La caduta è stata rallentata, ma non interrotta. Evergrande, attraverso la sua controllata Hengda Real Estate, ha dichiarato di aver raggiunto un accordo con i titolari di una emissione obbligazionaria in scadenza oggi: saranno onorati circa 36 milioni di dollari di coupon onshore appena in tempo per la scadenza.
L’ANNUNCIO È ARRIVATO a sorpresa, dopo che lunedì il gruppo aveva mancato i pagamenti degli interessi a due dei suoi maggiori creditori tra le banche. Alla notizia hanno risposto con sollievo i listini globali, a partire da quelli cinesi, che ieri hanno chiuso sostanzialmente in parità dopo un avvio in calo. Effetti positivi anche sulle borse europee e a Wall Street. L’allentamento delle tensioni arriva anche per la sensazione che le autorità cinesi, quantomeno quelle finanziarie, stiano iniziando a muoversi sul dossier.
LA BANCA CENTRALE ha infatti iniettato 18,6 miliardi di dollari nel sistema bancario nazionale, attraverso operazioni di riacquisto, nel tentativo di far fronte alla forte domanda di liquidità che accompagna da tradizione le scadenze trimestrali e che quest’anno è ancora più forte per le turbolenze che dal settore immobiliare si sono allargate a quello assicurativo e bancario.
Questo non significa che la burrasca sia passata. La parte di debito saldata da Evergrande è solo un piccolo segmento del totale. Sempre oggi era il termine per il rimborso 83,5 milioni di dollari di cedole di bond offshore a scadenza marzo 2022. Ulteriori 47,5 milioni di interessi dovrebbero invece essere corrisposti entro il 29 settembre. Nella comunicazione inviata da Evergrande alla borsa di Shenzhen però non se ne fa menzione.
ENTRO LA FINE DELL’ANNO incombono altri 669 milioni di pagamenti da onorare. Senza un vero piano di ristrutturazione la caduta non si potrà interrompere. Xu Jiayin ha provato a tranquillizzare anche i suoi duecentomila dipendenti con una lettera recapitata in occasione della festa di metà autunno. «Usciremo dal nostro momento più oscuro», ha promesso il fondatore del colosso immobiliare.
SI ASPETTA una presa di posizione da parte del governo, per ora rimasto silenzioso sul destino di un gruppo che un tempo veniva elogiato per il suo contributo alla lotta contro la povertà assoluta portata avanti da Xi Jinping. Ma dal 2017 in avanti, in particolare con le cosiddette «tre linee rosse» per il mercato immobiliare, erano arrivati già diversi avvertimenti sulla necessità di ridurre i debiti e limitare l’esposizione ai rischi finanziari. Evergrande ha cercato di intervenire vendendo parte degli asset e si è messa alla caccia di liquidità lanciando sconti e veri e propri saldi. Non è bastato e la stretta sugli investimenti a debito, modello applicato per oltre due decenni nel settore, ha creato quella «tremenda pressione» dalla quale ora sembra molto complicato uscire indenni.
STANDARD & POOR’S ritiene difficile un salvataggio diretto del governo. Anche perché, come sostiene Barclays, «è improbabile che un default minacci la generale stabilità del sistema finanziario cinese, che può contare su 45 mila miliardi di dollari in asset e 30 mila miliardi di dollari in prestiti». Li Daokui della Tsinghua University ha invece dichiarato a Cnbc che la crisi di Evergrande «avrà una ricaduta minima sul sistema finanziario perché non ci sono strumenti derivati sul debito». Niente Lehman Brothers con caratteristiche cinesi, insomma. Da qui la possibilità del governo di evitare di gettare un’ancora di salvataggio senza condizioni a Xu. Meglio tenere il timone dritto sulla strada di una maggiore disciplina finanziaria e uno sviluppo più controllato nel settore. Appare allora più probabile lo spacchettamento della compagnia in diversi gruppi, redistribuiti tra altre realtà locali.
Xiaomi avrebbe messo per esempio gli occhi sull’unità di produzione di auto elettriche. Anche Guangzhou R&F sta negoziando la cessione di alcuni suoi asset al competitor Country Garden Holdings. Sono comunque attesi effetti sulla crescita dell’economia cinese per il 2021. Con il cruciale congresso del 2022 in avvicinamento, il governo sarà comunque chiamato a far sì che la possibile caduta di Evergrande avvenga in modo controllato e non si tramuti in un tonfo troppo fragoroso.
Di Lorenzo Lamperti
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.