Ergastolo per Zhou. L’ordine è già stato eseguito

In by Simone

Zhou Yongkang, l’ex zar della sicurezza, uno degli uomini più potenti della scorsa legislatura, è stato condannato all’ergastolo per corruzione, abuso di potere e divulgazione deliberata di segreti di Stato. Non potrà più godere dei suoi diritti politici e vedrà confiscati tutti i suoi beni. Xi Jinping ha vinto, ma non ha strafatto. Più che l’annunciata resa dei conti all’ultimo sangue, sembra un patteggiamento.
L’ordine è già stato eseguito. Zhou Yongkang, l’ex zar della sicurezza, uno degli uomini più potenti della scorsa legislatura, è stato condannato all’ergastolo per corruzione, abuso di potere e divulgazione deliberata di segreti di Stato. Non potrà più godere dei suoi diritti politici e vedrà confiscati tutti i suoi beni. Lo comunica con una nota l’agenzia di stampa governativa Xinhua alle 18:00 locali in punto. Zhou ha confessato e non ricorrerà in appello. Notizia fresca da mandare sui telegiornali della sera. Il processo si è svolto senza che nessuno annunciasse che era in corso. Xi Jinping ha vinto, ma non ha strafatto. Più che l’annunciata resa dei conti all’ultimo sangue (il processo doveva addirittura essere pubblico), sembra un patteggiamento.

Zhou è il funzionario di più alto grado mai portato a processo dalla fine della Rivoluzione culturale. Xi Jinping rompe così una delle regole non scritte che hanno regolato l’avvicendarsi della leadership cinese dalla morte di Mao: non indagare i propri membri, specie se in pensione. E dal 2012 Zhou Yongkang si era ritirato dalla vita pubblica. Ma prima sedeva nel nel Comitato permanente del politburo, i nove uomini alla guida di una nazione di 1,4 milioni di abitanti. Ieri la corte lo ha giudicato colpevole di aver accettato mazzette per un valore di oltre 18,5 milioni di euro.

Quella di Zhou Yongkang è una figura importante. Ingegnere, classe 1942, si è fatto le ossa e gli “amici giusti” lavorando per oltre trent’anni negli impianti petroliferi di Shengli. Qui ha costruito la carriera politica. Un percorso lungo che lo ha visto direttore di PetroChina, ministro della pubblica sicurezza e segretario di partito della regione del Sichuan. Se a Shengli si era dedicato agli affari, è con la sua carriera politica che si guadagna la fama di avere un pugno di ferro.

Contro il Falun Gong o nella regione a maggioranza musulmana dello Xinjiang, intimidisce e reprime. Quando arriva a dirigere il vasto apparato di sicurezza della Repubblica popolare è l’uomo più temuto del paese. PetroChina, nel frattempo è cresciuta: una capitalizzazione pari a 175,61 miliardi di dollari e al controllo del 90 per cento del gas naturale del paese. Al suo vertice, come ai vertici dell’esercito, ci sono i sodali di Zhou Yongkang.

Poco si sa delle dinamiche che hanno portato al potere la nuova leadership cinese. Quello che è certo è che è stata una guerra senza esclusioni di colpi. Voci non confermate sostengono che in quel periodo l’attuale presidente abbia sventato due attentati alla sua persona e un colpo di stato. A manovrarli sarebbe stato sempre l’uomo allora a capo della pubblica sicurezza: Zhou Yongkang, la tigre. 

Sempre in quella fase in cui un nuovo equilibrio politico andava a sostituirsi al vecchio, Bo Xilai, giovane e carismatico funzionario dai natali eccellenti viene espulso dal Partito e condannato all’ergastolo. Era l’unico che avrebbe potuto rubare la scena all’attuale presidente. Durante il suo processo, siamo nel settembre 2013, Bo afferma che avrebbe eseguito gli ordini di un’importante agenzia di Stato quando tentò di insabbiare la fuga al consolato americano del suo braccio destro Wang Lijun.

L’agenzia in questione era allora diretta da Zhou Yongkang. Da allora il potente Zhou sparisce dalla circolazione. Si mormora che sia agli arresti domiciliari. Non arriva nessuna conferma ufficiale. Ma neanche una smentita. Nei 18 mesi che seguono vengono arrestate oltre 300 persone tra suoi parenti e sodali nell’esercito e nelle grandi imprese di stato.

Piano piano si confiscano beni e si fa terra bruciata attorno a quello che era l’uomo più temuto di tutta la Cina. Finalmente ad aprile scorso viene ufficialmente incriminato. Ieri la corte lo ha giudicato colpevole. Ergastolo, e gli è andata bene. Per la diffusione di segreti di stato in Cina si rischia la pena capitale. Come avrà convinto la corte? A Zhongnanhai, il Cremlino cinese, ora si trema. Zhou sapeva molto, e sono in molti a credere che la lotta contro la corruzione che caratterizza il mandato di Xi Jinping non si fermerà a lui.

[Scritto per il Fatto Quotidiano]