Black Myth: Wukong è il gioco migliore del 2024. Un titolo cinese alla conquista dell’Occidente, così come il suo protagonista, il re scimmiotto del classico della tradizione cinese. Dialoghi – Confucio e China Files è una rubrica in collaborazione con l’Istituto Confucio di Milano.
di Lucrezia Goldin
Da scommessa dell’indie a fenomeno globale. È la parabola di Black Myth:Wukong, il videogioco cinese della Games Science che ha travolto il mercato videoludico internazionale diventando il più giocato del 2024. Con il suo stile da classico Gioco di ruolo (Gdr, Rpg in inglese) che affonda le radici nella mitologia cinese, Black Myth:Wukong è il primo blockbuster Made in China e il suo successo ha stimolato l’orgoglio nazionale dei gamer cinesi. Ma non solo. Dalla popolarità del videogioco si è passati alla “mania da Wukong”, con milioni di giocatori di utenti tra gamer e non che hanno rivisitato la cultura cinese attraverso il videogames e la popolarità che ha raggiunto sui social media di tutto il mondo. Tratto dal classico letterario Viaggio in Occidente, i richiami alla tradizione classica in Cina contenuti in Black Myth:Wukong hanno conquistato gli appassionati di fantasy e i veterani dell’industria videoludica anche al di fuori della Repubblica popolare cinese, provando per la prima volta che le narrazioni cinesi non devono necessariamente rimanere confinate in Asia, ma che possono funzionare anche per un pubblico internazionale.
Black Myth: Wukong, il gioco dei record
Non è la prima volta che un videogioco dal setting asiatico conquista lo sguardo occidentale. Si tratta della prima volta, però, che tale conquista arriva direttamente dalla Cina per la Cina prima e per il resto del mondo poi. Così Black Myth: Wukong ha rotto ogni barriera, da quelle commerciali a quelle culturali, portando in auge un classico 100% Made in China.
Gioco d’azione per giocatore singolo ispirato al romanzo classico cinese del XVI secolo Viaggio in Occidente, Black Myth: Wukong ha per protagonista Sun Wukong, il re scimmiotto che volando su una nuvoletta (lo stesso personaggio che ha ispirato il Goku di Dragonball) intraprende un viaggio epico per recuperare reliquie perdute. Nel videogame il giocatore assume le sembianze del “prescelto”, scimmia antropomorfa dai poteri sovrannaturali da mutaforma e con tecniche di combattimento strabilianti, per imbarcarsi in missioni standard in un ambientazione semi-open world e con una struttura classica con boss finale per ogni fase.
Dal suo lancio lo scorso agosto, Black Myth: Wukong ha battuto un record dopo l’altro come gioco per PC (non multiplayer) con il maggior numero di persone online intente a provarlo sulla piattaforma di gaming e vendita di videogiochi Steam, con 18 milioni di copie vendute solo nelle prime due settimane dalla sua uscita. Uno dei record di vendita più rapidi di tutta l’industria videoludica globale. A ottobre 2024 gli incassi per il gioco, sia su PC che per console, hanno superato gli 800 milioni di dollari e ogni giocatore ha registrato una media di 27 ore di gioco (ndr: si tratta di un tempo nella media, considerato che un titolo single player classico può contare dalle 20 alle 40 ore di gioco). Se dal punto di vista grafico è sato descritto come uno dei migliori giochi dell’anno dal punto di vista grafico, sotto il profilo dello storytelling, nonostante i riferimenti al testo classico e easter eggs sparsi un po’ ovunque, la trama è risultata accessibile anche ai novizi della sinologia che siano però innamorati del fantasy e game design appagante.
Black Myth: Wukong, il successo dentro e fuori la Cina
“Una lettera d’amore ai giocatori cinesi”. Così un utente sui social della Rpc ha voluto descrivere il titolo dell’anno. E in effetti oltre alla grafica accattivante quello che ha più esaltato i giocatori è stato vedere un gioco di primo livello con alla base un racconto della tradizione classica cinese. D’altronde, il “soft power” inteso come influenza culturale al di fuori dei confini nazionali è ancora debole in Cina, superato in Asia dall’onda coreana, la K-wave, che ha invece conquistato su più fronti. Ma se c’è uno spazio da cui la cultura cinese può però ripartire nel mondo, spogliata del carico politico di cui è solitamente circondata, è proprio quello dei videogiochi. Oltre a Black Myth, Wukong, l’influenza commerciale cinese nel settore tech aveva potuto infiltrarsi nelle crepe di grandi titoli come League of Legends, sviluppato da Riot Games, passata alla proprietà della cinese Tencent nel 2015 e dando vita al giocatissimo Genshin Impact. Ma mai con queste cifre.
Grazie al titolo della Games Science, i giocatori di tutto il mondo hanno riscoperto un pezzo della tradizione classica cinese, opportunamente commercializzata a colpi di gadget e marketing oculato. Non solo miniature e merchandising ufficiale, la mania di Wukong si è propagata in tutto il mondo arrivando anche in Italia. A Milano, per esempio, poco dopo l’uscita del gioco è comparso un enorme murales raffigurante Sun Wukong in via Paolo Sarpi, la Chinatown milanese. In un mercato videoludico dominato da narrazioni prettamente occidentali anche nel fantasy, avere la propria “pietra miliare del settore” come è stato descritto il gioco nelle riviste di settore, non è cosa da poco. Non si tratta dunque di semplice nazionalismo, ma di un orgoglio culturale che ha visto nella popolarità del gioco una forma di riscatto per tutti i nerd della Cina (e non solo).
La rivincita dei nerd tra fondi e architettura
Gran parte del successo di Black Myth: Wukong deriva anche dalla riproduzione fedele dell’antica architettura cinese. Ben 36 monumenti storici cinesi Cina, tra cui il tempio sospeso e il tempio dell’imperatore di giada sono stati riprodotti fino al minimo dettaglio grazie alla trasposizione virtuale tramite scansione 3D avanzata. L’immagine del drago iper-jin, tra le più iconiche del gioco, proviene per esempio dalle 28 costellazioni stellari rappresentante nel tempio dell’imperatore di giada, mentre altre sculture di pietra sono state replicate fedelmente da monili esistenti in Cina.
Tra le ragioni più strettamente pragmatiche invece, lo scenario videoludico del 2024, scarno di titoli esaltanti e di produzioni di lunga data pronte per l’uscita, combinata con la recente scomparsa del disegnatore di Dragonball, Akira Toriyama, che ha riportato in auge l’iconografia dello scimmiotto, la strada per Black Myth: Wukong era decisamente spianata.
Oltre alla grafica mozzafiato e alla trama appassionante, il gioco ha fatto breccia nei cuori dei gamers internazionali per le sue umili radici. Nato come un progetto indipendente e squattrinato, lo sviluppo del gioco ha richiesto diversi anni prima di trovare il successo internazionale. La casa madre, è la Game science, uno sviluppatore di giochi indie senza enormi capitali alle spalle e nata con poco più di 100 dipendenti. Tra di loro, i veri eroi dei giocatori sono quattro ex lavoratori del colosso Tencent, che delusi dal focus esclusivo dell’azienda sui giochi per cellulare (meno costosi e più remunerativi) che avevano invece trascurato la crescita dei giochi per PC, avevano lasciato l’azienda per cimentarsi in progetti ambiziosi come Wukong. È la narrazione dell’underdog che vince nonostante le difficoltà. Big tech contro start-up indie. Mobile contro PC. Wukong contro tutti.
Giornalista praticante, laureata in Chinese Studies alla Leiden University. Scrive per il FattoQuotidiano.it, Fanpage e Il Manifesto. Si occupa di nazionalismo popolare e cyber governance si interessa anche di cinema e identità culturale. Nel 2017 è stata assistente alla ricerca per il progetto “Chinamen: un secolo di cinesi a Milano”. Dopo aver trascorso gli ultimi tre anni tra Repubblica Popolare Cinese e Paesi Bassi, ora scrive di Cina e cura per China Files la rubrica “Weibo Leaks: storie dal web cinese”.