Il presidente della China Securities Regulatory Commission – la Consob cinese – è stato licenziato, mentre l’agenzia è passata al setaccio dagli investigatori dell’anticorruzione. Sotto accusa, la cattiva gestione delle turbolenze di borsa e il fallimento del «circuit breaker» che doveva contenerle. La Cina ha rimosso il capo della sua authority per la vigilanza sui mercati, probabile segno di nervosismo e insoddisfazione dopo le turbolenze di borsa che si sono verificate negli ultimi mesi. Il precedente uomo al comando, Xiao Gang, è stato sostituito da Liu Shiyu come presidente della China Securities Regulatory Commission (CSRC) e come leader del Partito comunista all’interno dell’agenzia.
Secondo diversi analisti, la mossa rivela che la leadership cinese avverte una crescente necessità di restituire fiducia al popolo degli investitori, mentre parecchi si pongono domande sulla sua effettiva capacità di gestire l’economia, la valuta (il renminbi) e i mercati finanziari. L’annuncio del cambio ai vertici della CSRC arriva prima di due eventi chiave per la politica e l’economia cinesi: la riunione dei leader finanziari del G20 a Shanghai, che avverrà in settimana, e il lianghui, l’annuale doppia seduta dei «parlamenti» cinesi, che avrà luogo a inizio marzo.
Xiao era in carica quando i mercati azionari cinesi hanno cominciato ad andare in picchiata, da metà giugno 2015. A un certo punto, le borse di Shanghai e Shenzhen hanno perso fino al 40 per cento del proprio valore, dopo mesi di crescita record indotta dalle politiche economiche di Pechino, che cercava di indirizzare i risparmiatori verso i mercati azionari. Da quel momento in poi, le autorità hanno cominciato a sorvegliare più da vicino l’operato della CSRC.
Xiao, 57 anni, era presidente dell’authority dal marzo del 2013 ed è stato di recente criticato più volte per la sua cattiva gestione della crisi.
Solo pochi giorni fa, il primo ministro Li Keqiang aveva bacchettato i regolatori finanziari del Paese sia per il tonfo dei mercati sia per la progressiva erosione del valore del renminbi.
Xiao si era difeso a metà gennaio in una lunga dichiarazione pubblicata sul sito della sua agenzia, ascrivendo i problemi finanziari all’inesperienza degli investitori e all’immaturità dei mercati cinesi. Ma aveva anche ammesso che i problemi riflettono «un sistema di scambio imperfetto, meccanismi di mercato viziati e sistemi di supervisione inappropriati», mettendo tra le concause anche un esodo di personale qualificato dalla CSRC.
È sotto il suo comando che le autorità finanziarie cinesi hanno più volte attuato il nuovo meccanismo del circuit breaker («interruttore»), ideato per limitare la corsa alle vendite. A gennaio, vi si è fatto ricorso due volte, in risposta alle cadute del mercato azionario. Tuttavia, è stato poi precipitosamente accantonato perché si ritiene che abbia provocato ancora più panico e il conseguente fuggi fuggi generale.
Reuters riporta che proprio a gennaio, quando l’interruttore è stato «spento», Xiao abbia offerto le proprie dimissioni. «Qualcuno doveva assumersi delle responsabilità, dopo la sospensione del circuit breaker», dice a Bloomberg Zheng Chunming, analista di Capital Securities Corp.
Liu Shiyu, il nuovo presidente della CSRC, ha 54 anni ed è stato in precedenza vice-governatore della banca centrale cinese – People’s Bank of China – per poi diventare, nel 2012, presidente della Agricultural Bank of China, il terzo più grande istituto finanziario del Paese.
Il suo compito è tutt’altro che facile. Gli investigatori dell’anticorruzione stanno setacciando la CSRC per accertare se i suoi membri abbiano passato informazioni riservate a speculatori esterni all’agenzia, in particolare durante il crollo dei mercati della scorsa estate.
Il problema più grande per il successore di Xiao è però costituita dalla tradizionale mancanza di autonomia del regolatore. La leadership di Pechino impone spesso scelte di compatibilità politica e ha sempre dato poco spazio a Xiao, non si vede quindi perché dovrebbe essere diverso per il suo successore.
«Pur sostituendo lui non si ha nessuna intenzione di cambiare il sistema», dice al New York Times Hao Hong, chief strategist di Bank of Communications International, sezione all’estero di una delle più grandi banche cinesi. «Non vedo come qualcuno possa desiderare di prendere il suo posto; ha una posizione molto poco invidiabile».
Su Weibo – il più noto social media cinese – i commentatori improvvisati hanno giocato sul nome di Liu per chiedersi se il suo mandato porterà un «bull market» («mercato toro», che nel linguaggio di borsa significa un mercato caratterizzato dall’andamento al rialzo), oppure se si lascerà alle spalle un «pesce morto»: il secondo carattere di Shiyu – yu – ha infatti un’assonanza con la parola cinese «pesce».