Dragonomics – Ribilanciamento impossibile?

In by Simone

A che punto è l’economia cinese dopo il "Shibada"? Le indicazioni sulla strada da intraprendere sono state date dal presidente Hu Jintao nel suo discorso d’apertura. China Files le interpreta cedendo la parola all’economista Michele Geraci. Nel discorso di apertura del 18° Congresso del Partito comunista cinese, il presidente Hu Jintao ha annunciato che “per rendere lo sviluppo della Cina molto più equilibrato, coordinato e sostenibile, dobbiamo raddoppiare il nostro Pil del 2010 e il reddito pro capite degli abitanti sia delle città sia delle zone rurali”. Ha anche detto che la disparità di reddito va ridotta. Tutti questi obiettivi devono essere raggiunti entro il 2020.

Anche se questa può sembrare una dichiarazione positiva, temo che indichi invece l‘assenza di qualsiasi miglioramento rispetto alla situazione attuale.

Tanto per cominciare, nel corso del decennio precedente (2000-2010), il reddito delle persone fisiche sia nelle zone rurali sia urbane è cresciuto più del doppio: il reddito dei residenti urbani è passato da 6300 rmb a 19mila, cioè circa l’11,5 per cento all’anno. quello dei residenti rurali è passato da 2250 a 6mila rmb, per una crescita del 10 per cento l’anno. Pertanto, il nuovo obiettivo significa di fatto “la crescita del reddito personale in futuro rallenterà”.

In secondo luogo, se ci si aspetta che i redditi dei residenti rurali e urbani crescano alla stessa velocità (entrambi del doppio), è evidente che questo non servirà a niente per ridurre le disparità di reddito tra le persone che vivono in città e quelle che vivono in campagna. Di fatto, nel corso dell’ultimo decennio il divario del reddito urbano-rurale è cresciuto da un minimo di circa il 2,7 per cento nel 2000, a un massimo di 3,2 nel 2010. Quindi, mantenere questo rapporto costante nel futuro appare come una sorta di miglioramento. Tuttavia, si deve anche notare che gran parte della crescita del divario città-campagna si è verificata durante la prima metà del decennio (2000-2004) e da allora la disparità è rimasta più o meno piatta. Pertanto, l’obiettivo del 2020 sembrerebbe voler mantenere lo status quo del 2005 per oltre 15 anni. Cosa più importante, non c’è assolutamente l’obiettivo della riduzione del gap.

In terzo luogo, ed è la questione più spinosa di tutte, il ribilanciamento dell’economia nel suo insieme: per riequilibrare l’economia, il reddito personale deve crescere più rapidamente del Pil, ma l’obiettivo del 2020 prevede semplicemente tassi di crescita uguali per il Pil e il reddito personale. Guardando il Pil dal punto di vista della spesa aggregata (Pil = Consumi + Investimenti + esportazioni), riequilibrare l’economia significherebbe, tra l’altro, ridurre il tasso aggregato di risparmio, aumentare il consumo in rapporto al Pil e diminuire il peso degli investimenti.

Ora, l’unico modo per ottenere l’aumento dei consumi è quello di far sì che il reddito delle persone fisiche cresca più rapidamente del Pil, perché a) i cinesi in realtà non risparmiano tanto quanto in genere si crede e b) se anche hanno dei risparmi, non li utilizzano per l’acquisto di merci: spenderanno di più se il loro reddito crescerà. Per rendere le cose più difficili, più le persone diventano ricche e tanto meno spenderanno in proporzione ai loro guadagni, come regola vuole. Quindi, “il beneficio marginale al consumo in una situazione di aumento dei redditi” tende a scendere. In altre parole, al fine di riequilibrare il consumo attraverso l’aumento del reddito, non solo il reddito personale deve crescere più rapidamente del Pil, ma deve crescere “molto” più rapidamente. Niente di tutto questo è nel piano.

Per concludere, non abbiamo neanche considerato se gli obiettivi annunciati siano effettivamente realizzabili, né come si stia attrezzando la Cina per trovare i capitali necessari a farlo.

*Michele Geraci è capo della ricerca in Cina per il Global Policy Institute e Senior Research Fellow e Professore Aggiunto presso la Zhejiang University, Hangzhou. È anche Visiting Assistant Professor di Finanza all’Università di Nottingham, Ningbo. Quest’articolo è stato pubblicato sul China Policy Institute Blog