Giappone – Sempre più turisti cinesi

In by Gabriele Battaglia

Arrivando al banco del check-in all’aeroporto di Haneda, uno dei due scali internazionali della capitale giapponese, noto subito una lunga fila di persone con carrelli carichi di valigie, borse e scatole di elettrodomestici: sono cittadini cinesi che tornano a casa dopo alcuni giorni di svago e shopping nel paese arcipelago.  La prima reazione, per chi come chi scrive è abituato a un massimo di un bagaglio a mano e un solo bagaglio da stiva da 23 kg massimo, è violenta.‘Come è possibile che una persona possa portarsi via tutta ‘sta roba?‘; o ‘ma non c’erano limiti di peso sui bagagli?‘, fino a un più disperato ‘ci arriveremo mai a Shanghai?

Ragionandoci su a mente fredda, la cosa in realtà non mi ha stupito più di tanto. In queste prime settimane di vita a Tokyo, ho avuto diversi incontri ravvicinati – in punti vendita di elettronica come Bic Camera o Yamada o nei negozi di fast fashion come Uniqlo – con il turista cinese in trasferta acquistereccia in Giappone e il suo trolley carico di merci tax-free. Era naturale che a un certo punto questi tornassero a casa.

Salire su un volo Tokyo-Shanghai è stato illuminante sullo stato attuale delle relazioni bilaterali tra Cina e Giappone al di là delle retoriche ufficiali che danno i due paesi contrapposti su tutto, dalle questioni storiche favorite dal riemergere del negazionismo giapponese, alle contese su una manciata di isole nel Mar cinese orientale, alla nuova Banca Asiatica per gli Investimenti e le Infrastrutture a guida cinese.

Mentre i giapponesi che decidono di fare un viaggio in Cina sono sempre di meno dal 2011, le presenze cinesi nel Sol Levante sono ai massimi storici. In fila alla consegna bagagli c’era solo una piccola parte degli oltre 1,3 milioni di cinesi arrivati in Giappone per turismo nei primi 4 mesi del 2015, un aumento del 99,8 per cento su base annua rispetto al 2014. Numeri, scrive il China Daily, quotidiano in lingua inglese vicino al Partito comunista cinese, da mandare in tilt gli alberghi di Tokyo e da far terminare gli adesivi dei visti ai consolati giapponesi in Cina.

Cosa li attira? In particolare: la voglia di fare esperienza all’estero, di respirare aria buona e di riportare a casa prodotti ritenuti di qualità superiore al made in China, approfittando di tassi di cambio favorevoli.

Lo yen basso sul dollaro è stato senza dubbio il principale fattore dell’incremento di presenze turistiche nel Sol Levante. Questo fa buon gioco per il governo Abe che punta ai 20 milioni di turisti all’anno entro il 2020 e per diversi marchi nipponici, in particolare del settore elettrodomestici. Come scriveva a fine 2014 il Wall Street Journal Zojirushi, leader giapponese dei cuociriso elettrici, ha visto gonfiarsi del 12 per cento il proprio volume di vendita: merito dei turisti e, più in generale, del crescente successo ottenuto dai suoi apparecchi sul grande mercato di Oltre muraglia.

Altro souvenir da portarsi a casa dal Giappone, per il turista cinese che se lo può permettere, è la tavoletta elettronica per wc, un prodotto su cui da qualche mese si incrociano strategie di marketing aziendale e di rilancio dell’immagine del Paese-arcipelago (con gran scorno – come si legge in questo breve articolo di Quartz – dell’acquirente di Oltre muraglia che si accorge che anche quello è fatto in Cina!).

Cuociriso e tavolette da wc elettroniche sono in realtà solo la punta dell’iceberg. I turisti cinesi infatti non cercano soltanto beni di lusso che attestino il loro status symbol, spiegava Dai Bing della China Accademy of Tourism al Financial Times, ma beni di uso quotidiano, “che valgano il loro prezzo”. Perciò, come scrive ancora il China Daily, tra i punti di ritrovo dei turisti cinesi ci sono anche le catene di drugstore dove fare incetta di medicinali contro raffreddori e febbri.

Tutto, ovviamente, con la possibilità di vedersi rimborsatal’addizionale sui consumi – all’8 per cento, la più bassa dei Paesi Ocse; un modello che, secondo un editoriale del quotidiano sudcoreano Chosun Ilbo citato sempre nello stesso articolo, qualcuno vorrebbe realizzato anche in Corea del Sud.

Non c’è Senkaku o Diaoyu che tenga, gli affari sono affari e sia ai turisti sia a chi li accoglie, la narrazione politica interessa relativamente poco. Questa, da sola, non può diventare una nuova barriera che possa fermare il flusso di cose, capitali e persone in Asia orientale. In fondo, lo ha detto lo stesso premier Li Keqiang qualche mese fa durante il lianghui, le due sessioni del Parlamento cinese tenutasi a marzo: “i consumatori hanno diritto a godere di più opzioni”. E quella giapponese, oggi, sembra una delle più convenienti. 

[Scritto per East online; foto credit: scmp.com]