Sul Trono di Crisantemo, seduto di fronte alla Dieta, c’è un monarca da tempo spogliato dei propri poteri, che da solo regge il peso della più lunga e longeva dinastia regnante del mondo.
Un imperatore senza impero e una famiglia reale in preda al panico da successione. Come altre monarchie nel mondo che ancora (r)esistono all’interno di società democratiche, l’istituzione imperiale in Giappone ha dovuto cambiare abito per poter sopravvivere entro i confini dello stato-nazione e convincere i governi della sua necessità. Per farlo, è stata costretta ad abbandonare le pretese di divinità e centralità che la caratterizzavano in favore di un approccio pacato e periferico, svolgendo un ruolo apolitico senza mai essere protagonista. Ma dopo decenni trascorsi dietro le quinte per liberarsi dal fantasma dei crimini di guerra, la cortina di mistero e riservatezza che da sempre avvolge la famiglia reale si sta sollevando, complici un’abdicazione improvvisa, una tormentata favola imperiale, e un nuovo imperatore dal candore a volte scomodo.
Sul Trono di Crisantemo, seduto di fronte alla Dieta, c’è un monarca da tempo spogliato dei propri poteri, che da solo regge il peso della più lunga e longeva dinastia regnante del mondo. Lontano dai riflettori. E senza mai intervenire in affari politici. È quanto sancisce la rigida costituzione del 1946, stipulata su pressione degli Alleati con la fine della Seconda guerra mondiale, secondo la quale l’imperatore del Giappone non ha potere politico e riveste un ruolo puramente cerimoniale. “Simbolo della nazione giapponese e dell’unità del suo popolo”, all’imperatore spetta formalmente la nomina del primo ministro e del giudice capo della Corte suprema, ma nella pratica non può intervenire in affari di governo, deve attenersi alle direttive del Gabinetto e seguire pedissequamente le indicazioni dell’Agenzia della Casa imperiale.
Un incarico simbolico, lontano dal ruolo di capo di Stato e comandante delle forze armate che l’imperatore aveva secondo la Costituzione Meiji (1889) e che ha esercitato durante tutto il periodo dell’Impero di Giappone (1868-1947). E ancora più distante dall’immagine trascendentale di sovrano celeste venerato dal popolo, con la quale i discendenti del primo imperatore Jinmu hanno regnato per millenni. Perché da 75 anni a questa parte, l’imperatore in Giappone non solo è esautorato dei poteri politici, ma è privato della sua investitura divina. Con la “Dichiarazione della natura umana dell’imperatore” del ’46 infatti, Showa Tenno, altresì noto come Hirohito, negava la sua divinità, diventando il primo sovrano “umano” della storia del Giappone e riportando la figura del monarca al suo status cerimoniale.
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Giornalista praticante, laureata in Chinese Studies alla Leiden University. Scrive per il FattoQuotidiano.it, Fanpage e Il Manifesto. Si occupa di nazionalismo popolare e cyber governance si interessa anche di cinema e identità culturale. Nel 2017 è stata assistente alla ricerca per il progetto “Chinamen: un secolo di cinesi a Milano”. Dopo aver trascorso gli ultimi tre anni tra Repubblica Popolare Cinese e Paesi Bassi, ora scrive di Cina e cura per China Files la rubrica “Weibo Leaks: storie dal web cinese”.