Le nuove leggi sulla sicurezza nazionale giapponese sono destinate a cambiare profondamente la posizione del Giappone sul panorama internazionale. Non saranno solo i cittadini giapponesi, che a centinaia di migliaia sono scesi in questi mesi in piazza per protestare, a toccare il cambiamento con mano; ma saranno soprattutto gli uomini e le donne delle Forze di autodifesa nazionale (Sdf), un esercito unico nel mondo, i protagonisti (o le vittime?) del cambiamento voluto dal governo Abe.I militari delle Sdf si ritroveranno ad operare in situazioni ad alto rischio. Semplificando, i compiti delle Sdf saranno di appoggio logistico a missioni internazionali, di soccorso di cittadini giapponesi in situazioni di crisi, e di intervento a protezione di alleati o paesi amici in caso di scontri a fuoco o schermaglie.
Una volta trasformate in legge le suddette modifiche, Tokyo potrà inviare i propri militari all’estero più agevolmente. Non sarebbe la prima volta quindi che militari giapponesi vengono mandati all’estero. Nonostante il divieto posto dall’articolo 9 della costituzione postbellica — che impone la rinuncia alla guerra e al mantenimento di un esercito regolare — a partire degli anni ’90 i soldati del Sol Levante sono stati in più occasioni mandati all’estero, in particolare sotto l’egida dell’Onu. Nel 2003, poi, lo strappo più importante e controverso: l’invio di truppe in Iraq a sostegno degli Stati Uniti. La decisione in quell’occasione arrivò tramite un decreto del governo approvata come misura eccezionale dalle camere. Ma questa volta la situazione appare diversa. I cambiamenti saranno permanenti e non una tantum.
Dopo la seconda guerra mondiale, quello che era l’esercito giapponese fu privato delle sue capacità militari e riorganizzato nel 1954 come corpo di difesa della sicurezza nazionale. Da quel momento i compiti principali delle Sdf sono stati principalmente di sorveglianza del territorio e di soccorso in caso di disastri naturali. La loro immagine è notevolmente migliorata dopo gli sforzi profusi durante il triplo disastro — terremoto, tsunami e incidente nucleare — del marzo del 2011 e anche durante le recenti alluvioni le Sdf sono state in prima linea nella ricerca dei dispersi e nell’effettuare salvataggi. «Un esercito che in settant’anni non fa nessuna vittima dovrebbe essere un tesoro, un patrimonio da proteggere», ha detto la parlamentare socialdemocratica Mizuho Fukushima giovedì in parlamento.
I provvedimenti di riforma dell’esercito sono da anni uno dei “pallini” dell’attuale primo ministro nipponico, desideroso di offrire un contributo maggiore sulla scena internazionale. Proprio Abe aveva promesso a Washington l’approvazione delle nuove leggi di sicurezza entro l’estate durante il suo viaggio negli Stati Uniti ad aprile di quest’anno. Pochi giorni fa, a fine agosto, il ministero della difesa di Tokyo ha presentato al governo la richiesta di un aumento senza precedenti del budget.
La cosa soddisfa i vertici militari americani, che, secondo quanto rivela Stars and Stripes, avrebbe già preparato il budget del 2016 “facendo affidamento” sui cambiamenti nella postura militare del Giappone.
In molti, però, si chiedono se i militari siano sufficientemente preparati a questa vera e propria rivoluzione. I rischi per i soldati sono destinati ad aumentare in maniera esponenziale. Un membro delle Sdf trentenne, raggiunto dal quotidiano Asahi Shimbun, ha spiegato infatti che «È vero che il governo spiega che la capacità di deterrenza delle truppe aumenta. Ma al contempo aumentano anche i rischi». E le preoccupazioni per le famiglie: «Sono molti quelli che non riescono ad affrontare la questione [dell’aumento dei compiti dei militari] in maniera seria», ha spiegato allo stesso quotidiano un altro soldato. «Molti sono quelli che proprio non ne vogliono parlare»
Qualche mese fa, inoltre, aveva fatto notizia il numero dei suicidi tra i soldati coinvolti in missioni internazionali negli ultimi 15 anni. Sulla causa dei suicidi non è stata fatta chiarezza, ma una delle ipotesi è legata al lavoro svolto dai militari nei teatri di guerra in Medio Oriente e nell’Oceano indiano.
Eppure è proprio un ex militare inviato in Iraq, Masahisa Sato — soprannominato “Capitan Baffo”, oggi politico del partito liberaldemocratico di Shinzo Abe, tra i più accesi difensori delle politiche del governo di Tokyo. Le nuove leggi di sicurezza, ha spiegato, “sono necessarie per proteggere le vite e la felicità dei giapponesi”.
Almeno a livello della leadership politica, la volontà oggi è di trasformare, anche dal punto di vista dell’immagine, le Sdf in un esercito a tutto tondo. La stessa campagna di comunicazione, sottolinea in un articolo la studiosa Sabine Frühstück, è cambiata inserendo immagini di "maggiore azione" a fianco delle classiche immagini dei soldati impegnati in compiti di peacekeeping o salvataggio.
[Scritto per East online; foto credit: aljazeera.com]