La musica rock è arrivata in Cina negli anni ’80, quando Deng Xiaoping ha aperto la strada delle riforme. Si trattava di materiale che arrivava di contrabbando, spesso destinato al macero. Il ricordo di due protagonisti dell’industria del rock sulle note dell’ultimo concerto degli Stones. All’arena Mercedes-Benz di Shanghai.
SHANGHAI – "Crossing the river by feeling the stones". Cina, anni Ottanta, lo slogan lanciato da Deng Xiaoping lascia intendere la nuova direzione che doveva prendere il paese. Dopo anni di chiusura e ideologia collettivista, la Cina si incamminava sulla strada delle Riforme e apertura, ma in questo percorso verso la liberalizzazione economica doveva, nell’ottica di Deng, restare coi piedi ben ancorati a terra. Una sorta di periodo di prova durante il quale le pietre in questo fiume metaforico sarebbero servite come punto di riferimento per non affogare nei vortici del libero mercato.
Trent’anni dopo, attraversiamo il fiume Huangpu per assistere al concerto dei Rolling Stones, tornati in Cina dopo otto anni dalla loro ultima apparizione. Per la tappa shanghainese del tour asiatico "14 On Fire", ultimo della storica carriera della band inglese, gli Stones si sono esibiti presso la futuristica Mercedes-Benz Arena e hanno "infiammato" il pubblico con i grandi classici che hanno fatto la storia del rock.
"Wo hen gaoxing", sono felice, ha detto Jagger al pubblico. E infatti i quattro insieme con i loro ospiti sul palco sembravano divertirsi davvero, tra spettacolo, ammiccamenti e linguacce alla censura. La band ha dovuto infatti rivedere dei pezzi in scaletta, ed eliminare brani ritenuti "impropri" come Brown Sugar e Honky-Tonk Woman, eseguiti comunque al concerto di Macao, il 9 marzo scorso. I tagli non ci hanno comunque impedito di godere di un grande show e di una serata di puro rock and roll.
Il fiume immaginario a cui si riferiva Deng Xiaoping in una delle sue più celebri affermazioni è stato attraversato con successo. In molti casi il rock and roll, nella sua più ampia accezione ha rappresentato quell’apertura verso il mondo esterno alla Cina e verso il cambiamento. I cinesi, soprattutto quelli che erano giovani negli anni Ottanta, immagazzinarono voracemente ogni possibile input che veniva dall’esterno: dall’economia, a nuovi stili di vita, all’abbigliamento, alla musica e al cinema.
"Fino alla fine degli anni Settanta, la Cina era un paese chiuso; mentre in occidente si sviluppava una certa cultura e stile di vita, qui non ne sapevamo niente. Poi un giorno abbiamo aperto le finestre e abbiamo visto tutte queste cose belle. Non ci sembrava vero!" ci racconta Wang Xiaofeng, blogger, appassionato e critico di musica rock, nonché fan dei Rolling Stones.
E mentre il "grande Deng" dettava le regole del nuovo corso cinese di giorno, di notte era la "piccola Deng" a regnare. Sebbene melodie pop e melense, da Hong Kong Deng Lijun (conosciuta come Teresa Teng) introduceva nella musica elementi nuovi e sensuali definiti scandalosi dalle autorità del continente. Un primo passo verso la ribellione e l’individualismo che di lì a poco molti cantautori, Cui Jian in primis, avrebbero trasmesso con la loro musica.
Grazie a Internet e le nuove tecnologie, e a ingenti macchine organizzative in grado di organizzare grandi happening, oggi la musica rock in tutte le sue declinazioni è accessibile e alla portata di tutti. Ma se guardiamo indietro agli ultimi trent’anni cinesi, la musica rock ha dovuto trovare un modo tutto particolare di imporsi.
"La prima volta che ho ascoltato i Rolling Stones fu nel 1986 all’ università. Ero incuriosito dal loro nome, che avevo letto in libri di musica e riviste. Alla fine degli anni Ottanta e inizio Novanta era così che i cinesi venivano in contatto col rock: prima leggevano il nome della band, poi cercavano la loro musica. Fino all’inizio degli anni Novanta, i negozi di musica non vendevano dischi rock.
Ricordo che fuori da un negozio di dischi vicino Wangfujing c’era un ragazzo che vendeva dischi che portava da casa. Comprai da lui il mio primo lp dei Rolling Stones. Ma a casa non avevo il giradischi , per cui me lo feci passare su casetta da un amico. è così che li ho ascoltati per la prima volta. E ho pensato che era una musica completamente diversa da quella cui ero abituato!", racconta Wang Xiaofeng.
Jonathan Campbell nel suo Red Rock ci ricorda che, mentre in Occidente i professionisti e appassionati di musica erano già alla terza decade del rock, in Cina i creatori del rock stavano appena iniziando a ascoltare i sussurri di qualcosa di completamente nuovo. Cresciuti tra canti rivoluzionari e musica folk, nella nuova Cina delle Riforme e apertura confluivano suoni mai sentiti prima e i giovani assorbivano tutto ciò che era nuovo, senza distinzione di generi ed epoche.
Se in Occidente si dibatteva su quale fosse il migliore album dei Beatles, " in Cina c’era poco da fare gli schizzinosi." I giovani ascoltavano tutto ciò che arrivava, per crearsi poi un proprio gusto personale. "Oggi c’è un’enfasi eccessiva sui generi. All’epoca ci bastava sapere che una certa musica ci piaceva!" continua Wang Xiaofeng.
Cresciuto una decina di anni più tardi, Zhang Ran, trentatre anni, esperienze di cantante in una punk band, graphic designer, fondatore dell’etichetta discografica 13 Months e di Sound of the Xity, società che offre servizi di promozione, consulenza e organizzazione di festival, viene in contatto con il rock e la musica occidentale in un modo diverso, per certi versi emblematico della nuova fase di introduzione del rock in Cina.
"Dall’inizio degli anni Novanta, arrivano in Cina i dakou, cassette e più tardi cd "tagliati", cioè con una piccola spaccatura sulla superficie. Si trattava infatti di materiale "marchiato" perché destinato al macero, ma che veniva introdotto di contrabbando in Cina da Hong Kong e Taiwan. I dakou permisero ai giovani cinesi di ascoltare musica altrimenti censurata o considerata marginale dai distributori. Wang Xiaofeng li ricorda ancora con tenerezza.
E Zhang Ran, in questi giorni alle prese con l’organizzazione di una grande Expo della musica internazionale, è ancora riconoscente alla generazione precedente per aver introdotto il rock e la musica straniera in Cina. Cassette, cd, poi le prime riviste dedicate al rock, trasmissioni radiofoniche e poi finalmente Internet e le nuove piattaforme di condivisione online: negli ultimi vent’anni il mercato della musica ha fatto passi enormi in Cina.
Sono passati trent’anni dallo slogan di Deng Xiaoping, la Cina urbana è abituata a grandi eventi musicali. Spesso tra mille contraddizioni -gli addetti ai lavori illustrano le difficoltà connesse all’organizzazione di festival musicali di grande portata, i costi esorbitanti, il processo di censura dei testi e le richieste di permessi governativi, il dilatarsi dei tempi di organizzazione – non sono pochi i gruppi stranieri che si sono esibiti in Cina, dai Metallica, a Bjork, Bob Dylan, Sonic Youth, per citarne alcuni.
Ma quando i quattro neo settantenni hanno calcato la scena del Mercedes-Benz Arena di Shanghai, la sensazione del pubblico in attesa sotto la pioggia e in teatro, non è stata dello stupore della "prima volta", ma della realizzazione di un sogno, che per molti nasceva dagli ideali dei nostri genitori, all’epoca di Satisfaction presi da altre rivoluzioni. Una specie di attraversamento del fiume, che ci ha fatto pensare che "crossing the river by feeling the stones" non era più uno slogan, ma un’esperienza condivisa.
[L’immagine di copertina è di Cecilia Attanasio Ghezzi]