Ha il sapore dell’esemplarità la sanzione record inflitta a sei imprese accusate di inquinare due fiumi del Jiangsu. Non è dato sapere se si tratti di un monito per tutti i contaminatori della Cina o una semplice operazione di marketing politico, ma il problema di acque e suolo è sempre più all’ordine del giorno. Mentre il sipario si chiudeva sul 2014, un tribunale del Jiangsu ha multato per un totale di 160milioni di Renminbi (oltre 21 milioni di euro) sei imprese accusate di avere inquinato due fiumi. Vi avevano scaricato circa 25mila tonnellate di rifiuti chimici e si sono beccate quella che secondo l’agenzia di Stato, Xinhua, è la multa più alta mai inflitta a inquinatori cinesi.
Quattoridici persone giudicate dirette responsabili del reato sono state condannate a pene comprese tra i due e i cinque anni, a loro volta corredate da multe. Non sono noti né i nomi né l’attività produttiva delle imprese, che sono tutte della città di Taizhou e devono pagare entro fine gennaio.
Si fa tanto parlare della mefitica aria di Pechino e del circostante Hebei, ma a detta di molti esperti la contaminazione del suolo e delle falde acquifere è di gran lunga molto più pericolosa. Solo che mancano dati certi. È lo stesso governo cinese a sostenere che circa il 70 per cento di fiumi e laghi del Paese sono inquinati. Sempre secondo fonti ufficiali, l’ammorbamento delle acque può essere collegato all’aumento dei casi di cancro in più di 247 villaggi sparsi per la Cina e mette a rischio circa 300 milioni di persone che vivono nelle zone rurali. Aizheng cun, “villaggi del cancro” è un termine piuttosto sinistro che circola da tempo e nel 2013 il giornalista investigativo Deng Fei ne aveva addirittura pubblicata una mappa provvisoria.
Ad aprile dello scorso anno, un rapporto che copriva il periodo 2005-2013 e che era stato inizialmente classificato come segreto di Stato, ha rivelato che il 16,1 per cento del territorio cinese e il 19,4 per cento delle aree coltivabili sarebbero contaminati, con cadmio, nickel e arsenico in cima alla classifica delle sostanze inquinanti.
La multa di capodanno ha dunque sapore esemplare. E pure una tempistica perfetta, perché proprio in questi giorni è giunto a Pechino il primo rivolo d’acqua del mastodontico progetto di diversione sud-nord, un sistema di canali e acquedotti che è costato oltre 200 miliardi di renminbi (oltre 25 miliardi di euro) e che porta milioni di metri cubi d’acqua dallo Yangtze all’arido nord, capitale compresa.
La Cina nasce come civiltà idraulica, basti pensare che il primo re mitico è identificato come Yu, il grande regolatore delle acque e fondatore di quella dinastia Xia – la prima (2070-1600 AC) – a cui perfino Confucio si richiama. E il sistema imperiale, la forma politico-amministrativa che si dà la civiltà poi chiamata Cina, nasce probabilmente dell’organizzazione del lavoro necessaria a svolgere i lavori idraulici collettivi. L’imperatore come ingegnere capo e garante di un sempre mutevole ordine naturale.
Cambiare il corso dei fiumi? E che sarà mai, per i cinesi.
Tuttavia, in epoca di sorgenti preoccupazioni ambientali, il progetto di diversione sud-nord è stato criticato per tanti motivi e tra questi c’è anche il fatto che a causa degli scarichi industriali nelle province meridionali l’acqua che arriva a Pechino potrebbe essere già inquinata.
La via giudiziaria alle politiche ambientali è un work in progress. Una bella multa-record agli inquinatori dovrebbe far quindi capire a tutti che da oggi si riga dritto.