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Dialoghi – Le chujianü potrebbero rivoluzionare i diritti della terra in Cina

In Dialoghi: Confucio e China Files, Economia, Politica e Società by Agnese Ranaldi

Le chujianü sono donne che sposano persone con una residenza diversa dalla propria, che potrebbero decidere di cambiare l’hukou acquisendo lo stesso del marito, ma non lo fanno, a volte per rimanere vicino ai propri cari. Questo compromette i loro diritti fondiari. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano. Qui per le altre puntate

“Ho avuto questi diritti alla nascita. Perché improvvisamente li ho persi?”. In Cina le donne sposate con uomini che provengono da un altro villaggio si chiamano 出嫁女, chūjiànǚ, ossia “donne che lasciano la casa”. È uso comune che, una volta celebrato il matrimonio, richiedano il certificato di residenza (户口, hùkǒu) nella stessa località del marito e si trasferiscano con lui: dallo hukou dipende il loro accesso e quello dei loro figli ai diritti sociali e ai servizi pubblici. Possono anche non farlo, ma i membri del loro villaggio inizieranno comunque a guardarle con occhi diversi. Come racconta Vivian Wang sul New York Times, una chujianü nelle aree rurali perde ogni diritto sulla terra, anche se ci ha vissuto per tutta la vita e se ci sono documenti che ne attestano la titolarità. Lei e i suoi figli difficilmente riusciranno a rivendicare con successo i loro diritti fondiari. 

Escluse dal diritto alla terra

Yang Zhhijun, ad esempio, ha lottato per quasi quattro decenni per un appezzamento di terra: quando si è sposata, nel 1982, è rimasta con i genitori nel suo villaggio della Mongolia interna, rinunciando all’hukou urbano del marito. In quel periodo, spiega Sixth Tone, la Cina ha abbandonato l’agricoltura collettiva per passare al sistema di responsabilità familiare: la terra era di proprietà collettiva, e veniva divisa tra le famiglie in base alla loro numerosità. Quando nel 2003 un progetto di demolizione ha fruttato al villaggio poco più di mille yuan a testa al mese (che oggi corrispondono a circa 130 euro al mese), i suoi vicini l’hanno esclusa dal progetto in quanto chujianü. Molte donne in Cina hanno vissuto un’esperienza simile. Le cose, però, potrebbero lentamente cambiare.

Organizzarsi e presentare istanze

Sono stati registrati numerosi casi di donne che si rimboccano le maniche e, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie e dei social, si contattano e si organizzano per cominciare la lunga marcia verso i luoghi decisionali ai quali presentare le loro istanze. Lin Lixia, avvocata dello studio legale Qianqian di Pechino, ha detto a South China Morning Post che la maggior parte di queste donne ha difficoltà a combattere le battaglie legali a causa della poca chiarezza delle leggi attuali. Lo studio dove lavora, specializzato nella difesa dei diritti delle donne, negli ultimi vent’anni è stato chiamato ad agire in più di 3mila controversie che riguardavano i diritti fondiari delle donne. Su 200 casi affrontati, però, quasi il 90% è stato respinto o si è concluso con sentenze contrarie alle ricorrenti. Secondo i dati ufficiali, riporta Wang, il numero di sentenze dei tribunali in cui si parla di “donne sposate” da 450 nel 2013 è cresciuto cinque anni fa a quasi 5mila.

Il ruolo della “autonomia del villaggio”

“Le figlie sposate non ricevono i benefici delle nostre proprietà”, hanno dichiarato le autorità di un villaggio della provincia dello Shandong nei documenti del tribunale: “Questo è il modo in cui abbiamo fatto le cose negli ultimi 20 anni”. La maggior parte dei dinieghi alle richieste d’aiuto arriva perché vale il principio della “autonomia del villaggio”. “I tribunali non hanno nemmeno accettato i loro casi. Hanno ritenuto che questa questione dovesse essere gestita dall’autorità amministrativa”, ha spiegato Chan Chi-hin, assistant professor alla School of Law della City University of Hong Kong. Il concetto di “autonomia del villaggio” è contenuto nella Legge organica cinese e mira a riservare una parte dei poteri di governo e decisionali agli stessi abitanti dei villaggi, che possono eleggere i propri comitati e gestire alcuni affari votando a maggioranza.

Perdite finanziarie e diritti negati

Non esistono stime autorevoli delle perdite finanziarie subite dalle donne, ma nelle aree costiere (che sono le più prospere), secondo Nyt si parla di somme ingenti. A Ningbo, ad esempio, città portuale, gli appartamenti negati alle donne sposate durante la demolizione dei villaggi nel 2022 avevano un valore potenziale di 550mila dollari. Anche grazie alle nuove tecnologie, le donne cinesi sono riuscite a unire le forze e rivolgersi alle autorità preposte per presentare le loro istanze. Non sempre hanno successo, come racconta il Nyt, ma tra un ricorso e l’altro potrebbero convincere i decisori politici che un cambiamento di paradigma è necessario per assicurare anche loro i diritti finora negati.