China Files pubblica in esclusiva su gentile concessione di NK News il resoconto di una rara conferenza stampa di Kenji Fujimoto, cuoco personale di Kim Jong-il, fuggito dalla Corea del Nord nel 2001 e tornato lo scorso mese su invito del nuovo leader Kim Jong-un.
Non è per niente facile entrare e uscire liberamente da una società chiusa come quella nordcoreana. Tanto meno lo è incontrare il nuovo giovane leader, Kim Jong-un. Ma per l’incredulità degli esperti un giapponese è riuscito a farlo, come se fosse tutto semplice.
Su invito di Kim Jong-un, Kenji Fujimoto (si tratta di uno pseudonimo) è stato a Pyongyang per due settimane dal 21 luglio al 4 agosto. Dal 1989 al 2001 Fujimoto fu il cuoco personale di Kim Jong-il, cui preparava il sushi.
Durante la visita ha incontrato sia Kim Jong-un sia la moglie Ri Sol-ju, così come la sorella minore del leader, Kim Yo-jong, e lo zio Jang Song-taek, durante un party di benvenuto il 22 luglio. Ha inoltre potuto incontrare per la prima volta in 11 anni la famiglia lasciata a Pyongyang, la moglie e una figlia.
La storia del rarissimo faccia a faccia con il giovane leader nordcoreano è allo stesso tempo unica e stupefacente. Fujimoto ne ha parlato in una riunione organizzata dal movimento di estrema destra giapponese Issuikai, cui ha partecipato anche chi scrive.
“Conosco il presidente dell’Issuikai da molto tempo”, ha esordito. “E’ un bene avere amici di destra così che possano fermare altri gruppi di destra”, ha aggiunto nascosto dagli occhiali scuri di marca e dalla bandana in testa.
“Non ho mai voluto presenziare a una conferenza stampa, questo perché mi guadagno da vivere accettando interviste a pagamento sulla stampa”. Nonostante questa premessa, l’incontro è presto diventato una conferenza stampa, con molti giornalisti nipponici assiepati in una stanza d’albergo a Tokyo.
Nel suo libro, Kim Jong-un, The North’s Successor, Fujimoto si descrive come il compagno di giochi preferito del futuro leader quando il ragazzo aveva tra i 7 e i 18 anni. Quasi un figlio, un Daejang Dongji (ossia compagno generale, ndt).
Nell’aprile del 2011, Fujimoto scappò dalla Corea del Nord abbandonando la moglie, il figlio, la figlia. Temeva un’ipotetica epurazione perché sospettato di essere una spia giapponese. Lo scorso giugno fu invece avvicinato da un funzionario nordcoreano che conosceva dai tempi di Pyongynag. “I tuoi familiari e un’altra persona ti stanno aspettando. Vieni il prima possibile”.
Era riluttante. Il viaggio a Pyongyang poteva essere molto pericolo, per le rivelazioni fatte sulla famiglia di Kim Jong-il nei suoi quattro libri che ne facevano un nemico di prima classe.
Il funzionario si ripresentò a luglio, questa volta con una lettera ufficiale. “Se verrai, garantirò per la tua sicurezza”. Il funzionario aggiunse: “Chi ha scritto questa lettera è una persona cui hai fatto una promessa nel 2001”.
Il 31 marzo di quell’anno, poco prima di partire per il Giappone con la scusa di acquistare del tonno, Fujimoto vide Kim Jong-un, che gli chiese se sarebbe mai tornato a Pyongyang. “Certamente”, risposte Fujimoto. “Ok. Tornerai di sicuro”, rispose Kim.
Soltanto il giovane leader era a conoscenza di quella promessa. Fujimoto si convinse quindi di avere le spalle coperte per il suo ritorno nella capitale nordcoreana. Kim e Fujimoto si incontrarono il 22 luglio verso mezzogiorno al banchetto di benvenuto.
Fujimoto si lanciò verso Kim e disse in lacrime “Sono un traditore, sono tornato. Chiedo scusa”. E Kim in risposta “Non ti preoccupare. Ho già dimenticato le tue azioni sleali, ma ricordo il tempo speso assieme. Le corse a cavallo, sui pattini, le partite a basket e tennis, il tiro a bersaglio. Grazie per aver giocato con me”.
Durante la festa un interprete di nome Sakura ha letto la lettera con cui Fujimoto ha esortato Kim a interessarsi dell’annosa vicenda dei cittadini nipponici sequestrati dai nordcoreani, che continua a segnare i rapporti con il Giappone. Il cuoco non usa mai la parola "sequestro", rimpiazzata con l’espressione “il caso di Yokota Mengumi e di altri”.
Si tratta della vicenda di una ragazza rapita nel 1977, all’età di 13 anni. Si ritiene che lei, come gli altri rapiti, siano costretti a insegnare il giapponese ad agenti reclutati per operazioni sotto copertura in Corea del Sud.
Cambiando argomento, Fujimoto ha spiegato che il salario medio mensile di una lavoratore a Pyongyang è oggi di circa 3000 won (poco più di due euro, ndt). Tuttavia una grigliata di carne al ristorante può arrivare a costare anche 7000 won (sei euro, ndt) e un cellulare 250 dollari (197 euro, ndt).
Nonostante i prezzi, ha continuato Fujimoto, i locali sono pieni e molta gente gira con il telefono in mano. Segno che c’è chi si è arricchito, soprattutto con il libero mercato
Parlando del figlio ha detto che il ragazzo è morto improvvisamente di malattia a 22 anni, appena due settimane prima della visita del padre a Pyongyang. Indiscrezioni smentite da Fujimoto hanno insinuato che la vita del giovane sia stata la moneta di scambio per il ritorno del padre a Pyongyang, reo di aver tradito la Corea del Nord.
Il 29 agosto, Giappone e Corea del Nord hanno tenuto i primi colloqui diretti dopo quattro anni. L’attenzione si è concentrata su come il Nord acconsentirà o meno di discutere dei sequestri. Per gli esperti nipponici, gli sforzi di Pyongyang per migliorare i rapporti con Tokyo sono una replica della strategia di Kim Jong-il di cercare di sfruttare le divergenze diplomatiche tra i suoi avversari: Corea del Sud e appunto Giappone.
Domanda: Kim Jong-un è filo-giapponese? I suoi sentimenti anti-giapponesi sono soltanto scena? Se sì, non sarebbe questa una buona ragione per migliorare i rapporti con la Corea del Nord?
Fujimoto: Penso che sia così. La madre di Kim è nata in Giappone. E nessun figlio odia la seconda patria della madre.
D: Il governo giapponese le ha consegnato qualche messaggio da portare a Pyongyang?
F: No. Non ho avuto contatti con il governo nipponico.
D: Kim Jong-un sa di bambini che soffrono la fame in Corea del Nord?
F: Questa volta ho potuto vedere soltanto Pyongyang. Lì il cibo basta per tutti. Molti documentari mostrano bambini che soffrono di fame, ma in tutti i Paesi ci sono bambini che non hanno cibo a sufficienza. Nell’era della comunicazione c’è molta attenzione verso di loro.
D: La lettera su Yokota Mengumi fu preannunciata?
F: Certo. L’ho fatta leggere prima al direttore dell’ufficio del segretario. “E’ ancora viva?” mi ha chiesto sorpreso. Credo che non conoscesse tutti i dettagli della vicenda. Fa parte di un dipartimento diverso da quello che condusse l’operazione. Le sue parole mi danno ancora fastidio.
D: Spera di diventare un tramite tra il Giappone e la Corea del Nord?
F: Sì. Se il governo giapponese mi darà qualche messaggio da consegnare lo farò. Sono certo al 200 per cento di poterlo consegnare al comandante supremo, compagno Kim Jong-un. Ma i funzionari governativi potrebbero sentirsi a disagio se scegliessero di affidarlo a un privato cittadino.
D: Avete parlato della rimozione di Ri Yong-ho da capo di Stato maggiore dell’esercito?
F: No. Non abbiamo trattato alcun argomento politico. Con la mia lettera su Yokota Megumi sono già andato troppo oltre.
D: Cosa ritiene i nordcoreani vogliano da lei personalmente e dal Giappone più in generale?
F: Odio essere così ficcanaso al riguardo. Voleva vedermi e mi ha fatto chiamare. Lo scorso 8 luglio sono stato invitato in un albergo. Là mi è stato detto: “Fujimoto, tenga fede alla promessa del 2001”. Così ho potuto vedere per la prima volta la vita di Kim Jong-un dietro le quinte. Nel posto giusto. Ho detto “Ci andrò, tornerò in Corea del Nord”. Poco dopo la mia famiglia a Pyongyang si trasferì dalla piccola casa dov’è ora a una villa in una ricca zona della capitale.
D: Visiterà nuovamente Pyongyang? Per quanto tempo?
F: Ho in programma di tornarci entro la fine di settembre, ma non so ancora quanto mi tratterrò. Potrei stare con la mia famiglia fino a Capodanno oppure Kim potrebbe chiedermi di fare qualcosa. Non ci sono certezze. Al momento Pyongyang sarà la mia destinazione principale, ma mi piacerebbe potere andare e venire dal Giappone. Ho bisogno di dedicarmi alla mia famiglia. Mia moglie ha un cancro al pancreas. Non so quanto vivrà, ma voglio esserle accanto sul letto di morte.
D: La Corea del Nord sta seguendo la strada delle riforme e dell’apertura economica in stile cinese? Questo potrebbe indebolire la terza generazione della dinastia Kim?
F: Sì, Kim Jong-un ha in mente una politica economica in stile cinese. Non penso questo sia in contraddizione con l’attuale regime. Kim è forte e lo farà.
D: Indiscrezioni dicono che la maggior parte delle politiche adottate sono ideate da Kim Kyong-hui (sorella di Kim Jong-il, ndt) e Jang Song-taek, mentre soltanto poche delle raccomandazioni di Kim Jong-un sono prese in considerazione. È vero?
F: No, non è vero. Il generale Jong-un fa tutto da sé.
D: Ha figli?
F: No.
D: Se lei è in buoni rapporti con la Corea del Nord, perché continua a usare uno pseudonimo e a nascondersi?
F: Kenji Fujimoto è il mio nome preferito e continuerò a usarlo.
D: Ha visto Kim Jong-chol (uno dei fratelli di Kim Jong-un, ndt) durante il suo viaggio?
F: No, non era al ricevimento. È un ragazzo molto tranquillo, posso smentire che sia alla testa di una fazione ribelle contro il fratello. È un suo sostenitore.
D: Si dice che Kim Yo-jong, sorella minore di Kim Jong-un sia a capo della propaganda. È vero?
F: No. È una donna scontrosa, uno spirito libero. Non potrebbe mai dedicarsi a un lavoro in cui deve concentrarsi su piccoli dettagli. Stava ballando dietro al fratello mentre le telecamere lo riprendevano.
D: E’ in contatto email con qualcuno in Corea del Nord?
F: Non posso usare l’email per parlare con qualcuno in Corea del Nord, la posta elettronica funziona soltanto entro i confini del Paese.
[Foto credit: siol.net]
L’articolo originale è stato pubblicato su nknews.org
* Kosuke Takahashi è un giornalista giapponese. Collabora con l’Asahi Shimbun, l’Asia Times Online, Jane’s Defence Weekly, The Diplomat. Potete seguirlo su twitter su @TakahashiKosuke