Mentre si alza l’età media dei cinesi, sono ancora tante le sfide da affrontare nell’assistenza agli anziani, in un panorama fatto di incentivi ma anche di pressioni per le famiglie della “Nuova era”. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio di Milano. Qui per recuperare le altre puntate
Un uomo anziano che svolge esercizi di Taijiquan, ma anche una donna sulla settantina che si allena a ritmo di una canzone pop sparata a tutto volume da uno speaker, seguendo le indicazioni di un’istruttrice che mostra come muovere gambe e braccia. Sono due immagini che potrebbero essere facilmente evocate da chiunque sia stato in Cina, di passaggio o per un periodo più prolungato, quando si parla di anziani: persone in età senile che dedicano molto tempo all’attività fisica. Ma i dati offrono un prospettiva diversa e mostrano come la tendenza non sia omogenea.
Secondo uno studio internazionale sulle malattie cardiovascolari in Asia, un’ampia percentuale di residenti nelle zone rurali cinesi (78,1%) ha dichiarato di svolgere attività fisica per più di 30 minuti al giorno, a fronte del 21,8% degli abitanti delle aree urbane. Tra coloro che vivono in campagna e nei villaggi, il 75,8% ha riferito che il movimento motorio è legato al lavoro, mentre lo stesso accade solo per il 16,5% dei residenti di città. Ma anche la percentuale dei primi che partecipano ad attività motoria nel tempo libero è maggiore di quella dei residenti urbani: 28,9% contro 7,9%.
Una Cina sempre più anziana
Negli anni Ottanta l’aspettativa di vita in Cina era inferiore ai settant’anni. Nel 2050 supererà gli ottanta. L’invecchiamento della popolazione cinese è tra i più rapidi al mondo, con tassi di natalità che nel 2023 hanno raggiunto il minimo storico, facendo sì che la Repubblica popolare entrasse ufficialmente in una fase di inverno demografico simile a quello di altre economie avanzate come Italia e Giappone.
Entro il 2050, secondo i dati della Banca Mondiale, oltre il 40% della popolazione sarà composto da over 60. La Commissione sanitaria nazionale ha previsto che, entro il 2035, le persone di età pari o superiore a 60 anni aumenteranno da 280 milioni a oltre 400 milioni (pari alle popolazioni di Regno Unito e Usa messe insieme).
Ma chi si prenderà cura di questi anziani? Il Ministero delle Finanze ha dichiarato che 11 delle 31 giurisdizioni a livello provinciale sono già ad oggi in deficit sul bilancio pensionistico. L’Accademia statale cinese delle scienze, inoltre, ha avvertito che con le condizioni attuali il sistema pensionistico nazionale entrerà in recessione già nel 2035, a fronte di un crollo della popolazione lavorativa di 35 milioni già entro il 2025.
Pietà filiale e società moderna
Secondo i dati di un sondaggio pubblicato nel febbraio 2023 dal Centro di ricerca sulla popolazione e lo sviluppo, l’80% dell’assistenza quotidiana delle persone in età senile (il 71,2% del campione aveva più di 80 anni) è ancora affidata ai membri della famiglia. I servizi forniti dai servizi sociali e dagli istituti predisposti rappresentano solo il 5,3% e l’assistenza fornita da collaboratori pagati si attesta solo al 5,4%. Dati che, alla luce di una società che negli ultimi decenni ha subito profonde trasformazioni, aprono a nuove sfide per le istituzioni e la popolazione.
La società tradizionale cinese è stata a lungo rappresentata dalle “quattro generazioni sotto lo stesso tetto”. Dagli anziani della famiglia ai nuovi nati, ognuno ricopriva un ruolo preciso nell’ecosistema casalingo. Agli uomini adulti in salute spettava il mantenimento economico dei parenti prossimi, alle donne la cura della casa, agli anziani l’istruzione dei più giovani secondo i precetti della cultura confuciana. E proprio al pensiero confuciano appartiene uno dei valori fondanti della società tradizionale cinese: xiao, la pietà filiale. Lo stesso carattere (孝) ne spiega il significato: il simbolo della persona in età avanzata che si poggia su quello che indica il giovane. Dall’idea di pietà filiale deriva dunque l’imperativo morale di badare ai genitori quando invecchiano, sia nella cura quotidiana che dal punto di vista finanziario. Soprattutto quest’ultimo aspetto risulta tutt’altro che irrilevante, in un paese dove il sistema pensionistico è ancora in definizione.
Il welfare “informale”
Il fatto che ai figli spettasse il compito di sostenere economicamente i propri familiari anziani ha fatto sì che nella Cina moderna persistesse un sistema di welfare “informale” a sostegno delle fasce d’età più avanzata. Le trasformazioni che hanno rapidamente interessato la Repubblica popolare degli ultimi decenni, tra cui figurano la migrazione interna e la politica del figlio unico (1979-2015), ma anche la crescente instabilità lavorativa, hanno però stravolto le regole di questo “contratto morale” all’interno delle famiglie. Sono state in particolar modo le politiche di pianificazione familiare ad avere causato una sproporzione tra vecchie e nuove generazioni che pesa sempre di più sui bilanci personali e degli enti pubblici.
…e quello formale
A inizio 2023 il ministero delle Risorse Umane ha fatto sapere di stare studiando un “percorso progressivo, flessibile e differenziato per l’innalzamento dell’età pensionabile”. Ma ad oggi i requisiti anagrafici per andare in pensione richiesti da Pechino restano tra i più bassi al mondo: 60 anni per gli uomini, 55 per le donne che svolgono lavori da “colletto bianco” e 50 per quelle impiegate nelle fabbriche.
In base alla situazione attuale, i calcoli evidenziano come ogni pensionato sia sostenuto dai contributi di cinque lavoratori. Se non si invertirà la tendenza, si prevede che nel 2050 il loro numero si riduca a due. Senza contare che le attuali politiche sulle pensioni non permettono la piena autosufficienza dell’anziano. Uno studio condotto da ricercatori dell’Accademia cinese delle scienze sociali ha stimato che il fondo pensionistico dovrà affrontare un deficit di 100 trilioni di yuan tra il 2028 e il 2050.
Al complesso tema della gestione delle pensioni si aggiunge un sistema di welfare ancora insufficiente a tamponare la domanda presente e futura di assistenza agli anziani. Gli alloggi a prezzi calmierati, come anche le strutture di ricovero per le persone più fragili e gli incentivi per i caregiver, sono tra i servizi considerati necessari ma ancora presenti in numero esiguo nel paese.
Solitudine e abbandono
In alcune aree, come a Pechino, c’è chi denuncia un pericoloso calo delle strutture presenti. Zhou Hongjing, ex vicedirettore del Dipartimento per il benessere sociale dell’Ufficio comunale per gli affari civili, aveva segnalato già a novembre 2016 che il numero dei centri di assistenza agli anziani della capitale era crollato dagli iniziali 2000 a soli 70 . Tra le motivazioni addotte ci sarebbe “l’elevato rischio di contrarre infezioni” negli spazi pubblici, ma risultava già chiaro allora che l’aspetto finanziario fosse una delle principali problematiche. Chen Meng, fondatore di un centro per anziani a Huilongguan, nel quartiere di Changping, ha raccontato al sito d’informazione Health che “gli anziani che sono in grado di prendersi cura di sé, sono generalmente meno disposti a spendere soldi all’esterno. E la famiglia trova più conveniente assumere un’assistente domestico.” “I servizi agli anziani devono innanzitutto chiarire l’oggetto del servizio che offrono”, ha aggiunto: “Le esigenze di queste persone possono essere molto diverse.”
“In questa zona non c’è molta lealtà familiare”, ha detto alla Bbc l’81enne Neng Qing, monaca a capo del tempio di Ji Xiang, nel Fujian. “Gli anziani soffrono davvero. In un villaggio qua vicino, c’era un signore che aveva otto figli. Ogni mattina faceva visita a ognuna delle loro famiglie, ma nessuno lo invitava a fare colazione. Quando siamo stati contattati era troppo tardi: l’uomo si era suicidato”. Neng Qing da tempo ha trasformato il tempio in una residenza per anziani “abbandonati”: persone che non godono di sufficienti ammortizzatori sociali e, per diverse ragioni, hanno perso i contatti con i propri famigliari.
Dall’altro lato, c’è chi si organizza a casa. Lo stato cinese ha, di fatto, creato degli strumenti legali per vincolare i figli al mantenimento dei genitori anziani: negli anni Ottanta, ad esempio, sono nati i primi esperimenti degli Accordi di sostegno alla famiglia (FSA), contratti su base volontaria stipulati tra genitori e figli per aiutare a prevenire l’abbandono degli anziani e monitorati dalle autorità locali.. Una risposta che, tuttavia, ha come risultato l’aumento della pressione sui figli, in particolare sulle donne della famiglia. L’alternativa più comune rimane, come nel caso della cura dei più piccoli, quella di affidarsi a badanti conviventi, sebbene non manchino le storie di abusi e sfruttamento a danni di caregiver con profilo migratorio.
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.