Dopo le proteste in Kashmir, ora anche la polveriera del Gujarat si riaccende portando migliaia di persone per le strade, in risposta all’ennesimo episodio di violenza di matrice castale perpetrato da un gruppo di estremisti hindu contro una famiglia dalit, colta in flagrante mentre scuoiavano la carcassa di una mucca. Operazione «impura» che, secondo i precetti hindu, toccherebbe proprio agli ultimi tra gli ultimi del sistema castale indiano.L’episodio risale all’11 luglio scorso, quando un gruppo di autoproclamati gau rakhshaks («difensori delle mucche» organizzati in squadre di stampo parafascista) ha attaccato una famiglia dalit nei pressi di Una, nello stato del Gujarat. La famiglia stava scuoiando una carcassa di mucca, attività tradizionalmente riservata proprio ai dalit in quanto considerata «impura» dai precetti hindu (lo è maneggiare cadaveri e rifiuti corporei). Il gruppetto ha attaccato la famiglia con bastoni e spranghe di ferro, per poi legarli a un’auto spogliandoli delle proprie magliette e condurli per le strade della cittadina, malmenandoli pubblicamente. Qui il video.
Come di consueto, le bravate dei picchiatori ultrainduisti sono state diffuse sui social network dagli stessi gruppi estremisti, a dimostrazione della bontà e genuinità della propria opera. Ma questa volta la reazione è stata diversa.
Nei giorni seguenti, in tutto il Gujarat, folle di dalit sono scese in strada a protestare contro l’ennesimo attacco contro la comunità, bersagliata in tutta l’India da attivisti appartenenti alle sigle estremiste hindu vicine al partito di governo Bharatiya Janata Party (Bjp).
All’inazione delle autorità statali – in Gujarat governa il Bjp ed è lo stato di provenienza dell’attuale primo ministro Narendra Modi – gli attivisti hanno risposto con metodi di protesta tanto variegati quanto disperati. Si ha notizia di almeno sedici tentati suicidi per avvelenamento da parte di manifestanti e politici espressione della comunità dalit, fortunatamente quasi tutti scongiurati dall’intervento dei soccorsi (si registra un solo morto, ad oggi).
Altri cortei hanno sfilato per le principali città dello stato portando con sé dei camion pieni di carcasse di mucca, depositate poi di fronte ai palazzi del potere istituzionale o sui tetti delle auto della polizia: se ci picchiate perché facciamo il vostro lavoro «impuro», allora fatelo voi.
Complessivamente, si tratta della più grande protesta dalit nello stato degli ultimi trent’anni. Uno sfogo che trova le proprie radici in una repressione silenziosa e sistematica dei gruppi «svantaggiati» in Gujarat in atto almeno dagli inizi degli anni Duemila.
Jignesh Mevani, attivista per i diritti umani residente ad Ahmedabad, in Gujarat, ha dichiarato al magazine online Scroll.in: «Dal 2004, l’oppressione subìta dai dalit in Gujarat è in ascesa, ma le condanne ai sensi del Caste atrocities act è ferma al 3 per cento».
La polemica, dalle strade, è arrivata fino al parlamento federale di New Delhi, in questi giorni riunito per la sessione monsonica. Esponenti dei maggiori partiti d’opposizione – Indian National Congress, Trinamool Party, Bahujan Samaj Party, Aam Aadmi Party… – hanno paralizzato i lavori protestando contro la condotta del governo in carica, accusandolo di non fare assolutamente nulla per sedare la crescita dell’estremismo hindu nel paese che sta sfilacciando il delicato tessuto sociale dell’Unione indiana.
La risposta ufficiale non si è fatta attendere. L’usuale silenzio del premier indiano in casi simili è stato sostituito dalla presa di posizione di Rajnath Singh, ministro degli interni già membro del gruppo extraparlamentare ultrainduista Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), che ha «condannato» le violenze contro la comunità dalit in Gujarat e annunciando che, da lunedì 11 luglio, sono state arrestate nove persone tra i responsabili, oltre alla sospensione di quattro agenti di polizia per «negligenza».
Nonostante le parole del governo, i manifestanti in Gujarat non sembrano avere intenzione di sospendere le proteste.
[Scritto per Eastonline]