Fede cattolica e potere politico in Cina

In by Simone

A un anno esatto dallo scoop di Marco Lillo che pubblicava sul Fatto Quotidiano un documento riservato in cui si profetizzava la morte di Papa Benedetto XVI nei successivi 12 mesi, il Papa si dimette. China Files ripubblica il pezzo d’appoggio allo scoop, che spiegava i rapporti tra Repubblica popolare e Vaticano e la possibilità che la Chiesa cinese fosse "sull’orlo di uno scisma".
L’allarme è arrivato dal cardinale Zen, di Hong Kong. In un intervento pubblicato su su Asianews – agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere-  due giorni fa, ha chiesto alla Chiesa di uscire «dall’ambiguità seguendo Benedetto XVI» e di disfarsi di organismi nemici della fede (come ad esempio la Chiesa patriottica cinese), che controllano e soffocano i fedeli. «La Chiesa cinese – ha scritto – è sull’orlo di uno scisma dovuto a mercanteggiamenti fra la fede cattolica e il potere politico».

In un paese che si definisce socialista, che predica l’armonia e che cerca di ingegnerizzare e irregimentare un po’ tutto – dalla creatività, alla libertà di parola – non poteva infatti che svilupparsi un movimento religioso fedele alla Chiesa Romana che si definisce sotterraneo e che risulta naturalmente inviso al potere politico di Pechino.

Nonostante infatti i rapporti tra Cina e Vaticano cerchino di essere improntati ad una diplomazia rispettosa, seppure diffidente, la Chiesa riconosce Taiwan – sgarbo incomprensibile per i cinesi – così come la Cina riconosce una Chiesa patriottica. Libertà di culto, ma il governo è a Pechino, non appartiene a quel piccolo lembo di terra che si crede in grado di creare regole universali, ovvero Città del Vaticano.

Eppure i problemi sono assai frequenti. Gli ultimi solo alcuni giorni fa, quando la Merkel ha espresso il desiderio di incontrare il vescovo di Canton. Prima la Cina ha nicchiato, poi ha autorizzato la visita, richiedendo però un black out comunicativo. E il vescovo di Canton è lo stesso Gan Junqiu che si è visto costretto, lo scorso luglio, a partecipare insieme «ad altri otto vescovi in comunione col papa all’ordinazione episcopale illecita di Giuseppe Huang Bingzhang a vescovo di Shantou», come ha riportato AsiaNews.

Quella di Shantou è la terza recente ordinazione senza mandato papale che viene celebrata in Cina, dopo quella di Chengde del 2010 e di Leshan del 2011 con cui Cina e Vaticano hanno rinnovato la sfida delle nomine. O ancora solo una settimana fa: il 2 febbraio, secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, cinque sacerdoti della Chiesa sotterranea della diocesi di Suiyuan, nella regione della Mongolia interna, sono stati prelevati dalla polizia nella città di Erenhot.

La Costituzione cinese garantisce la libertà di culto, ma dagli anni cinquanta del secolo scorso, quando la  Cina comunista e la Chiesa videro rompersi le relazioni diplomatiche con l’espulsione del nunzio apostolico Antonio Riberi, iniziò la pratica delle ordinazioni autogestite tanto scomodo per Roma.

Da allora i rapporti della Cina con i cattolici sono gestiti dall’Associazione patriottica dei cattolici cinesi (Ccpa) e dalla Conferenza episcopale della Chiesa cattolica: entrambe sono approvate dal governo di Pechino, entrambe riconoscono l’autorità spirituale del Papa, ma non la sua facoltà a nominare i vescovi.

Entrambe, infine si oppongono ai clandestini, alla Chiesa sotterranea che riconosce invece il primato papale i cui rapporti con Roma pare fossero gestiti dal cardinale colombiano Darío Castrillón Hoyos. La Chiesa sotterranea però riceve molti fondi dall’estero che vengono gestiti in proprio, finendo per far diventare anch’essa un gruppo in grado di negoziare tanto con Pechino quanto con Roma. La Chiesa in Cina si trova quindi di fronte a prospettive, di fatto, scismatiche, come ha sottolineato recentemente il cardinale Zen.

[Scritto per il Fatto Quotidiano; foto credits: crossed-flag-pins.com]