sofisticati per raggiungere i suoi obiettivi. Ed è così che, per una fortuita coincidenza, la nipote di McDougall aveva studiato un po’ di giapponese – anche se non sufficiente per tradurre i testi sulla bandiera. La giovane si è però messa in contatto con la sua insegnante, Aki Suzuki, la quale ha decifrato il messaggio nella bottiglia che la bandiera conteneva.

Per un’ulteriore coincidenza, la donna ha riconosciuto gli ideogrammi della sua città natale, Senju, un nome in giapponese – il probabile proprietario della bandiera – e il nome di una stazione di polizia.

Suzuki, allora, contatta immediatamente la stazione di polizia e aspetta risposte. Dopo due settimane, l’impiegato con cui ha parlato è riuscito a ricostruire l’identità del soldato giapponese: si chiamava Toni Hoshi, è morto il 27 giugno del 1945 nella battaglia di Okinawa, all’età di 27 anni. Gli è sopravvissuto un figlio: Tadakata Hoshi.

Oggi Tadakata ha 71 anni, ma ne aveva solo tre quando suo padre scomparve. Pochissimi i ricordi di lui: giusto una manciata di fotografie che lo ritraevano prima della partenza per la guerra, quando lavorava proprio alla stazione di polizia di Senju.

La bandiera è tornata nel paese da cui era partita nel mese di luglio, è stata proprio Aki Suzuki a riconsegnarla al figlio di Hoshi. L’insegnante di giapponese si era impegnata personalmente a riportare l’oggetto al figlio, con cui aveva avuto alcune conversazioni telefoniche. L’intera vicenda è stata, nelle sue parole, “un miracolo di corrispondenze”.
Insieme al cimelio un messaggio di McDougall per il figlio di Hoshi e famiglia: “È proprietà vostra – non è mai stata mia”.

[Foto credit: lefty22.blog114.fc2.com]
* Benedetta Fallucchi, dopo una parentesi di attività nel mondo editoriale, si è dedicata al giornalismo. Collabora con alcune testate italiane e lavora stabilmente presso la sede di corrispondenza romana dello «Yomiuri Shimbun», il maggiore quotidiano giapponese (e del mondo: ben 14 milioni di copie giornaliere).