Un video registrato con la deposizione di due disertori dell’esercito birmano e ora in possesso della Corte penale internazionale dell’Aja inchioderebbe i militari birmani colpevoli della pulizia etnica contro la minoranza musulmana dei Rohingya. Ne ha dato notizia Al Jazeera che cita Fortify Rights, organizzazione che sostiene che i due hanno disertato in agosto dopo esser stati prigionieri dell’Arakan Army, gruppo separatista che agisce nello Stato birmano del Rakhine.
Dove ora si trovino non si sa, ma si tratterebbe della prima pubblica ammissione di atrocità cui erano costretti i bassi ranghi dell’esercito. La notizia è stata diffusa l’8 settembre, giorno in cui è ufficialmente iniziata la campagna elettorale per le elezioni di novembre. Le indagini della Corte penale internazionale non sono le uniche: il Gambia, col sostegno dei 57 Stati membri dell’Organizzazione per la cooperazione islamica, si è rivolto in novembre alla Corte internazionale di giustizia (Ijc) denunciando il Myanmar per aver violato, nel caso rohingya, la Convenzione sul genocidio del 1948. Ma ora anche Canada e i Paesi Bassi hanno espresso il loro sostegno all’azione del Gambia.
Quanto ai militari, un’altra tegola è arrivata ieri da Amnesty International: documenti riservati rivelano come diverse imprese internazionali siano collegate al finanziamento delle forze armate birmane e di alcune unità direttamente responsabili di crimini ai sensi del diritto internazionale e di altre violazioni dei diritti umani.
Lo sarebbero attraverso la Myanmar Economic Holdings Limited (Mehl), conglomerato birmano fondato dal regime militare nel 1990 e ancora diretto e posseduto da personale in servizio o in pensione. Le sue attività includono il settore minerario, liquori, tabacco, abbigliamento, finanza in partnership con aziende locali e straniere tra cui la multinazionale giapponese della birra Kirin e il gigante dell’acciaio sudcoreano Posco. «Gli autori di alcune delle peggiori violazioni dei diritti umani traggono vantaggio dalle attività commerciali di Mehl, come il capo militare Min Aung Hlaing che possedeva 5.000 azioni nel 2011», commenta Mark Dummett, del Business, Security and Human Rights di A.I.
C’è’ poi un documento confidenziale che riguarda gli azionisti e condiviso con l’organizzazione Justice for Myanmar, le cui pagine web non si possono leggere nell’ex Birmania. Il documento dice che l’importo totale dei pagamenti dei dividendi in un periodo di 20 anni è stato di circa 18 miliardi di dollari: di questi, Mehl avrebbe trasferito circa 16 miliardi di dollari a unità militari.
A Bruxelles intanto la Conferenza dei presidenti del Parlamento europeo ha deciso ieri di escludere formalmente la vincitrice del Premio Sakharov Aung San Suu Kyi dalla Comunità dei vincitori per non aver fatto nulla contro i crimini in corso contro la comunità rohingya. Nel 1990 il Parlamento europeo aveva assegnato il Premio Sakharov per la libertà di pensiero alla Lady, allora leader perseguitata dell’opposizione. Un anno dopo, veniva insignita del Nobel per la Pace.
Di Emanuele Giordana
[Pubblicato su il manifesto]