Era il 1941 quando, per la prima volta, Isaac Asimov accennò all’idea di sfruttare l’energia solare nello spazio in uno dei suoi racconti fantascientifici. Un’idea che dalla fine degli ’60 è oggetto di studio di ingegneri e scienziati, e che ora più che mai, spinta da una crescente domanda di energia rinnovabile, torna in auge.
I riflettori sono puntati su un’area di 20.000 metri quadrati nel distretto di Bishan, situato nella municipalità di Chongqing, nel sud-ovest della Cina. È qui che tre anni fa, a causa di timori legati a costi, fattibilità e sicurezza, fu interrotta la costruzione della struttura di prova del programma nazionale di energia solare spaziale. Ed è qui che, da giugno 2021, i lavori sono ripartiti, questa volta con una scadenza stretta e imminente: la fine dell’anno.
In base ai piani, Chongqing ospiterà la prima struttura sperimentale del paese che consentirà di testare tecnologie rivoluzionarie per l’irradiamento di energia su vaste distanze. Di fatto, il progetto spaziale cinese prevede un satellite situato a un’altitudine di quasi 36.000 km, in posizione “geostazionaria”, cioè stazionaria sopra un punto specifico della Terra. Il satellite avrà la funzione di catturare energia solare e trasmetterla sotto forma di microonde o laser sulla Terra, dove avverrà la riconversione in elettricità. Ed è qui che entra in gioco Chongqing, con la sua struttura recettiva, mirata a intercettare e incamerare costantemente l’energia inviata dal satellite.
La fornitura di energia avverrebbe infatti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e non verrebbe influenzata dal maltempo o dall’oscurità notturna. Ciò perché un impianto solare geostazionario può evitare l’ombra della Terra ed avere un’esposizione al Sole per 24 ore al giorno, diversamente rispetto a quanto avviene per un normale impianto terrestre. La trasmissione di energia sottoforma di microonde ad alta frequenza, inoltre, permette di ridurre al minimo (2%) la dispersione di energia nell’atmosfera, che normalmente riflette o assorbe circa la metà dell’energia proveniente dal Sole.
Trattasi di un progetto che fornirebbe energia rinnovabile su larga scala e che aiuterebbe a contrastare la scarsità di risorse energetiche. Tuttavia, in un articolo pubblicato a maggio sul sito web dell’Accademia Cinese delle Scienze, il professor Ge Changchun, uno scienziato capo del programma nazionale di impianti solari spaziali, ha affermato che il progetto ha incontrato molta opposizione negli ultimi anni. Un reale sostegno è arrivato solo dopo che il governo ha annunciato il suo obiettivo di raggiungere la neutralità carbonica entro il 2060 e ciò perché – spiega Ge – la maggior parte delle nuove fonti di energia, come il solare e l’eolico, non sono stabili. Altre opzioni, come la tecnologia a fusione nucleare, restano ancora tecnicamente incerte, per cui un sistema di energia solare spaziale si qualifica come una scelta strategica.
A fare pressione è anche la prospettiva che se a farlo non sarà la Cina, gli Stati Uniti, il Giappone o altri paesi sviluppati potrebbero aggiudicarsi tale primato tecnologico, con risvolti sia in ambito civile che militare. Non è un caso che, secondo le informazioni pubblicamente disponibili, il sito di test di Bishan sarà una struttura a duplice uso per ricercatori militari e civili. Tale tecnologia, di fatto, stimolerebbe a sua volta un’ampia gamma di tecnologie all’avanguardia, tra cui razzi superpesanti e aerei spaziali ipersonici per trasporto a basso costo, e contribuirebbe alla costruzione di enormi infrastrutture orbitali, all’ alimentazione dei droni e allo sviluppo di armi a energia diretta.
In conclusione, ottenere energia dal Sole e trasmetterla sulla Terra utilizzando infrastrutture in orbita è stata a lungo considerata fantascienza, ma il governo cinese è pronto a passare dalla fantasia all’azione: secondo i piani, Pechino installerà una stazione di energia solare da 1 megawatt nello spazio entro il 2030, e entro il 2049, quando la Repubblica Popolare Cinese celebrerà il suo centenario, la capacità di potenza totale dell’impianto, o di eventuali molteplici impianti, aumenterà fino a 1 giga.
Laureata in Relazioni e Istituzioni dell’Asia e dell’Africa, con specializzazione sulla Cina, presso l’Università L’Orientale di Napoli. Appassionata di relazioni internazionali e diplomazia scientifica, Fabrizia lavora a progetti di internazionalizzazione per startup e PMI di ambito scientifico-tecnologico. Ama viaggiare, scrivere e sperimentare le chinoiseries più stravaganti.