Il premier in carica si assicura il controllo dei due rami del parlamento: ora potrà concentrarsi sulle riforme economiche, monetarie e costituzionali. Il popolare wrestler Antonio Inoki ritorna in Parlamento dopo l’esperienza degli anni Ottanta. "Se hai le palle puoi arrivare dove vuoi”. Così Antonio Inoki, leggenda del wrestling negli anni Ottanta, appena un mese fa descriveva la sua ultima sfida: riguadagnarsi un posto in politica. Ce l’ha fatta domenica scorsa, Inoki. E’ riuscito a ottenere un seggio come senatore tra le fila del partito ultraconservatore Ishin no kai – Partito della Restaurazione (Pdr) – guidato dal ticket formato dall’ex governatore di Tokyo Ishihara Shintaro e dal sindaco di Osaka Hashimoto Toru.
L’uomo che nel 1976 è arrivato sull’onda della sua popolarità a sfidare il re della boxe Mohammed Alì è l’ultima trovata dello strano duo per recuperare consensi. Dopo le uscite di Hashimoto sulle “comfort women” – le donne, soprattutto coreane, costrette a prostituirsi per i soldati giapponesi impegnati nelle campagne militari sul continente asiatico – che hanno perfino attirato le critiche del dipartimento di stato Usa, la dirigenza del Pdr ha temuto il contraccolpo. Che però non si è fatto sentire troppo. Forse anche per merito di Inoki, che già alla fine degli anni Ottanta era entrato in parlamento con una formazione politica tutta sua, il Partito dello sport e della pace.
Lo Ishin no kai, pur in calo di consensi, si conferma quarta forza nazionale, assicurandosi 8 senatori a pari merito con Partito comunista e Minna no to (Vostro Partito), in una giornata di voto che ha visto il trionfo del Partito liberal-democratico (Pld) del premier Abe Shinzo. La “balena bianca” nipponica si assicura così il controllo dei due rami del parlamento. Il Pld è stato al governo quasi ininterrottamente dal dopoguerra al 2009, quando il partito democratico di Hatoyama invertì la rotta per poi schiantarsi, complice l’inesperienza politica e l’incapacità di guidare il Giappone alla ripresa nel post-Fukushima, a dicembre 2012.
Ora Abe potrà proseguire sulla strada delle riforme economiche e monetarie – fine del nucleare zero, aumento dell’inflazione al 2 per cento. Ma soprattutto potrà portare a termine la riforma dell’articolo 96 della costituzione nazionale, quello che prevede la maggioranza di due terzi in entrambe le camere per proceder a una riforma costituzionale. Il primo passo verso la riforma dell’articolo 9 della stessa carta fondamentale, che impedisce al Giappone di dotarsi di un esercito nazionale.
Un provvedimento che, in tempo di tensioni territoriali con la Cina e di minacce nucleari dalla Corea del Nord, Abe propaganda come di urgenza assoluta. Ora il primo ministro ha tre anni per portare a termine il suo programma. A dicembre scorso, infatti, Abe aveva promesso di “riprendersi il Giappone”. E in parte sembra esserci già riuscito. Il rilancio del Sol Levante, almeno per i prossimi tre anni, passerà da lui.
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