10,5 miliardi di euro. Stando al Consiglio si Stato sono questi i soldi che la Cina ha speso in aiuti per l’estero in tre anni (fino al 2012), corrispondono allo 0,06 per cento del Pil cinese, molto al di sotto dell’obiettivo definito dalle Nazioni Unite per le nazioni sviluppate (0,7 per cento del Pil), ma comunque in crescita. Questi aiuti sono andati a 121 paesi, 12 dei quali in Europa.
Si tratta di assistenza, sotto forma di sovvenzioni, prestiti senza interessi e prestiti agevolati che corrisponderebbero allo 0,06 per cento del Pil cinese, molto al di sotto dell’obiettivo definito dalle Nazioni Unite per le nazioni sviluppate (0,7 per cento del Pil), ma comunque in crescita. Il rapporto ha sottolineato come la quantità di aiuti per l’estero cinesi sia cresciuta in questi anni, specificando che il totale degli aiuti erogati dalla Cina fino al 2009 non supera i 30 miliardi di euro.
Secondo i dati che compaiono sul sito web della Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale, gli Stati Uniti, che hanno un’economia che è praticamente il doppio di quella cinese, avrebbero investito in aiuti 22,8 miliardi di euro nel solo 2012. Praticamente il doppio dell’ultimo triennio cinese.
Non è la prima volta che la Cina è stata accusata di aiuti insufficienti. L’anno scorso, quando il tifone Haiyan devastò le Filippine, Pechino offrì appena 100mila dollari (meno di quanto offrì la sola azienda Ikea). Una cifra veramente misera se la si confronta con quella di altri Paesi. Gli Stati Uniti, ad esempio, inviarono ai loro alleati aiuti per 20 milioni di dollari. Nella gara di solidarietà seguirono il Giappone con 10 milioni di dollari, la Gran Bretagna con 9,6 milioni di, l’Australia con 9, 39 milioni, il Vaticano con 4 milioni.
C’è da sottolineare che la Cina era l’unica ad avere un contenzioso aperto con le Filippine. Molto prima che le relazioni tra i due Paesi si deteriorassero, nel 2011, quando l’arcipelago fu travolto dalla tempesta tropicale Washi che fece centinaia di vittime, il governo cinese inviò a Manila circa un milione di dollari in aiuti.
Ma nello stesso report in ogni caso specifica che la Cina non vincola in nessun modo a "condizioni politiche" la sua assistenza e non ha alcun interesse a interferire negli affari interni delle nazioni beneficiarie. Oltre ai 12 paesi europei, gli aiuti cinesi – si legge – hanno contribuito allo sviluppo di 51 paesi africani, 30 asiatici, 19 in America Latina e nei Caraibi e infine 9 in Oceania. È inoltre specificato che alcune organizzazione regionali, tra cui l’Unione africana, hanno anch’esse ricevuto aiuti.
Oltre la metà degli aiuti elargiti (55,7 per cento) – si legge sempre sul rapporto – sono composti da prestiti agevolati, per "progetti di infrastrutture grandi e medie imprese". Seguono le borse di studio (36,2 per cento) e i prestiti senza interessi (8,1 per cento). C’è da sottolineare comunque che molte delle pratiche adottate dalla Cina risultano essere differenti rispetto a quelle più studiate e conosciute degli attori aderenti al Development Assistance Committee (Dac) dell’Organization of Economic Cooperation and Development (Oecd).
Mentre i paesi Dac sono dotati di strutture istituzionali specifiche adibite all’Aiuto per lo Sviluppo (Aps), che si sono consolidate nel corso dei decenni, da un’analisi approfondita dei documenti ufficiali provenienti dal governo cinese in materia di Foreign Aid (così la Cina è solita riferirsi in lingua inglese agli interventi di Aps) si direbbe che il paese asiatico si trovi ancora in una fase di elaborazione e definizione della struttura istituzionale migliore e delle regole più valide per il corretto funzionamento del proprio apparato di Foreign Aid .
Almeno nei documenti ufficiali sembra che uno degli obiettivi della Cina sia il principio della self-reliance, ovvero un contributo economico teso alla costruzione di quelle capacità endogene del paese beneficiario affinché esse risultino protagoniste della crescita. La Cina in un’ottica definibile del do ut des, elargendo ForeignAid coltiva i propri specifici interessi nazionali, basando così il proprio sistema di Aiuto allo Sviluppo sul principio della win-win cooperation.
La Cina risulta in effetti un paese beneficiario e, allo stesso tempo, un paese donatore. Questo doppio ruolo è alla base del suo approccio. La Cina infatti, pur avendo un Pil che minaccia il primato economico statunitense, rivendica ancora l’appartenenza alla categoria dei paesi in via di sviluppo.
[Scritto per Lettera43]