Il mercato delle case modulari fatica a partire in Regno Unito e Stati Uniti. Ma le aziende della Repubblica popolare, già paese leader nella fabbricazione di container merci, propongono alloggi prefabbricati dal design ultramoderno ed energicamente efficienti. E sbancano anche su Instagram. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano. Vai qui per scoprire tutte le puntate.
“Hello boss!”, saluta una signora cinese in un video, prima di procedere a presentare le caratteristiche del prodotto alle sue spalle. È una casa modulare prodotta dalla società Etong e in ogni videoclip, opportunamente sottotitolato in cinese e inglese, ne vengono presentati i dettagli, incluse le rifiniture ultra-moderne e i dispositivi smart. Scorrendo i contenuti della pagina Instagram @robert_etong, sembra chiaro che la strategia alla base è quella di accentuare l’accento cinese della signora, che rende il saluto iniziale più simile a un “halo baosi!” e che produce esiti già divenuti virali: “alumulemu”, per intendere alluminio, il materiale in cui sono fatte le case modulari, e “cut cut me”, con cui alla fine del reel si invita l’utente a contattare il profilo per conoscere i dettagli del prodotto.
Etong è su Instagram dallo scorso gennaio e conta vari profili, tra cui un altro che si affida al chinglish, un altro ancora (@stephaniesu_etong) che vanta 213 mila follower e quello che sembra il principale, @etongcapsulehouse, che offre ai suoi 177 mila follower brevi sketch partecipati da due persone, un uomo e una donna. I contenuti offrono suggerimenti su come personalizzare le unità abitative, che vanno dai 20 ai 45 mq, e convertirle secondo i proprio bisogni, ma assicurano anche la possibilità di abbattere i costi di spedizione: se nei video di un paio di mesi fa si evidenzia che l’unità modulare può essere inserita nel container per intero, i contenuti più recenti spiegano come sia possibile smontarla per ridurre i costi, alla luce delle clima teso nei mercati occidentali e delle misure restrittive di Usa e Ue contro l’export delle aziende cinesi.
La promozione di case modulari cinesi nei mercati occidentali non è un fatto nuovo. Circa un paio di anni fa si è iniziato a parlare di case prefabbricate disponibili sul sito di e-commerce Aliexpress anche a meno di 20 mila euro. Alloggi di questo genere sembrano poter offrire soluzioni a un duplice problema: crisi abitativa e crescente carenza di manodopera nel settore edile. Non a caso le autorità di Hong Kong, una delle città più costose al mondo e dove secondo le stime nel 2027 l’industria delle costruzioni soffrirà la mancanza di circa 40 mila lavoratori, intendono offrire maggiori incentivi al settore privato per incoraggiare lo sviluppo del metodo della “costruzione modulare integrata”, una tecnica introdotta solo nel 2018 che utilizza moduli pre-fabbricati per palazzi di grandi dimensioni.
Secondo gli osservatori e le agenzie di approvvigionamento, le case modulari rispondono a esigenze diverse dei consumatori, tra cui la scelta di abitazioni più efficienti dal punto di vista energetico. E se si intende intraprendere una scelta di questo tipo, guardare al mercato cinese risulta naturale: nel 2021, secondo il World Container Index della società di consulenza Drewry, le fabbriche della Repubblica popolare hanno prodotto il 96% dei container per merci secche e il 100% di quelli refrigerati.
Anche le cabine del Fan Village a Qatar 2022, costruito per offrire un alloggio economico (200 dollari a notte per uno spazio per due persone) ai tifosi in trasferta durante la Coppa del Mondo, sono state fabbricate in Cina.
Dai primi anni Duemila, le competenze cinesi si sono sviluppate anche per la necessità di far fronte alle crisi epidemiche (Sars, prima, Covid-19, poi), a cui Pechino ha risposto con la costruzione di ospedali prefabbricati per abbattere tempi e costi: quello a Wuhan, completato in 9 giorni, ha garantito mille posti letto per una superficie di 34 mila mq.
Se le stime relative al periodo marzo-agosto 2023 riportano che le spedizioni di case prefabbricate negli Stati Uniti hanno registrato un aumento continuo fino a toccare il +7% rispetto all’anno precedente, in generale nel mercato occidentale il settore fatica a decollare. Le società britanniche e statunitensi hanno sofferto varie battute d’arresto: a gennaio di quest’anno la Modoulus, azienda con sede a Londra, è stata messa in liquidazione dopo non essere riuscita a trovare un acquirente, e lo scorso anno altre due (Legal & General e Ilke Homes) hanno chiuso i battenti”. La statunitense Katerra ha presentato istanza di fallimento nel 2021.
Secondo quanto dichiarato a CNBC da Jonatan Pinkse del King’s College di Londra, il problema risiede nelle difficoltà di trarre profitti consistenti dal settore, che prevede che le imprese che si occupano di unità modulari debbano prima coprire in toto i costi di costruzione della fabbrica per container abitativi per poi avviare i progetti, riuscendo al contempo a trovare acquirenti per ripagare l’investimento. A ciò si aggiungono i crescenti costi dell’energia e il tiepido trend dei consumi a livello internazionale. Ad oggi, secondo le stime, Svezia e Giappone sono i leader nella fabbricazione di case-container.
In Cina le aziende più note operano già dai primi anni Duemila: La Henan K-Home, fondata nel 2007 e responsabile della produzione di circa il 70% di tutte le case prefabbricate venduta ad oggi nel paese, ma anche C.Box, nel Guangdong e TD Container, a Suzhou. L’interesse per questo genere di strutture, con rifiniture ultra moderne, sembra rispondere a tutta una serie di tendenze di mercato, come il crescente interesse per il turismo locale e naturalistico (il container munito di vetrate è perfetto per essere convertito in un Airbnb nei pressi di qualche villaggio del Sichuan).
In questo frangente una nuova società cinese, Vessel (che è arrivata su Instagram un mese prima del competitor Etong e che conquista gli oltre 770 mila follower con video muti che mostrano le azioni quotidiane svolte all’interno della casa container), fondata nel 2018, si sta espandendo all’estero.
Con stabilimenti già avviati in Giappone e Hawaii, entro la fine del 2024 Vessel prevede di iniziare la produzione in Messico: il nuovo impianto, per un investimento dal valore di 300 milioni di dollari, sarà costruito nella regione nord-orientale Nuevo León e dovrebbe garantire oltre 2 mila nuovi posti di lavoro.
Marchigiana, si è laureata con lode a “l’Orientale” di Napoli con una tesi di storia contemporanea sul caso Jasic. Ha collaborato con Il Manifesto, Valigia Blu e altre testate occupandosi di gig economy, mobilitazione dal basso e attivismo politico. Per China Files cura la rubrica “Gig-ology”, che racconta della precarizzazione del lavoro nel contesto asiatico.