È il gioco da tavolo con il più alto numero di combinazioni al mondo, tanto da mettere alla prova anche le intelligenze artificiali. E in passato è stato fondamentale per l’educazione dei nobili cinesi al pari dell’arte della guerra. “Dialoghi: Confucio e China Files” è una rubrica in collaborazione tra China Files e l’Istituto Confucio dell’Università degli Studi di Milano. Clicca qui per le altre puntate
“Il nostro gioco intellettuale sono gli scacchi. Gli scacchi riguardano la vittoria o la sconfitta. Qualcuno vince. […] Tutti i pezzi sono sempre davanti a te, quindi puoi calcolare chiaramente il livello di rischio“, diceva il noto diplomatico Henry Kissinger in un’intervista per CNN dedicata alla politica estera cinese. Nel weiqi (围棋, anche noto come go), invece, “i pezzi non sono tutti sulla scacchiera e il tuo avversario è sempre in grado di introdurne di nuovi”. Pertanto, continuava la spiegazione di Kissinger, “l’obiettivo non è tanto la vittoria quanto il progresso strategico“.
Il weiqi è un gioco da tavolo dove l’obiettivo è l’accerchiamento dell’avversario. Si gioca su una scacchiera chiamata qipan (棋盘, anche nota come goban) dove vengono posizionate – per poi non poter essere più spostate – le pedine bianche o nere, dette anche “pietre”. In cinese le si chiama semplicemente “pedine nere” (黑棋 hei qi) e “pedine bianche” (白棋 bai qi).
Il wei qi nella cultura cinese
Quattro sono le arti (四艺 siyi) che il “gentiluomo” (君子 junzi) cinese doveva essere in grado di padroneggiare: la calligrafia, il guqin (il tradizionale strumento a corde suonato orizzontalmente), la pittura e il gioco del weiqi. Mentre gli scacchi cinesi (象棋 xiangqi) sono tradizionalmente considerati “il gioco del popolo”, la complessa arte del gioco del weiqi veniva pertanto associata alla formazione della futura classe dirigente cinese.
Del weiqi si dice che sia il più antico gioco da tavolo complesso mai realizzato nella storia, tanto che si associa la sua invenzione al leggendario imperatore Yao (2337-2258 a.C.). Quest’ultimo lo avrebbe creato per insegnare al figlio, particolarmente “ribelle”, l’importanza dell’equilibrio, della concentrazione e della disciplina nella gestione del paese e nella pianificazione delle battaglie. L’elemento bellico è preponderante in un’altra delle narrazioni intorno all’invenzione del weiqi: i generali avrebbero utilizzato qualcosa di simile per pianificare gli attacchi militari.
Il primo vero trattato sul wei qi risale alla metà dell’anno Mille, ma già durante la dinastia Sui (581-618 d.C.) il gioco prende la sua forma definitiva: una scacchiera di 19×19 linee, per un totale di 361 intersezioni. Il numero delle pedine è virtualmente illimitato, ma date le intersezioni possibili un set di weiqi comprende 180 pedine nere e 181 pedine bianche. Vince chi occupa la maggior parte delle intersezioni “libere” (non accerchiate completamente dall’avversario) sul goban. È fondamentale non ripetere una mossa che possa riportare alla situazione iniziale (regola del ko, dal giapponese “eternità”) per evitare di cadere nella stessa sequenza all’infinito.
Strategia di guerra e filosofia
Il weiqi viene citato in alcuni passaggi dei Dialoghi di Confucio (datati intorno al III secolo a.C.) e negli scritti di Mencio. La capacità di saper posizionare le pedine sulla scacchiera in un’infinita serie di possibili combinazioni è da sempre stata associata alla strategia militare, che nel pensiero cinese fonda le sue basi sugli scritti di Sun Tzu. Un tipo di logica che riecheggia nel corso della storia ed è peculiare dell’approccio cinese al conflitto: la costante preparazione allo scontro al punto da poterne già prevedere la conclusione e dunque la battaglia come “ratifica” di una situazione che era già stata predisposta in partenza. Il gioco del weiqi si è diffuso presto anche in Corea e Giappone, dove potrebbe aver preso piede già prima dell’anno Zero adattandosi ad alcune strategie peculiari delle due culture.
La tattica dell’accerchiamento del weiqi paragonata al confronto diretto degli scacchi è da tempo uno dei grandi temi affrontati da diplomatici, ricercatori, sociologi e filosofi quando si parla delle differenze culturali tra Oriente e Occidente. Nel suo libro “Sulla Cina”, Henry Kissinger ha spesso utilizzato la metafora del weiqi per spiegare alcune delle grandi crisi della politica estera cinese. Durante la guerra di Corea, per esempio, l’invio di truppe e navi tra Corea del Sud e Taiwan appariva “agli occhi dei cinesi” come se gli Usa avessero “piazzato due pietre sulla tavola del weiqi, che minacciavano entrambe la Cina con il temuto accerchiamento”.
Le citazioni di Kissinger non sono nuove, ma si appoggiano all’analisi di David Lai, professore presso l’Army War College. Diversamente dagli scacchi, nel weiqi occorre bilanciare la necessità di espandersi con la necessità di costruire dei cluster protetti. Il ragionamento è a lungo termine, così come a lungo termine sarebbe l’approccio della Repubblica popolare agli affari esteri: qui l’avvicinamento ad alcune aree del mondo permette la creazione di una rete “utile” all’interesse nazionale e alla resilienza alle crisi data dalla molteplicità di postazioni.
Weiqi e IA
In un’intervista il segretario generale della China Go Association, Hua Yigang, aveva dichiarato che “solo chi ha un certo grado di istruzione può avvicinarsi a questo gioco, perché è molto complicato. Ha troppe varianti di gioco e richiede un sacco di calcoli”. Non per niente la complessità del weiqi è oggi un vero e proprio dilemma matematico. Non sono pochi gli studiosi che si sono cimentati nell’analisi delle basi logiche del weiqi da quando si possono simulare e identificare dei modelli matematici attraverso l’utilizzo dei computer.
L’ultimo caso che ha riacceso l’interesse sul tema risale al 2016, quando l’intelligenza artificiale di Google – DeepMind AlphaGo – ha sconfitto il campione mondiale Lee Sedol. Un evento epocale per molti, che ha ricordato la celebre partita a scacchi tra Garry Kasparov nel 1997 e Deep Blue di IBM. Nel 2017 il team ha ripetuto l’esperimento, portando alla sconfitta 3 a 0 dell’allora campione mondiale Ke Jie. Ma, a differenza degli scacchi, rimane possibilmente infinita la probabilità per gli esseri umani di battere l’intelligenza artificiale adottando nuove strategie e adattandosi alle dinamiche del gioco.
Diversamente dagli scacchi, il numero di posizioni possibili del weiqi è stimato a cifre inimmaginabili. Il paragone più utilizzato? Un numero di variabili molto più alto del numero di atomi nell’intero universo osservabile. Per questa ragione l’essere umano rimarrebbe ancora in vantaggio rispetto alla macchina perché capace di ragionare con la consapevolezza di stare partecipando ad un gioco dove viene richiesta la massima capacità di adattamento. Al contrario, l’intelligenza artificiale può replicare le variabili “imparate” durante centinaia di sessioni di allenamento del suo algoritmo. Ma una cosa, secondo i ricercatori che hanno seguito l’esperimento, è certa: prima che l’IA battesse i campioni umani di weiqi, il livello di qualità delle decisioni umane era rimasto piuttosto uniforme per 66 anni. Dopo l’esperimento, i punteggi sulla qualità delle decisioni hanno ricominciato a salire.
Formazione in Lingua e letteratura cinese e specializzazione in scienze internazionali, scrive di temi ambientali per China Files con la rubrica “Sustainalytics”. Collabora con diverse testate ed emittenti radio, occupandosi soprattutto di energia e sostenibilità ambientale.