Il Fuji Rock non deve diventare un festival «politico». Così la pensano molti netizen e appassionati del festival musicale più importante dell’estate giapponese, che negli ultimi giorni si sono scagliati contro la presenza del leader di un movimento studentesco anti Shinzo Abe alla kermesse. Nell’arco di un anno, la vita di Aki Okuda è cambiata. Da semplice studente di un’università privata di Tokyo, è diventato leader di uno dei più importanti movimenti di protesta del dopoguerra, la Student Emergency Action for Liberal Democracy (SEALDs). La sua voce è arrivata fino in parlamento, la sua faccia su molte copertine di settimanali e articoli di quotidiano. Il giovane Okuda (classe ’92) è arrivato anche a partecipare a tribune politiche televisive solitamente monopolizzate da over-60.
Eppure negli ultimi giorni, ha fatto molto discutere la sua partecipazione al Fuji Rock Festival, principale megafestival musicale estivo — «evento giovane» per eccellenza — che si aprirà il prossimo 22 luglio a Naeba, località nelle Alpi giapponesi. Per qualcuno la sua presenza sul palco, nell’ambito dell’Atomic Cafe, una sezione del festival musicale dedicata al dibattito su temi di attualità, darebbe un «colore politico» al festival.
All’Atomic Café di quest’anno oltre al tema nucleare si discuterà di elezioni per la Camera alta del parlamento, previste per il prossimo 10 luglio, e di riforma delle leggi sull’esercito, entrata in vigore a fine marzo di quest’anno. Presenti oltre ad Okuda, il giornalista indipendente Daisuke Tsuda e l’attivista ambientalista Akiko Yoshida.
Secondo quanto ricostruito dal quotidiano Asahi Shimbun, a stretto giro dall’annuncio, in molti hanno preso in mano smartphone e tastiere di computer per comunicare sui social network che la musica «non può diventare uno strumento politico» e che l’organizzazione del festival sta cedendo a una sorta di «invasione dell’ideologia». Qualcuno ha anche fatto partire un hashtag che, tradotto, recita #zeropoliticanellamusica.
La risposta di artisti e del diretto interessato, Okuda, non si è fatta attendere. «Chi scrive che musica e politica non hanno niente a che fare non conosce il Fuji Rock», ha scritto dal suo account Twitter Masafumi Goto membro della band Asia Kung Fu Generation. L’Atomic Café è infatti uno spazio che esiste nel contesto del festival dal 2011. A pochi mesi dal disastro nucleare di Fukushima, e nel pieno dell’attivismo antinucleare seguito all’11 marzo di quell’anno, l’organizzazione del festival scelse di dare un’impronta di attivismo al festival e adibire un palco minore del festival al dibattito e alla discussione.
Molti netizen hanno quindi ripreso l’hashtag per rivendicare che la musica è molto spesso politica, e deve esserlo. Gli esempi celebri vanno da «Imagine» di John Lennon, alla «Summertime blues» di Eddie Cochran interpretata da Kiyoshiro Imawano negli anni ‘80 per criticare la politica nucleare del governo giapponese.
Nonostante ciò, le prime reazioni del web al programma dell’Atomic Café 2016 dimostrano che la politica in Giappone, anche quando mancano pochi giorni alle elezioni, sembra sempre più un tabù. Soprattutto tra i più giovani, che verosimilmente sono anche i più «social».
L’«effetto Abe» sulla vita politica del paese si fa sentire. Negli ultimi quattro anni, più volte il partito liberal democratico, al governo, ha dimostrato di essere insofferente alle critiche e ai dibattiti parlamentari con l’opposizione. Questa settimana il premier giapponese ha fatto notizia per aver lasciato irritato uno studio televisivo dove si registrava un dibattito politico andato «lungo» di quasi un minuto.
Da parte sua Okuda ha risposto in maniera stringata forse per smorzare la polemica: «Non sono un politico; non sono un musicista; non faccio rap. Mi hanno chiamato a partecipare e andrò. Faccio solo ciò che voglio e che posso fare. Farò il mio intervento e fine. Ad agosto [SEALDs] si scioglierà».
Una risposta che può lasciare interdetti quanti speravano nella forza di rottura del movimento studentesco che l’anno scorso ha saputo far tornare in piazza centinaia di giapponesi di tutte le età.
[Scritto per East online]