Il presidente cinese interviene all’incontro virtuale dei Brics e articola la posizione cinese sul conflitto tra Israele e Hamas, mentre si conclude la visita della delegazione di paesi a maggioranza musulmana a Pechino. Al G20 virtuale indiano partecipa il premier Li Qiang
Cessate il fuoco e rilascio degli ostaggi civili immediati, aiuti umanitari e soluzione dei due stati. Xi Jinping entra con decisione sul conflitto tra Israele e Hamas, dismettendo cautela e ambiguità diplomatiche utilizzate in altre circostanze. E lo fa durante il summit virtuale dei Brics, la piattaforma multilaterale su cui più di tutte la Cina spinge per proporre la sua visione di mondo e ascendere alla leadership del cosiddetto Sud globale. La ricetta al conflitto è la stessa proposta a più riprese dalla diplomazia cinese dopo gli attacchi del 7 ottobre, ma il discorso di Xi è ancora più chiaro e articolato. “La priorità assoluta è che tutte le parti cessino immediatamente il fuoco e i combattimenti, pongano fine a ogni violenza e attacco contro i civili”. Il pensiero va subito a Gaza, dopo che il giorno prima la portavoce del ministero degli Esteri Mao Ning si era detta scioccata “dagli attacchi contro i civili e i bambini” della Striscia.
Xi chiede anche di “rilasciare i civili in ostaggio”. Un’aggiunta rilevante e che sembra tenere in considerazione le lamentele di Israele, che lunedì aveva polemizzato col governo cinese per i colloqui con una delegazione di paesi a maggioranza musulmana. “Più che parlare di cessate il fuoco bisognerebbe chiedere ad Hamas il rilascio immediato degli ostaggi senza precondizioni”, aveva dichiarato l’ambasciata israeliana a Pechino. Ecco dunque che Xi chiede entrambe le cose, per poi esporre l’esigenza di “garantire il flusso sicuro e regolare dei canali di soccorso umanitario” e di “fermare i trasferimenti forzati, i tagli all’acqua e all’elettricità e altre punizioni collettive contro la popolazione di Gaza”. Riecheggiano le parole del ministro degli Esteri Wang Yi, che più volte ha accusato Israele di essere “andata oltre il diritto all’autodifesa”. Non è tutto. “La comunità internazionale deve adottare misure concrete per evitare che il conflitto si espanda”, dice Xi, a cui la scorsa settimana Joe Biden ha chiesto di esercitare la sua influenza sull’Iran proprio per scongiurare il rischio.
Poi arriva la parte forse più politica della posizione di Xi, secondo cui la “ragione fondamentale” dei problemi tra Palestina e Israele è che “i diritti del popolo palestinese alla statualità e alla sopravvivenza sono stati a lungo ignorati”. Per poi dunque ribadire la necessità dell’attuazione della soluzione dei due stati per “ripristinare i diritti legittimi della nazione palestinese”. Senza questo passo, dice Xi, “non ci sarà pace e stabilità duratura in Medio Oriente”. Il presidente cinese chiede poi la convocazione di una conferenza internazionale di pace, che si candida implicitamente a ospitare dopo che la delegazione di paesi a maggioranza musulmana ha cominciato il suo tour diplomatico per chiedere la fine del conflitto proprio da Pechino, che a novembre detiene la presidenza di turno del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Per molti un messaggio implicito agli Stati uniti sull’accresciuto ascendente cinese nella regione.
I ministri di Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Indonesia e Autorità Nazionale Palestinese (insieme al segretario generale dell’Organizzazione della cooperazione islamica) hanno incontrato Wang, il quale ha definito la Cina “un buon amico e un fratelli dei paesi arabi e islamici”. Dopo aver officiato l’accordo per il riavvio delle relazioni tra Arabia saudita e Iran lo scorso marzo, la Cina dice d’altronde sin da ottobre di sostenere l’unità e il coordinamento dei paesi musulmani sulla questione palestinese.
A differenza di quanto accaduto svariate volte sulla guerra in Ucraina, Pechino non ha utilizzato gli appuntamenti multilaterali per rivolgere critiche esplicite a Washington, ma Xi ha comunque sottolineato il ruolo della piattaforma Brics. “Abbiamo coordinato le nostre posizioni sulla questione israelo-palestinese, dando un buon inizio alla grande cooperazione dopo l’espansione”, ha detto, alludendo all’imminente ingresso di sei nuovi membri (anche se dopo la vittoria di Javier Milei la posizione dell’Argentina appare in bilico) e alla possibilità di istituire un’agenda diplomatica più precisa.
Oggi, invece, Xi non sarà al G20 virtuale organizzato dall’India dove è stato invitato anche Vladimir Putin. Al suo posto il premier Li Qiang, come al summit di Nuova Delhi di settembre.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.