La richiesta di bancarotta protetta da parte di Evergrande arriva dopo due anni di difficoltà, ma a preoccupare Pechino potrebbe essere più Country Garden e il riflesso sul sistema bancario ombra e dei fondi fiduciari
Il vento contrario soffia forte e tante case rischiano di venire giù. O quantomeno di non venire mai completate. La crisi dell’immobiliare cinese torna a inquietare, fuori e dentro i confini della Repubblica popolare, anche perché si intreccia con una costellazione di altri problemi. La pandemia e una ripresa che stenta a ingranare, tra calo delle esportazioni e sintomi di deflazione, costituiscono il già non edificante panorama in cui è arrivata l’ultima scossa: la bancarotta protetta di Evergrande. Il colosso dell’immobiliare vuole fare ricorso al Capitolo 15, previsto per i casi di insolvenza che coinvolgono società non statunitensi quotate a Wall Street. L’obiettivo di Evergrande è quello di tutelare i suoi beni americani di fronte ai creditori. “L’istanza depositata a Manhattan è una normale procedura di ristrutturazione del debito offshore e non comporta istanza di fallimento”, sostiene l’azienda.
Ma il segnale non è certo incoraggiante, anche in vista della riunione dei creditori posticipata dal 23 al 28 agosto. Evergrande sta provando a ristrutturare un debito da circa 300 miliardi di dollari, accumulati nel corso dei suoi 27 anni di storia. Nel 1996, quando viene fondata, due tendenze fondamentali della recente storia cinese stanno accelerando a grande ritmo: urbanizzazione ed estensione della classe media. Il settore immobiliare esplode, ma lo fa con un modello parecchio esposto a rischi finanziari. Evergrande costruisce a debito, prevedendo poi di ripagare con la vendita degli appartamenti. Un modello entrato seriamente in discussione dal 2020-2021, con la stretta del governo sulle condizioni di credito. Xi Jinping ha deciso da tempo di rettificare la crescita deregolata promossa dalla seconda tranche di riforme economiche promosse negli anni Novanta. L’obiettivo è ridurre l’esposizione debitoria e un sistema di crescita giudicato troppo rischioso. Tanto che, nonostante le attese, nel corso degli ultimi due anni non sono state approntate maxi operazioni di salvataggio per Evergrande o per gli altri diversi sviluppatori privati finiti in default.
Ma il problema sta ora diventando molto grande. Forse troppo. A luglio, il prezzo medio delle case è sceso su base annua per il 17esimo mese consecutivo. E nei guai c’è finita anche Country Garden. La prima azienda per valore delle vendite del settore ha accumulato 200 miliardi di passività e a inizio settembre rischia a sua volta il default. E dire che sino al 2022 sembrava essere riuscita a rimanere immune dal contagio. Le sue difficoltà potrebbero peraltro avere un impatto persino più grave di quelle di Evergrande. Basti pensare che a inizio 2023 Country Garden stava costruendo un numero di case quattro volte superiore a quelle che stava costruendo Evergrande prima del suo default. E deve ancora consegnare circa un milione di appartamenti in centinaia di città diverse. Il modello di business dell’azienda è basato sulla capillarità, con la presenza diffusa in città di terza e quarta fascia e nelle province rurali. Quelle che il governo vorrebbe rivitalizzare e che invece ora rischiano di diventare teatro di problemi sociali.
Anche perché le sofferenze del settore immobiliare si stanno espandendo. Le numerose insolvenze degli sviluppatori rischiano causare una crisi di liquidità nel settore bancario ombra, cioè quella variegata galassia di intermediari creditizi che svolgono attività di gestione patrimoniale. Una delle realtà più importanti di questo tipo, Zhongrong International Trust, ha saltato i pagamenti di oltre 30 prodotti di investimento che erano stati presentati “a rendimento sicuro”. Negli scorsi giorni una ventina di creditori si sono presentati a protestare davanti alla sede. Episodi che le autorità stanno invitando a evitare, nella speranza di evitare problemi di ordine pubblico. Intanto aumenta la pressione sul governo per approntare nuovi stimoli all’economia. Dopo il nuovo taglio dei tassi di interesse da parte della Banca centrale, il Consiglio di stato ha inviato squadre di funzionari in più di 10 province finanziariamente più deboli per esaminare i loro libri contabili e trovare modi per ridurre i loro debiti.
In un discorso pubblicato da Qiushi, la rivista teorica del Partito comunista, Xi Jinping invita alla “pazienza”. Il leader cinese, appena riapparso dopo il ritiro estivo di Beidaihe, invita la Cina a “costruire un’ideologia socialista con una forte coesione” e a concentrarsi sugli obiettivi a lungo termine di migliorare l’istruzione, l’assistenza sanitaria e l’approvvigionamento alimentare per gli 1,4 miliardi di persone, invece di perseguire solo la ricchezza materiale a breve termine. D’altronde, tra le battaglie dichiarate da Xi già all’alba del suo secondo mandato c’era anche quella contro i rischi finanziari. Qualche dato negativo non sembra poterla interrompere.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.