Calciatori compresi nel prezzo. La società cinese Ledman ha firmato nei giorni scorsi un contratto di sponsorizzazione con la Serie B portoghese che tra le clausole prevede l’invio di giocatori cinesi nelle 10 migliori società del torneo. Intanto a Pechino si discute sulla possibilità di naturalizzare giocatori stranieri da schierare in nazionale. La nuova Serie B portoghese sarà targata Cina. Il torneo si chiamerà Ledman Proliga, dal nome della società di Shenzhen che in settimana ha firmato un contratto di sponsorizzazione con la lega lusitana. Nel controverso accordo, però, oltre a nome e soldi per «rilanciare il campionato», sono compresi anche giocatori e allenatori. La vicenda non è stata ancora chiarita.
Secondo quanto trapelato prevede che 10 calciatori e 3 allenatori cinesi entrino in forze nelle squadre del torneo. All’inizio erano addirittura circolate indiscrezioni su un presunto obbligo di schierare in campo i giocatori d’oltre Muraglia. Le dieci migliori squadre del torneo si limiteranno invece ad averli in rosa. Così scrive il produttore cinese di schermi al Led nel comunicato pubblicato sul proprio sito.
La controversa clausola è stata accolta con una buona dose di scetticismo. «Non capiamo perché la lega stia obbligando le squadre a prendere giocatori», ha commentato il presidente dell’Unione calciatori, Joaquim Evangelista, citato dall’agenzia France Presse. Lo stesso numero uno della seconda divisione, Jose Godinho, ha messo le mani avanti e ricordato che la Ledman non può imporre calciatori, ma che si tratta soltanto di un’opzione. La Ledman non fa mistero di ritenere il «nuovo modello di collaborazione» un modo per promuovere e valorizzare i giocatori cinesi, con l’intento di aver ricadute sullo crescita il calcio nella Repubblica popolare. Tale logica si muove all’interno del progetto governativo di fare della Cina una potenza del pallone, che ha nel presidente Xi Jinping il primo tifoso.
La «lunga marcia» prevede l’apertura di 20mila scuole calcio al 2020, per arrivare a 50mila nel 2025. L’obiettivo è riuscire a ospitare la coppa del mondo entro il 2026. Per raggiungere i traguardi che si è posta, Pechino non esclude neppure di naturalizzare calciatori stranieri così da poterli schierare in nazionale. L’ipotesi è stata avanzata dal vicepresidente della Chinese Football Association, Zhang Jian, in un recente incontro a Pechino. «Ne stiamo discutendo con i dipartimenti preposti», ha detto l’alto funzionario. Ma i problemi non sono legati soltanto ai mugugni dei tifosi più patriottici. Il piano si scontra infatti con le regole stringenti per la concessione della “green card” introdotta nel 2004 e con il divieto ad aver la doppia nazionalità.
La febbre calcistica comunque sta contagiato anche il mondo del business. Lo scorso dicembre il colosso dell’e-commerce Alibaba, o meglio la partecipata Alibaba E-Auto, ha firmato un accordo di sponsorizzazione con la Fifa per la coppa del mondo. Ancora di recente il nome di Jack Ma è circolato in relazione al possibile, e ancora mai realizzato, arrivo di un socio dall’Estremo Oriente nel Milan. Per adesso il miliardario cinese si limita alla partecipazione nel Guangzhou Evergrande.
All’inizio di dicembre si è invece concretizzato l’ingresso nel capitale del Manchester City della China Media Capital Holdings del magnate dei media Li Ruigang, e di Citic Capital. A sua volta il gigante dell’immobiliare Dalian Wanda, oltre a una quota dell’Atletico Madrid, ha in mano i diritti della Seria A, avendo acquisito all’inizio del 2015 il colosso mondiale delle sponsorizzazioni Infront per oltre 1 miliardo di euro. La cartina di tornasole delle aspettative sul calcio cinese è però il prezzo dei diritti tv della Serie A locale, pagata 1,25 miliardi di dollari: più di quanto sborsato per trasmettere in Cina la Premier League.
[Scritto per il Fatto quotidiano online. Foto credit: scmp.com]