Si chiamano operatori "junket", trasferiscono ingenti somme di denaro dalla Cina continentale a Macao, capitale mondiale del gioco d’azzardo. Ora sono nel mirino della campagna anti-corruzione lanciata dalla leadership cinese, ma bisogna andarci cauti, perché la gran parte del fatturato dell’ex colonia portoghese dipende dalle loro attività. Il giro di vite contro la corruzione lanciato dalla leadership cinese starebbe penalizzando Macao, capitale mondiale del gioco d’azzardo. La longa manus di Pechino si sarebbe infatti stretta a tenaglia intorno al collo degli operatori “junket”, quelle agenzie finanziarie che – offrendo prestiti e riscuotendo i debiti dei giocatori Vip – consentono il trasferimento di enormi somme di denaro dalla Cina continentale ai casinò di Macao in maniera non molto chiara.
L’ex colonia portoghese, ora zona amministrativa speciale della Cina, ha spodestato da tempo Las Vegas come Mecca del gioco, fatturando circa cinque volte di più. È l’unico luogo dove sia consentito il gioco d’azzardo in Cina ed è diventata nel tempo meta sia della “big whale” – i grandi giocatori – sia di piccoli scommettitori che si affollano in casinò più a basso costo.
L’origine di tale giro d’affari è da ricercarsi soprattutto nei “junket operators”. Il termine, di origine occidentale, si riferisce ai viaggi e altri benefici “regalati” a funzionari d’alto rango. Attività spesso in odore di corruzione. Ricorda però anche la giunca – la tipica imbarcazione del Mar cinese meridionale – e come le giunche, le agenzie in questione trasferiscono merce tra le isole al largo della Cina e la terraferma. La merce, nella fattispecie, è denaro.
Per avere un’idea della loro importanza e pubblica visibilità, basti sapere che due terzi del fatturato dei casinò dipendono dalle loro attività di intermediazione e che una delle maggiori, Suncity, è stata sponsor ufficiale del gran premio di Formula 3 della zona amministrativa speciale.
In pratica, prendono una commissione dai casinò per attirare “grandi balene” – gente che punta in una sola giocata oltre 100mila dollari – anticipano loro i soldi e, in caso, pagano i loro debiti. Poi, passano all’incasso dai diretti interessati.
In virtù di questi continui trasferimenti di denaro, le loro attività sono in odore di riciclaggio. Tuttavia, di recente il meccanismo è diventato un po’ meno oliato proprio perché, a causa della campagna anticorruzione, quei clienti danarosi possono sparire da un giorno all’altro senza rimborsare il debito. O trovarsi improvvisamente a corto di liquidi.
Sta di fatto che almeno quindici operatori junket hanno di recente chiuso i battenti; altri stanno indirizzando i propri clienti verso mete più sicure, come le Filippine e il Vietnam.
Testimoni riportano che le pressioni di Pechino avverrebbero in maniera molto discreta. Alcuni operatori junket sono stati invitati a cena o avvicinati da funzionari in incognito, che li hanno invitati a snocciolare qualche nome di cliente. Insomma, sembrerebbe che le autorità cinesi non abbiano intenzione di chiudere le agenzie, bensì porle sotto controllo.
L’amministrazione di Macao, da parte sua, trae l’80 per cento del proprio gettito fiscale dai casinò. E quindi si guarda bene dal reprimere. Molto semplicemente, invita gli operatori a diversificare in altre attività: dall’immobiliare alle sponsorizzazioni sportive, come nel caso di Suncity. Ma il rischio è che il grande giro d’affari veleggi per altri lidi, di cui è pieno il mondo.
Così, molti analisti ritengono che gli introiti derivanti dalle giocate Vip si ridurranno drasticamente a fine anno, addirittura a un quinto dei fatturati precedenti.