La storia di Laszlo Ladany, considerato dagli esperti del settore il “primo China Watcher”. La sua newsletter, China News Analysis, è stata per 30 anni un punto di riferimento per giornalisti, sinologi, diplomatici e agenzie di intelligence. E il suo metodo di studio del Pcc è più attuale che mai. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio di Milano. Qui per recuperare le altre puntate.
C’è una newsletter sulla Cina che oggi viene considerata da sinologi, accademici e giornalisti specializzati sulla Repubblica popolare “LA” newsletter sulla Cina. Si chiama Sinocism e il suo autore è curiosamente un analista, Bill Bishop, che di cognome fa “vescovo”, tradotto in italiano. Curiosamente perché per tre decenni, fino al 1982, “LA” newsletter sulla Cina si chiamava China News Analysis ed era scritta da un prete: padre Laszlo Ladany.
Ladany (1914-1990) era un gesuita ungherese. Uno tra gli ultimi di una lunga stirpe dell’ordine, il cui principale esponente è stato Matteo Ricci, ad aver dedicato la propria missione evangelizzatrice alla Cina. La nascita della Repubblica popolare cinese ha spazzato via i resti di una storia, quella tra i gesuiti e la Cina, che aveva resistito al crollo di due dinastie e dell’impero, ma che nulla ha potuto al cospetto della rivoluzione comunista. Con il progressivo avanzamento del Partito comunista cinese (Pcc) nel corso della guerra civile, infatti, i gesuiti presenti nelle zone conquistate iniziarono a essere portati davanti ai “Tribunali del popolo” e il loro lavoro nel paese si interruppe. Ladany lo capì in tempo e se andò a Hong Kong, all’epoca ancora in mano ai britannici.
La nascita di China News Analysis
Quando lasciò la Cina continentale era il 1949. Ladany era arrivato in quella che ancora si chiamava Repubblica di Cina 13 anni prima, muovendosi tra Shanghai e Pechino per studiare il cinese e conoscere il paese che sarebbe dovuto diventare la base della sua carriera ecclesiastica. Nel 1940 venne assegnato alla missione di Daming, nello Hebei, conquistata dai comunisti nel 1946. Da allora iniziò a muoversi con prudenza verso sud, nel Guangdong, per poi stanziarsi definitivamente all’Università di Hong Kong (dove avrebbe vissuto e lavorato dalla Ricci Hall) in concomitanza con la vittoria del Pcc e la conseguente nascita della Repubblica popolare.
Con il maggior controllo del Partito sulle pratiche religiose, per gli ecclesiastici in Cina non c’era più spazio e la missione dei gesuiti venne dunque smantellata. La Chiesa Cattolica aveva però bisogno di mantenersi informata sulla nuova Repubblica popolare e incaricò Ladany di produrre un rapporto settimanale su ciò che accadeva nella politica cinese: nacque così China News Analysis, che venne inaugurata ufficialmente con la prima newsletter inviata il 25 agosto 1953.
Quasi 30 anni e 1.250 pubblicazioni più tardi (nel 1979 la newsletter divenne bimensile), nel 1982 Ladany lasciò China News Analysis per dedicarsi alla scrittura. “The Communist Party of China and Marxism, 1921-1985” è il libro che racchiude i suoi tre decenni di lavoro attorno al Pcc, durante i quali Ladany era diventato una vera e propria istituzione. La sua era una «illustre anonimia», ha scritto di lui il sinologo Simon Leys. Ladany era letto in segreto da molti, ma era letto da tutti, non solo giornalisti o esperti di Cina.
Diplomatici, agenzie di intelligence, governi. Chiunque dovesse avere a che fare con la Repubblica popolare doveva leggere China News Analysis per comprenderla al meglio e – grazie alle conclusioni di Ladany – riuscire a vedere attraverso la fitta rete della propaganda.
Il “metodo Ladany”
Si trattava di una Cina diversa, molto più chiusa verso l’esterno, e di un mondo diverso, senza internet né traduttori automatici. Il grande pregio di Ladany era dunque la conoscenza: del cinese, del marxismo-leninismo, del Pcc. Un bagaglio di saperi che gli consentiva di usare solo fonti ufficiali (documenti del Partito, discorsi dei funzionari, testi originali delle nuove leggi e iniziative, ascolto della radio cinese), alle quali affiancava la sua esperienza personale, il suo metodo. Come ha scritto Leys, «Ladany credeva che anche la propaganda più mendace dovesse avere una qualche relazione con la verità». Per trovarla serviva quindi leggere, leggere, leggere, fino a scovare quei «rari elementi di significato che giacciono sepolti sotto montagne di cliché» e ripetizioni.
Può sembrare scontato oggi, nell’epoca dei “China Watcher”. Ma nel 1953 esisteva solo Laszlo Ladany. China News Analysis ospitava saltuariamente gli spunti di qualche collaboratore esterno, ma la newsletter era perlopiù frutto del lavoro del gesuita ungherese, anche perché richiedeva una conoscenza del cinese molto più approfondita rispetto a quella “di strada” e l’abilità di tradurre il linguaggio criptico del Partito in un’analisi che potesse risultare comprensibile al lettore.
Le critiche e il futuro dei “China Watcher”
Ladany era uno dei pochissimi (poi divenne “maestro” di molti altri) a saper cogliere i riferimenti significativi all’interno della narrazione del Pcc, e il suo metodo influenza ancora oggi le analisi degli attuali esperti di Cina. Se tanti lo consideravano un punto di riferimento, però, altri lo criticavano. Salvo qualche eccezione, durante il suo lavoro Ladany non ha quasi mai presentato un ritratto lusinghiero della leadership del Pcc. È stato uno dei più scettici sulla “liberalizzazione” promessa da Deng Xiaoping, per esempio, e il suo cinismo lo ha reso un facile bersaglio per chi lo considerava un fervente anti-comunista, legato al Kuomintang e all’ambiente accademico di destra.
A essere criticati furono soprattutto i suoi libri, per via di qualche imprecisione e di una visione fin troppo pessimistica sul futuro della Cina e del Pcc. Ma quello di Ladany fu un lavoro prezioso e in larga parte accurato (tra le altre cose, fu tra i primi a stimare in modo realistico gli enormi danni del Grande Balzo in Avanti). Secondo l’analista Anthony Edwards, l’approccio di Ladany andrebbe riscoperto oggi, nel contesto di tensione tra la Repubblica popolare – ormai diventata una superpotenza – e gli Stati Uniti: «Se “osservi” bene la Cina, le relazioni migliorano», ha scritto su ChinaTalk.
Il problema di tanti media occidentali, sostiene Edwards, è la loro poca familiarità con le fonti originali del Partito in lingua cinese e la generale volontà di dare un taglio «non costruttivo» a qualunque notizia sulla Cina. Così c’è il rischio che i rapporti non in linea con le aspettative occidentali su Pechino vengano ritenuti nel migliore dei casi “propaganda” filo-cinese, nel peggiore una fake news. Si tratta dello stesso clima polarizzato presente all’epoca di Ladany, durante la guerra fredda: il gesuita fu il “primo China Watcher” anche perché erano anni in cui ogni studio strutturato sul comunismo veniva fortemente scoraggiato.
A oltre 40 anni dall’addio di Ladany a China News Analysis (la newsletter continuò fino al 1998, ma negli ultimi anni venne gestita da altri editori), il suo metodo resta più valido che mai. «Dobbiamo trattare i media del Pcc come faceva Ladany», conclude Edwards, «cioè come oggetto di un’analisi genuina e non come uno strumento utile a sostenere la narrazione a somma zero vigente in una dato momento [storico]». Oppure, per dirla alla Ladany, bisognerebbe leggere le fonti cinesi con «occhiali cinesi».
A cura di Francesco Mattogno