Bilanci gonfiati per un miliardo di euro e vertici azzerati dopo le dimissioni, e le scuse, del presidente Hisao Tanaka. Il colosso di elettrodomestici, informatica e nucleare affronta la peggiore crisi del marchio della sua storia, rischiando di minare parte della fiducia dei mercati nell’industria giapponese.Tabula rasa, ora si riparte da zero. È questo il sentimento in casa Toshiba dopo le dimissioni di metà del consiglio di amministrazione – compresi presidente, vice presidente e uno dei consiglieri già a capo del gruppo tra il 2005 e il 2009 – martedì 21 luglio in seguito a un’indagine sui bilanci gonfiati dell’azienda. Secondo quanto rivelato dall’indagine di una commissione indipendente, i bilanci di Toshiba sono stati gonfiati di circa un miliardo di euro tra il 2008 e il 2014.
Le indagini hanno rivelato che la dirigenza dell’azienda – leader in Giappone e nel mondo nei settori degli elettrodomestici, dell’informatica, delle infrastrutture e, tra l’altro, dell’energia nucleare – ha avuto in questi anni un ruolo fondamentale nel mascherare le perdite della società, sempre più messa alle corde dalla concorrenza dei produttori cinesi e sudcoreani in settori chiave come l’elettronica di consumo.
Che ci fossero delle irregolarità nei conti dell’azienda di Tokyo era già emerso da tempo. Nel febbraio del 2015 sono emerse alcune irregolarità nella comunicazione di perdite nel settore delle infrastrutture. A inizio aprile, poi, Toshiba ha comunicato la nomina di una commissione di indagine incaricata di rivedere oltre 250 progetti in Giappone e all’estero.
Poco più di un mese dopo i vertici dell’azienda hanno ammesso di avere sovrastimato i ricavi operativi di almeno 50 miliardi di yen (circa 370 milioni di euro) tra il 2011 e il 2013.
Proprio in questo arco temporale le pressioni da parte della dirigenza sui diversi dipartimenti per gonfiare gli utili dell’azienda – già in difficoltà dal 2008 a seguito della crisi economica internazionale iniziata con il crac Lehman Brothers – sarebbero diventate più forti.
Toshiba avrebbe infatti subito un ulteriore colpo dall’incidente nucleare di Fukushima e dalla conseguente decisione del governo giapponese di spegnere tutti i reattori nucleari del paese arcipelago, molti dei quali – Fukushima Numero 1 inclusa – forniti proprio dall’azienda di Tokyo.
Come ha detto in conferenza stampa il presidente dimissionario Hisao Tanaka il 21 luglio, si è trattato del «più grande danno al brand in 140 anni di storia». La fiducia dei mercati, degli investitori e degli azionisti nei confronti dell’azienda è stata messa a repentaglio.
E l’onda lunga del caso Toshiba potrebbe ripercuotersi anche sulle politiche di rivitalizzazione dell’economia giapponese intraprese da governo e banca centrale a partire dalla fine del 2012.
In seguito alle dimissioni di Tanaka, il ministro delle finanze giapponese Taro Aso ha dichiarato: «Se il Giappone fallisce nel mettere in pratica le riforme di governance aziendali, rischia di perdere la fiducia dei mercati». E quello che è successo a Toshiba, ha concluso Aso, «è davvero spiacevole».
Toshiba, nata nel 1938 dalla fusione di due aziende del settore elettrico, è una delle più importanti, e politicamente influenti, corporation del Sol Levante. Negli anni Ottanta Toshiba si guadagnò la posizione di leader nel mondo dell’elettronica grazie ai suoi prodotti innovativi: nel 1984 le prime memorie esterne per computer e nel 1986 il primo computer portatile.
Molti dei suoi dirigenti hanno poi occupato – o occupano – posizioni di rilievo nel settore pubblico: associazioni di industriali, camera di commercio, think tank governativi. Due dei tre dirigenti dimissionari, il vice presidente Norio Sasaki e l’ex presidente Atsutoshi Nishida, avevano entrambi occupato durante il loro mandato la posizione di vice presidente della Keidanren, l’associazione degli industriali giapponese.
Prima di martedì 21 luglio, inoltre, Sasaki faceva parte del consiglio sulle politiche economiche e fiscali interno al ministero omonimo guidato da Akira Amari.
Un altro ex presidente di Toshiba, Taizo Nishimuro, si trova ora ai vertici delle poste giapponesi, azienda dal valore di 10 mila miliardi di yen controllata al 100 per cento dal governo giapponese, che oltre al sistema postale nazionale gestisce servizi bancari e assicurativi.
Masashi Muromachi, membro del direttivo e presidente del gruppo fino alla nomina della nuova dirigenza a fine agosto, è già al lavoro su una riorganizzazione della struttura aziendale – con la possibile vendita di asset e lo scorporo di alcune divisioni dell’azienda non performanti – e una revisione radicale della governance aziendale. L’obiettivo a breve termine è ripristinare la fiducia degli azionisti e investitori ed evitare ripercussioni più vaste sull’economia giapponese.
Secondo quanto scrive il Nikkei Shimbun, principale quotidiano economico giapponese, il primo passo sarà la nomina di consiglieri di amministrazione e di un responsabile del comitato di audit esterni all’azienda.
Devono inoltre essere istituiti un nuovo organo di sorveglianza sulla governance interno alla dirigenza e un comitato esterno che offra appoggio alla dirigenza per realizzare quelle riforme che ora investitori, azionisti e governo richiedono con la massima urgenza.
[Scritto per Lettera43; foto credit: hardwarezone.com]