Uno dei problemi a comprendere davvero quanto sta accadendo all’economia cinese, data ultimamente in difficoltà, è anche la difficoltà di ottenere dati considerati veritieri. E riguardo le condizioni economiche del paese, i media di stato offrono ritratti piuttosto rassicuranti, non senza alcuni giudizi politici importanti, per comprendere quanto sta covando sotto la pesante trasformazione del paese.Il Global Times è stato netto: «Recenti rapporti – ha scritto – hanno rivelato che il settore manifatturiero è giù. Ovviamente lo è! Questa è una parte importante dell’evoluzione del paese. E anche se i numeri non sono lusinghieri, non richiedono fosche previsioni che l’economia cinese possa essere di fronte a un declino potenzialmente catastrofico».
Il quotidiano filo governativo ripercorre gli ultimi anni dell’economia nazionale, sottolineando come dal 2002 al 2008, la crescita annuale sia stata in media di un «sorprendente» 12 per cento.
Erano gli anni della locomotiva, della crescita a doppia cifra, del miracolo cinese. Un modello che veniva decantato da tutto il mondo, felice di vedere il mercato entrare in Cina e poco propenso a intravederne i limiti e le falle che lasciava qua e là nel sistema produttivo e industriale del paese.
Questo enorme tasso di crescita è rallentato tra il 2008 e il 2014 all’8 e 9 per cento, ed è attualmente a una media tra il 6 e il 7 per cento. Il tasso di crescita più lento, insieme con i rapporti di produzione, «sono segnali – scrive il Global Times – che la grande economia cinese ha superato la fase di start-up e sta cominciando a maturare».
Anche se «l’inevitabile adattamento» della Cina a una normalità sostenibile come in altre grandi economie moderne, dovrebbe essere ovvio, «non diminuisce l’impatto delle gocce che cadendo colpiscono il mercato azionario».
Tuttavia, prosegue il Global Times, la vera domanda è se le cadute siano dovute a un declino della salute economica della Cina, o se gli investitori abbiano semplicemente omesso di interpretare con precisione l’attuale evoluzione economica della Cina.
Eccoci dunque: il problema non è generale. È di qualche investitore che non ha capito bene in quale direzione sta andando il paese. Il Global Times conferma così la politica repressiva del governo tesa a smascherare l’insider trading, per così dire, di qualche malintenzionato.
Vediamo come spiega il Global Times i clamorosi tonfi della borsa cinese che si ripetono da quest’estate a oggi: «Un fattore che ha contribuito alle grandi cadute è stata la sorprendente espansione dello Borsa di Shanghai. Entro giugno 2015, l’indice di Shanghai era arrivato a più di due volte la sua dimensione rispetto a meno di due anni prima. Il giro d’affari degli scambi giornalieri è quadruplicato nello stesso periodo di tempo».
In una certa misura, viene specificato, il governo ha accolto e «anche incoraggiato la rapida espansione». Non solo ha determinato un afflusso di nuovi capitali , ma anche aiutato a compensare una breve calo delle esportazioni. Quindi qual è stato l’errore? Credere che il governo continuasse a intervenire, quando invece le intenzioni sono chiare: lasciare fare al mercato.
Del resto, viene spiegato, la Cina ha cercato di fissare una tabella di marcia per la crescita a lungo termine. «Già dal 2013, la Cina ha presentato un ambizioso programma di riforme. Nello stesso anno, il paese ha istituito la strategia ‘One Belt, One Road’ nel tentativo di esportare la capacità produttiva (non solo la mera merce) ai suoi vicini. Un’altra mossa, con implicazioni più che solamente economiche, è stata la fine della politica del figlio unico».
Mentre nessuno di questi elementi ha avuto un impatto immediato sul mercato azionario, «saranno importanti nel lungo periodo. Più di recente, l’approvazione del 13° piano quinquennale nel dicembre 2015 ha delineato la strategia del paese in movimento in avanti. Il piano è stato sviluppato in collaborazione con le migliori aziende cinesi e ha previsto la crescita economica del 6,5 per cento per i prossimi cinque anni.
Per la comunità degli investitori non è da prendere alla leggera, dal momento che quel livello supera ancora il bersaglio di tutte le altre principali economie».
[Scritto per Eastonline; foto credit: chinatopix.com]