Bottoni semplificati per i famosi washlet (i wc con doccia incorporata) e via segni potenzialmente ambigui dalle mappe cittadine. Il Giappone si prepara ad accogliere sempre più turisti dall’estero — il target è 40 milioni nel 2020 — cercando di abbattere alcune barriere «culturali». Da tempo in Giappone si sente parlare di approccio «All Japan» a determinate questioni, in particolare nella promozione culturale e turistica del paese arcipelago. L’espressione indica, in soldoni, un approccio multilaterale che coinvolga quanti più attori possibili — ministeri, agenzie governative, ma anche aziende e privati cittadini —, in uno sforzo comune per il raggiungimento di un obiettivo prefissato.
Dal 2013, sono le preparazioni alle Olimpiadi di Tokyo 2020 ad assorbire gran parte di quest’energia.
Questa settimana, in pieno spirito di condivisione, i principali produttori di articoli sanitari del paese si sono riuniti per prendere una decisione fondamentale: standardizzare i comandi dei loro washlet, le tavolette elettroniche «intelligenti» dotate di varie funzioni, dall’innalzamento automatico della tavola al bidet, dal riscaldamento incorporato all’asciugatore di parti intime, fino — nelle versioni più evolute — alla musica per coprire rumori molesti.
Abbattere barriere
I vertici di aziende come Toto, leader del mercato, Toshiba, Panasonic e Lixil hanno trovato l’accordo su otto pittogrammi al fine di abbattere ogni possibile confusione negli utenti stranieri che arriveranno in Giappone da qui al 2020.
Ce n’era bisogno. Come ricorda il Guardian, secondo una ricerca di mercato del 2014, un quarto dei turisti stranieri in Giappone non capisce a quale funzione corrispondessero i diversi simboli presenti sulla tastiera della seduta del wc.
Per chi non è familiare con il funzionamento di questi oggetti, che in seguito alla loro diffusione massiccia negli anni ’80 hanno in gran parte sostituito il tradizionale washiki, le «turche» alla giapponese, andare in bagno in una casa o in qualsiasi luogo pubblico può diventare un problema — soprattutto se non si riesce a fermare il famoso getto d’acqua.
La standardizzazione va anche in direzione dell’ottenimento della visura dell’ISO e quindi di un’ulteriore espansione sui mercati internazionali.
«È un primo passo verso una maggiore diffusione dei washlet e un gesto di ospitalità nei confronti dei turisti stranieri», ha spiegato alla stampa Madoka Kitamura, numero uno di Toto.
Turisti più a loro agio o più ignoranti?
Non è la prima volta, ricorda ancora il Guardian, che negli ultimi mesi l’ospitalità detta legge. A settembre del 2015, una commissione di indagine per la semplificazione delle mappe del governo giapponese aveva pubblicato un rapporto in cui suggeriva la modifica di alcuni simboli come la «H» cerchiata per hotel, o il pittogramma 〒 che indica gli uffici postali, o ancora il manji 卍 che rappresenta i templi buddhisti con nuovi simboli più «intuitivi» — un letto, una busta della posta e un tempio stilizzato — per gli stranieri.
A suscitare più polemiche è stata naturalmente quest’ultima, erroneamente scambiata per la Hakenkreuz nazista. Su Twitter qualcuno ha ironizzato: «Se un gruppo terroristico sbandierasse la Union Jack, dovrebbe forse il Regno Unito cambiare bandiera?»
Critiche che lasciano il tempo che trovano, ma che centrano il punto. Il Giappone è il paese del servizio all’ospite/cliente per antonomasia. Ma viene da chiedersi se questo zelo possa servire effettivamente a far sentire più a proprio agio i turisti. O se invece non li affranchi definitivamente da ogni obbligo di informarsi prima di salire su un aereo.
Scritto per Eastonline