Pochi giorni fa, il ministero del Welfare ha riconosciuto un indennizzo per morte da troppo lavoro a un lavoratore con contratto «atipico». Quello che il governo giapponese guidato da Shinzo Abe vorrebbe normalizzare, almeno per alcune categorie di colletti bianchi, nel tentativo di ridurre la quantità di ore di lavoro dei lavoratori giapponesi. Ma, dicono i critici, la misura potrebbe produrre l’effetto opposto. A luglio 2013, un impiegato di 47 anni sviene, colpito da uno scompenso cardiaco. Muore poco dopo. L’uomo faceva l’analista finanziario in un’azienda di Tokyo con un contratto a ore flessibili con clausola di 40 ore al mese di straordinari. Il mese prima del suo decesso aveva lavorato oltre il doppio — 100 ore — degli straordinari concordati.
Pochi giorni fa, a distanza di più di due anni dalla morte, l’ufficio del lavoro di Tokyo ha riconosciuto alla famiglia il diritto all’indennizzo per casi di karoshi, «morte da troppo lavoro». È uno dei rarissimi casi che riguardano un lavoratore con contratto «atipico», una forma di impiego che il governo giapponese guidato da Shinzo Abe vorrebbe normalizzare — almeno per alcune categorie di colletti bianchi — nel tentativo di ridurre la quantità di ore di lavoro dei lavoratori giapponesi.
Il governo Abe è impegnato in uno sforzo legislativo in materia di lavoro nel tentativo di rilanciare l’economia dopo anni di stagnazione. L’equazione è semplice: più tempo libero uguale più consumi. Dall’anno prossimo cinque giorni di ferie obbligatori e una nuova festa nazionale, «il giorno delle montagne».
Ma loro, i lavoratori, sembrano poco inclini – o forse impossibilitati — a prendersi giorni di riposo. La maggior parte di loro usa appena la metà dei 18,5 giorni di permesso pagati all’anno. Ma per molte aziende giapponesi far fare più ore al proprio organico è l’opzione più comoda a fronte di una forza lavoro in continuo calo — circa un milione all’anno, secondo l’istituto giapponese di ricerche sulla popolazione e la sicurezza sociale.
La bozza di riforma del lavoro approvata dal governo, in attesa del passaggio alle Camere, punta a cambiare la filosofia lavorativa diffusa nel Paese del Sol Levante. I provvedimenti riguardano, in particolare, due grandi «aree»: l’introduzione di un sistema ad alta professionalità e l’allargamento di un sistema di impiego «flessibile» a seconda delle necessità del proprio settore. In questo secondo ambito rientra l’esclusione dalle regole in vigore sugli orari di lavoro per alcune categorie di lavoratori — come gli operatori del settore delle consulenze e dei servizi finanziari, ma anche architetti e avvocati.
In totale saranno interessati poco più di un milione di lavoratori (il 4 per cento del totale) ma per il governo giapponese è un primo passo avanti verso la generazione degli «straordinari zero».
Secondo la Keidanren, l’associazione di industriali del Sol Levante, l’iniziativa del governo renderà i lavoratori più produttivi e premierà coloro che porteranno risultati, non chi lavorerà più a lungo. Anche lo Stato fa il suo: per aumentare l’efficienza nelle ore diurne, a partire da quest’estate, i funzionari ministeriali inizieranno i propri turni la mattina presto per avere tardo pomeriggio e sera liberi per lo svago.
Come dimostra la vicenda dell’analista finanziario 47enne e di migliaia di altre vittime del karoshi, più libertà di orario non significa meno ore di lavoro. Per sindacati ed esperti di diritto di lavoro con queste nuove regole il governo accende un semaforo verde per i datori di lavoro che non pagano gli straordinari.
Il timore di alcune associazioni di familiari di vittime di morte da superlavoro è però che la nuova legislazione in materia di lavoro possa portare a un nuovo aumento dei casi di karoshi e a crescenti difficoltà per ottenere indennizzi. «Sempre più persone muoiono o si ammalano per il troppo lavoro. Ma è molto difficile dimostrarlo», ha spiegato al Japan Times Shigeru Waki della Ryukoku University.
[Scritto per il manifesto; foto credit: stevemccurry.files.wordpress.com]