Riforma dello Stato di diritto e dura repressione della corruzione. Come fanno a stare insieme? Per ora non lo sappiamo ma intanto, nel giro di vite contro il malaffare e nella lotta al terrorismo in Xinjiang, si fa ricorso a una pratica vecchia come la galera: la delazione. Aggiornata al passo con i tempi. Gli informatori che denunciano episodi di corruzione e altri atti illeciti riceveranno protezione giuridica contro le rappresaglie. Nell’ambito della grande lotta anticorruzione che per il presidente Xi Jinping è essenziale alla sopravvivenza del Partito comunista, la Suprema Procura del Popolo ha dichiarato sul suo sito web che i diritti degli informatori saranno per la prima volta protetti attraverso nuove norme.
“Qualora l’ufficio del pubblico ministero riceva un rapporto di denuncia da parte di qualcuno che dia il suo vero nome – recita il comunicato – è tenuto a valutare i rischi connessi alla denuncia e a elaborare piani di protezione per gli informatori, se necessario, per prevenire atti di ritorsione”.
Siamo sulla scia del quarto plenum, che almeno a livello intenzionale ha dichiarato che verrà rafforzata l’indipendenza e la professionalità della magistratura, dando ai giudici più autonomia rispetto alle interferenze dei governi locali.
Come quello amministrativo, in Cina il sistema giudiziario è piramidale. Sotto la Corte Suprema del Popolo (Csp) ci sono via via le corti di livello intermedio e di base. Queste, sono spesso condizionate dai governi locali. Nella riforma in corso d’opera, i giudici non saranno più di nomina politica e alcune competenze saranno sottratte ai tribunali locali e trasferite a corti di più alto livello proprio per impedire le pressioni politiche.
Paradossalmente, questo progetto di rule of law secondo caratteristiche cinesi – che molti si sono affrettati a definire "rule by law" – si sposa perfettamente con la discrezionalità “parallela” della Commissione di Ispezione e Disciplina: limita infatti il potere dei funzionari locali ma non impedisce di perseguirli extra-giudizialmente.
Il sistema si chiama shuanggui ed è lo specifico procedimento penale che riguarda i membri del Partito. La tessera, che spesso offre parecchi benefici, in questo caso uno non vorrebbe averla mai avuta. Lo shuanggui consente infatti di punire al di fuori delle normali garanzie di legge. Sono ormai di pubblico dominio i casi di funzionari finiti in disgrazia e non solo detenuti senza processo, ma anche torturati da inquirenti (o inquisitori) fin troppo zelanti.
La Commissione di Ispezione e Disciplina è l’organo che sovrintende l’intero processo e, da quando il presidente Xi Jinping si è insediato a fine 2012, i funzionari passati per le sue grinfie sono centinaia. Giusto ieri, Wang Qishan, il grande fustigatore a capo della Commissione, ci ha tenuto a far sapere che la campagna anticorruzione “non finirà mai”, mentre l’agenzia Nuova Cina usciva con un editoriale che spiegava come le nuove linee guida elaborate al plenum sanciranno “la fine del guanxi”, cioè il sistema delle relazioni interpersonali su cui si basa ogni aspetto della vita sociale ed economica cinese.
A corollario, i tribunali cinesi hanno recentemente lanciato appositi siti web per raccogliere dai cittadini soffiate sulle condotte illecite dei funzionari stessi. È la delazione istituzionalizzata e 2.0.
Questa misura è ritenuta necessaria per dare ancora più impulso alla grande campagna anticorruzione che vuole estirpare, o quanto meno limitare, il fenomeno che allontana sempre più il Partito dai cuori della gente comune.
I tribunali di livello inferiore si sono dotati di siti web che, secondo Xinhua, sono già collegati quelli gestiti dalla Csp e dalle corti maggiori.
Chi volesse segnalare qualche irregolarità, deve collegarsi al sito della Csp che poi lo smista ai livelli inferiori. Le autorità dichiarano che ogni “soffiata” sarà presa sul serio “per stabilire l’autorità della legge e la credibilità giudiziaria”, il che potrebbe provocare abusi e un enorme Stato di polizia diffuso, ma la presunzione di innocenza appare secondaria di fronte alle varie emergenze che costellano lo sviluppo rapido ma caotico della Cina e che rischiano di divenire esplosive.
L’esempio è che la delazione è non solo promossa ma anche retribuita nel caso di un’altra emergenza: il terrorismo in Xinjiang.
Le autorità della Regione Autonoma hanno infatti stanziato oltre 300 milioni di yuan (circa 36 milioni di euro) per premi in denaro destinati a chi ha contribuito all’arresto di sospetti terroristi. A inizio agosto, oltre diecimila persone hanno partecipato a una cerimonia di premiazione in cui sono state assegnate le prime ricompense. Si è svolta nella prefettura di Hotan, una delle più colpite dalle recenti violenze. Sei “bravi cittadini” si sono messi in tasca 100mila yuan (12mila euro) a testa.