A pochi giorni dall’inizio del XX Congresso del partito comunista cinese (pcc) continuano a spuntare indiscrezioni, pronostici, rumors e perfino fake news. Da ultima la notizia – definitivamente smentita martedì – del presunto arresto di Xi Jinping in seguito a un colpo di stato. Ma che aria tira veramente a Zhongnanhai, il Cremlino cinese? Lo abbiamo chiesto a Deng Yuwen, ex vicedirettore dello Study Times, la rivista della Scuola centrale del pcc, l’istituto presso cui si forma l’establishment cinese. Deng è stato sospeso dal suo ruolo nel 2013 in seguito ad un articolo molto critico nei confronti dei rapporti tra Pechino e la Corea del Nord. Oggi il giornalista insegna all’University of Nottingham, dove è visiting scholar presso l’Institute of China Policy.
Come pensa sia cambiato il partito comunista cinese dall’arrivo di Xi Jinping. In un discusso articolo comparso su Foreign Policy a firma di Cai Xia, ex docente della Scuola centrale del pcc, il pcc agisce con impunità e va compreso più come un’organizzazione mafiosa che un partito vero e proprio. E’ d’accordo?
Durante il regno di Xi, il pcc ha subito grandi cambiamenti. Il più importante è che la leadership del PCC è passata dall’essere una leadership collettiva, come in passato, a una leadership unipersonale. Ma non sono d’accordo con l’affermazione di Cai Xia, secondo cui il pcc è più simile a una cosca mafiosa. Sebbene ora tutto risponda agli ordini di Xi, il presidente presta ancora grande attenzione alla costruzione di regole e regolamenti all’interno del partito. Quindi, anzi, direi che oggi più di ieri il pcc sembra avere la forma di un partito politico moderno.
Nel 2012, scrisse per la rivista Caijing una critica feroce contro l’amministrazione Hu Jintao – Wen Jiabao, evidenziando dieci problemi non risolti, dalle mancate riforme economiche al gap tra aree rurali e urbane. Alla luce del decennio successivo sotto Xi ha rivalutato qualcosa del periodo precedente?
Si tratta di due periodi molto diversi. Anche se oggettivamente la situazione è in peggioramento con Xi (soprattutto per quanto riguarda i diritti umani), non rivaluterò i dieci anni di Hu e Wen. Le mie conclusioni restano le stesse del passato.
Molti esperti ritengono che Xi sia stato posto alla guida del partito nel 2012 perché era necessaria una figura forte in grado di curare le debolezze emerse negli ultimi anni, a partire dalla corruzione dilagante. Cai scrive che ora i sostenitori di Xi giustificano un prolungamento della sua leadership per portare a termine la “grande rinascita della nazione” entro il 2049. In un certo senso aver stabilito obiettivi di lungo periodo fornisce un espediente per restare al potere. E’ d’accordo con questa analisi?
Xi è stato davvero messo al timone del partito perché la debolezza emersa durante l’era Hu-Wen ha fatto credere ai vertici del pcc che fosse necessario un leader forte. Ma la teoria che Xi è la persona giusta al momento giusto è solo propaganda del partito. Forse la pensano così i discendenti diretti di Xi, ma la maggior parte dei funzionari del pcc no.
Negli ultimi giorni sono state annunciate sentenze durissime nei confronti di vari funzionari della sicurezza pubblica. Sembra che Xi abbia messo fuori gioco i suoi principali oppositori politici. Chi o cosa potrebbe ora minacciare il suo potere?
Fondamentalmente si può dire che Xi davvero è riuscito nell’intento. A questo punto non sono gli altri a minacciare lo status di Xi, è lui stesso il maggior pericolo. A mio avviso Xi deve stare attento a non commettere gravi errori.
Pensa che i rischi maggiori provengano dalla situazione interna o dal contesto internazionale?
La situazione interna – sia economica che politica – mi sembra più preoccupante del contesto internazionale.
Nonostante negli ultimi anni Xi l’abbia depotenziata per far posto ai propri alleati, la Lega della Gioventù Comunista potrebbe vedere uno dei suoi membri conservare il ruolo di primo ministro. Nel caso, come previsto dai pronostici, l’incarico venisse affidato ai vicepremier Hu Chunhua o Wang Yang (entrambi cresciuti politicamente nella Lega) cosa pensa abbia inciso di più? Le capacità dei due funzionari o la necessità di trovare un compromesso politico?
Il fatto che Wang Yang o Hu Chunhua diventino primi ministri non è direttamente correlato al fatto che siano nati nella Lega della Gioventù Comunista. In termini di sistema organizzativo, la Lega della Gioventù Comunista è la forza di riserva del partito; questo non significa che i quadri cresciuti nella Lega verranno sicuramente riutilizzati. Se Wang Yang o Hu Chunhua otterranno l’incarico, sarà grazie alle loro attuali posizioni e qualifiche. Non ritengo che una loro promozione vada interpretata come il risultato di un compromesso politico da parte di Xi.
Secondo diversi sondaggi, il partito gode di un tasso di approvazione popolare altissimo, intorno al 90%. Questo sembrerebbe indicare che il “contratto sociale” stipulato informalmente con la popolazione dopo il massacro di Tiananmen non è stato intaccato dal rallentamento dell’economia cinese. C’è chi ritiene semplicemente che i termini di quel contratto siano cambiati: oggi che il partito non può più assicurare una crescita a due cifre è la capacità di assicurare la sicurezza personale dei cittadini il vero punto di forza della leadership di Xi.
Sebbene il sondaggio mostra che la soddisfazione delle persone nei confronti del governo centrale è molto alta, in realtà nell’ambiente politico cinese il governo centrale non è rappresentato da Xi Jinping. Questo perché la gente comune erroneamente attribuisce determinate politiche buone o cattive a Pechino quando in realtà sono i funzionari a livello di base che le attuano. Pertanto, una persona che si identifica con il governo centrale in realtà non si identifica necessariamente con Xi Jinping. Il pubblico ha una valutazione bipolare del presidente.
Pensa che aver finora tacitamente difeso l’invasione russa dell’Ucraina abbia minato la credibilità di Xi?
La risposta a questa domanda dipende dal punto di vista e dagli interessi presi in considerazione. In realtà la maggioranza dei cinesi vuole sostenere Putin, quindi appoggiare la Russia non minerà la legittimità di Xi, almeno non tra i cittadini.
E all’interno del partito?
Certamente molti funzionari non sono d’accordo, e questo ci ricorda che il partito comunista cinese non è un monolite come viene spesso descritto. Detto ciò non credo che la mancata coesione riguardo alla Russia sia un elemento in grado di far perdere a Xi il controllo.
La Cina è praticamente l’unico paese ad essere ancora chiuso dall’inizio della pandemia. Pensa che Pechino stia strumentalizzando le forti restrizioni sanitarie e il tracciamento per aumentare il controllo sulla popolazione? Secondo lei, possiamo sperare in un allentamento delle misure dopo il Congresso?
Il principale scopo della politica “Zero Covid” non è quello di rafforzare il controllo sociale. E’ tuttavia un dato di fatto che come conseguenza questa strategia porterà a un controllo sociale anche maggiore. Se le misure saranno allentate dopo il 20° Congresso Nazionale del partito dipende però principalmente dalla situazione dell’economia e dall’andamento dell’epidemia stessa. Il fattore politico penso sinceramente sia secondario.
Di Alessandra Colarizi
[Pubblicato in forma estesa su Esquire]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.