A meno di un mese dalle elezioni in Giappone, il 16 dicembre, China Files propone un piccolo riassunto degli ultimi 3 anni di storia politica giapponese. Uno sguardo al passato e agli schieramenti di oggi, i temi del dibattito e le principali formazioni politiche. Più un’infografica dei principali partiti. A un giorno dall’annuncio di scioglimento delle Camere, l‘Economist non aveva tardato a definirle “le elezioni kamikaze”. il 16 novembre scorso, Noda Yoshihiko, l’impopolare primo ministro del Partito democratico attualmente al governo, ha deciso di compiere infine una mossa che molto ricorda un suicidio rituale. Non che a Noda rimanessero molte altre scelte.
Negli ultimi mesi, Noda è stato preso nella morsa degli avversari politici esterni e interni al suo stesso partito. Il Partito liberal-democratico (Pld), il più grande partito d’opposizione, forte del controllo della Camera alta del parlamento, per mesi ha garantito l’appoggio e al governo in cambio di vari rimpasti e dello scioglimento delle Camere entro la fine dell’anno. Gli "squali" liberali già sentivano l’odore del sangue dei democratici
Ora, sotto la guida di Abe Shinzo, ex primo ministro dal 2006 al 2007, vero e proprio “principino” della politica giapponese – figlio di Shintaro, leader del Pld ed ex ministro degli anni ’80, e nipote di Abe Kan, deputato tra il 1937 e il 1946 – i liberali del Giappone vedono la luce all’uscita dal tunnel. Dopo una parentesi di non governo dal 2009, la vittoria elettorale è davvero a un passo.
La parabola del Partito democratico (Pdg), prima formazione politica in grado di sconfiggere la “balena bianca” liberal-democratica, al governo quasi ininterrotto per più di mezzo secolo, sembra essere ormai in fase discendente. “Cambio di regime” e “I redditi prima di tutto”: su questi punti Hatoyama Yukio, l’artefice del miracolo Pdg di tre anni fa, aveva insistito in campagna elettorale.
Hatoyama l’ “alieno” diventa leader del Pdg a giugno 2009 superando nelle preferenze Ozawa Ichiro, fondatore e uomo forte del partito. Anche Hatoyama, come Abe, è politico per eredità, con importanti legami nel mondo delle grandi holding industriali e finanziarie del Paese – la madre è erede della famiglia Ishibashi, proprietaria del colosso degli pneumatici Bridgestone.
Vuole dare credibilità a quell’alternativa che il suo partito incarnava contro il Partito liberal-democratico – partito che fu fondato proprio dal nonno di Hatoyama, Ichiro – allora investito da scandali e incapace di esprimere una leadership stabile.
Appena otto mesi dopo la storica vittoria di agosto 2009, Hatoyama si dimette: non ha rispettato la promessa fatta in campagna elettorale di spostare le basi americane lontano dall’arcipelago meridionale di Okinawa. La scelta avviene in seguito alla defezione dalla coalizione a tre di governo di Fukushima Mizuho e del suo Partito social-democratico, contrario alla presenza Usa su suolo giapponese.
Il rapporto con gli americani rimane la spada di Damocle che dal dopoguerra a oggi pende inesorabile sui governi del Giappone. Hatoyama aveva promesso agli abitanti di Okinawa di spostare la base militare americana di Futenma, la più grande e controversa dell’arcipelago, garantendosi l’appoggio del Partito social-democratico e aggregando consensi sulla coalizione di centro-sinistra da lui guidata.
Incapace di raggiungere un nuovo compromesso con gli Usa, Hatoyama si ricrede sulle reali possibilità di liberarsi dell’ingombrante e impopolare presenza dei marines e cede. Pesano, poi, su Hatoyama e sul numero due del Pdg , Ozawa, gli scandali sui finanziamenti illeciti o non propriamente dichiarati. A giugno 2010, il governo dei democratici ha già bruciato il largo consenso ottenuto l’anno precedente, toccando il 17 per cento di popolarità.
La punizione arriva presto dalle elezioni in Camera alta dello stesso anno: il Pdg persa la maggioranza. Nel frattempo a Hatoyama succede Kan Naoto, fino a quel momento vice premier e ministro delle Finanze.
A differenza dei suoi predecessori Abe, Aso, Fukuda del Pld e Hatoyama, l’energico Kan non è discendente di una famiglia di politici. Arriva alla leadership del Pdg dopo una carriera tra movimenti civili e partiti di orientamento socialista culminata in alcuni incarichi a livello ministeriale in governi di coalizione guidati dal Pld negli anni ’90.
Sotto la sua guida il Partito democratico recupera qualche consenso, soprattutto in seguito agli interventi del governo per fermare l’apprezzamento dello yen, mossa che dà per un breve intervallo respiro agli esportatori nipponici.
Tuttavia, sul piano delle relazioni internazionali, a Kan le cose non vanno lisce. A settembre 2010, pochi giorni dopo essere stato confermato alla guida del Pdg e del governo, Kan deve far fronte alle proteste della Cina in seguito all’arresto dell’equipaggio di un peschereccio reo di aver speronato un’imbarcazione della guardia costiera giapponese a largo delle isole Senkaku/Diaoyu contese tra Tokyo e Pechino. Una diatriba fino a quel momento dimenticata, ma da settembre di quest’anno ritornata prepotentemente d’attualità.
A segnare il destino di Kan è però il disastro seguito alla tripla catastrofe del marzo 2011. Prima il terremoto, poi lo tsunami, infine il meltdown dei quattro reattori della centrale di Fukushima Dai-ichi. Kan “ci mette la faccia”. Fin dai primi giorni di emergenza, si impegna in prima persona nel garantire trasparenza nell’ informazione e un intervento diretto del governo nelle aree più colpite del Nordest del Giappone.
L’impegno nell’immediato post-Fukushima non basta a Kan per recuperare un consenso politico già pregiudicato. Kan propone le sue dimissioni a giugno 2011, ma il voto di sfiducia proposto dall’opposizione non passa anche in vista della volontà bipartisan di non destabilizzare la politica nazionale in un momento di emergenza.
L’intervento del governo nelle zone colpite dal terremoto, e in particolare, in quelle interessate dalle perdite radioattive della centrale nucleare di Fukushima, è comunque nel complesso “confusionario” , come confermato nel giugno scorso dalla Commissione d’inchiesta parlamentare sull’incidente.
Durante l’estate del 2011, il governo cerca di impostare una strategia energetica che punti meno sul nucleare e più sulle energie rinnovabili. Kan diventa il principale fautore di questa nuova politica, ma incrina gli equilibri interni al proprio partito. A fine agosto dà le dimissioni.
Tocca quindi all’attuale primo ministro Noda, erede di una situazione non facile. L’intero Paese del Sol levante deve fare i conti con lo choc di uno dei più devastanti terremoti dell’ultimo secolo, aggravato dalla catastrofe nucleare. Un disastro, per altro, di “natura umana” e quindi evitabile con un minimo di attenzione e controlli in più.
La fiducia popolare continua a calare e la figura di Noda, “una tinca che non può diventare un pesce rosso”, come lui stesso si è definito riferendosi alla sua apparente mancanza di carisma, non ha aiutato il Pdg a recuperare terreno. Archivia i piani del suo predecessore in materia energetica per interrompere la dipendenza del Sol levante dal nucleare e si mette contro il crescente movimento anti-nuclearista che da più di un anno ogni venerdì manifesta sotto la residenza del primo ministro.
Noda si ritrova da ex ministro delle Finanze a guidare i tentativi di ripresa da vent’anni di stagnazione economica. Cerca di porre rimedio all’enorme debito pubblico giapponese (circa 230 per cento del Pil, il più alto dell’area Ocse) facendo approvare dal Parlamento l’innalzamento della tassa sui consumi dal 5 al 10 per cento. Riesce però solamente a dare il colpo di grazia alla propria maggioranza. Ozawa Ichiro si stacca dal Pdg e forma un nuovo partito con una cinquantina di deputati, formando la terza formazione politica più rappresentata in parlamento.
Ozawa dà il via a una serie di scissioni e di formazione di nuovi partiti che non solo ha destabilizzato la maggioranza, ma rischia di creare un vero e proprio caos di alleanze e coalizioni alle prossime elezioni. Dopo il suo partito per la Vita al primo posto, sono nuovi partiti sono nati dal bipolarismo quasi perfetto del Giappone per costituire un "terzo polo". Frammentando inevitabilmente il panorama politico del Paese.
Per fare qualche nome: i Nuovi verdi, il Partito della Restaurazione di Hashimoto, il Partito del futuro di Kada Yukiko, il Partito del Sole di Ishihara Shintaro.
Dopo la defezione di Ozawa, Noda inizia a essere dipendente dall’appoggio dell’opposizione che lo costringe a due rimpasti di governo tra giugno e ottobre 2012, dopo il primo di gennaio. Fino al 13 novembre scorso, quando viene finalmente approvata la legge per l’emissione dei bond che andranno a coprire il bilancio del prossimo anno. “Scioglierò le camere entro la fine dell’anno”, è stata la promessa finale di Noda al Pld. Ora, citando il Financial Times, il carosello politico giapponese torna a girare.
[Foto credit: Asahi shimbun e nekomaru.ti-da.net; today.msnbc.msn.com]
*Marco Zappa nasce a Torino nel 1988. Fa il liceo sopra un mercato rionale, si laurea, attraversa la Pianura padana e approda a Venezia, con la scusa della specialistica. Qui scopre le polpette di Renato e che la risposta ad ogni quesito sta "de là". Va e viene dal Giappone, ritorna in Italia e si ri-laurea. Fa infine rotta verso Pechino dove viene accolto da China Files. In futuro, vorrebbe lanciarsi nel giornalismo grafico.