[UPDATE: la nascita della della regione autonoma del Bangsamoro è stata approvata venerdì con 1,7 milioni di voti favorevoli e 254.600 contrari. Una manciata di aree più piccole del paese sarà chiamata alle urne il 6 febbraio]
Da lunedì mattina nell’arcipelago del Mindanao, Filippine meridionali, è in corso lo spoglio dei voti di un referendum storico. Lunedì 21 gennaio i quasi tre milioni di filippini residenti nell’arcipelago a maggioranza musulmana sono stati chiamati alle urne per confermare o bocciare la proposta di autonomia regionale avanzata dall’esecutivo di Manila.
La creazione della regione autonoma del Bangsamoro (la nazione dei «moro», nome che i colonizzatori spagnoli diedero alla popolazione indigena del Mindanao), che dovrebbe comprendere gran parte dell’arcipelago meridionale filippino, per anni ha impegnato in una estenuante trattativa i rappresentanti del governo centrale e le autorità religiose ed etniche locali. Tra questi, centrale è stato il ruolo giocato dal Moro Islamic Liberation Front (Milf), organizzazione militare musulmana che per anni ha combattuto nel Mindanao una guerra civile con le forze di sicurezza di Manila, spingendo per la creazione di uno stato musulmano indipendente dal resto del Paese, a maggioranza cristiana.
Anche grazie all’esito positivo della mediazione condotta dal presidente Rodrigo Duterte – primo presidente originario del Mindanao nella storia delle Filippine – il Milf ha ridimensionato le mire indipendentiste in favore di una forte autonomia ispirata al principio di giustizia riparativa rispetto alle ingiustizie storiche che la comunità del Bangsamoro ha sistematicamente subito in secoli di occupazione estrattiva: prima spagnola, poi americana, infine filippino-cristiana, incentivata durante la dittatura trentennale del generale Ferdinand Marcos.
Se il referendum, come molti si aspettano, dovesse ratificare la proposta di autonomia, il Bangsamoro diventerà una regione autonoma amministrata da un mini esecutivo locale che verrà eletto nel 2022, godrà di autonomia legislativa e fiscale da Manila, lasciando al governo centrale l’autorità in materia di difesa, sicurezza, esteri e politica monetaria.
Il negoziatore capo del Milf, Mohager Iqbal, ha dichiarato a Reuters: «Stiamo scrivendo un capitolo storico nel nostro lungo, lungo cammino verso il diritto di autodeterminazione, stiamo facendo la storia. La nostra speranza è riportare la pace. L’estremismo violento non avrà di che sopravvivere se risolveremo i problemi tra noi e il governo centrale, senza legittimità perderà ogni supporto». Il Mindanao, dal 2017 soggetto a legge marziale, è al centro dell’attività di diversi gruppi terroristici islamici locali, alcuni dei quali hanno sostenuto di avere legami con Isis.
Due anni fa, la cellula dei fratelli Maute e le milizie Abu Sayyaf occuparono la città di Marawi nel Mindanao, rimanendo asserragliati per cinque mesi nella cosiddetta «battaglia di Marawi», fino alla liberazione ad opera dell’esercito regolare filippino. Secondo le previsioni, i risultati del referendum saranno resi pubblici nella giornata di venerdì 25 gennaio.
[Pubblicato su il manifesto]