Come negli Usa anche nelle Filippine impazza il dibattito sulle armi da fuoco. Non c’è nessuna potente lobby a opporsi al bando. In molti accusano tuttavia il presidente Aquino di essere lui stesso troppo entusiasta di fucili e pistole.
Armi da fuoco vietate per 150 giorni nelle Filippine in vista delle elezioni di metà mandato a maggio, mentre infuria il dibattito sull’imposizione di controlli e leggi più severe in materia.
Come negli Stati Uniti anche nell’arcipelago ci si interroga sulla violenza scatenata dalla diffusione di pistole e fucili. Ma se il presidente Barack Obama ieri ha presentato il suo piano per il controllo delle armi, fatto di tre proposte di legge e 23 ordini esecutivi facendo inviperire la potente lobby della National Rifle Association, il suo omologo filippino, Benigno Aquino, è accusato di subire lui stesso il fascino delle pistole.
D’altronde nei giorni successivi a Capodanno quando una bambina di sette anni era stata uccisa da un proiettile vagante e una serie di scontri a fuoco e sparatorie avevano fatto almeno 20 morti, il presidente, pur favorevole a maggiori controlli, aveva sottolineato il diritto dei filippini a portare armi per difesa personale resistendo alle pressioni della Chiesa cattolica, di associazioni e di esponenti dell’opposizione.
Come ricorda il Wall Strett Journal, una serie di proposte per maggiori controlli giace al Congresso, come quella per una legge sulla protezione dei cittadini presentata nel 2010 e firmata tra gli altri da 86 vescovi e da attivisti per la difesa dei diritti civili, con cui si vuole limitare il porto d’armi soltanto a chi si occupa di sicurezza. Il presidente punta invece su misure che regolino meglio le licenze e al rispetto delle leggi che ci sono già.
Secondo i dati della polizia sono 1,2 milioni le armi registrate in mano ai civili. In circolazione ci sarebbero tuttavia almeno altre 600mila non registrate.
Scrive il quotidiano Inquirer che i proprietari delle armi non sembrano troppo limitati dalle leggi. Tra quanti possiedono fucili e pistole si contano politici, giudici, attori, celebrità, avvocati, uomini d’affari, tutti “sinceramente preoccupati per la loro incolumità e per i propri beni”. L’inchiesta del quotidiano calcola ci siano circa 1, 9 milioni di armi da fuoco illegali nel Paese di cui soltanto una minima parte nelle mani di gruppi criminali o organizzazioni terroristiche.
Intanto la campagna contro le armi è iniziata con controlli e appelli a un voto senza violenza. I clan politici dell’arcipelago sono spesso coinvolti in scontri. Il più grave fu il massacro di Maguindanao, nel sud del Paese, nel 2009. Durante una manifestazione pre-elettorale 58 persone furono trucidate. Nei mesi scorsi è inoltre iniziato il giro di vite contro le milizie private spesso usate per protezione da politici e candidati. La polizia ne ha individuato almeno 60 in tutto l’arcipelago.
Al momento, segnala l’Associated Press, sono stati arrestati oltre 100 membri di questi gruppi e la polizia ha dato avviso a circa 25mila possessori di armi da fuoco con licenza in scadenza di procedere al rinnovo per non rischiare la confisca.
Il divieto ha anche eccezioni, compreso lo stesso presidente Aquino cui la Commissione elettorale ha concesso di poter continuare a portare armi durante il periodo del bando in quanto comandante in capo delle Forze armate. C’è anche chi come il Manila Times accusa il capo di Stato di aver favorito l’importazione di nuove armi. Nel 2011, scrive il quotidiano in lingua inglese, le importazioni hanno toccato le 49mila unità, il doppio rispetto alla media annua dei dieci anni precedenti.
Senza dimenticare il contrabbando che il sito della polizia definisce alto e con i trafficanti che sfruttano i porosi confini marittimi del Paese, in particolare quello con la Malaysia. Un dato preceduto nella stessa pagina dalla classifica dei Paesi nel mondo con il più alto tasso di omicidi da arma da fuoco. Le Filippine sono quinte subito dopo gli Stati Uniti.
[Foto credit: comparativist.org]