La stampa ufficiale nordcoreana ha annunciato l’esecuzione della sentenza di condanna a morte per l’ex numero due del regime. Lo zio del leader supremo Kim Jong Un è stato accusato di tradimento e di aver formato una propria fazione per rovesciare la leadership di Pyongyang. Jang Song Thaek, numero due caduto in disgrazia del regime nordcoreano, è stato giustiziato. L’uomo considerato l’eminenza grigia della politica dietro la cortina di bambù è stato condannato per tradimento da un tribunale militare. La stampa ufficiale ha mostrato le immagini dello zio dell’attuale leader supremo Kim Jong Un ammanettato e sovrastato da due militari. Gli appellativi che gli sono stati rivolti nel comunicato affidato all’agenzia KCNA lo additano come “feccia umana” che ha trasformato i dipartimenti di cui era a capo in un “piccolo regno” e lo descrivono come “peggiore di un cane”.
Secondo l’accusa, il 67enne Jang avrebbe formato una propria fazione all’interno del Partito coreano dei lavoratori per cercare di rovesciare il nipote, salito al potere due anni fa alla morte del padre Kim Jong Il, il Caro Leader del quale oggi il giovane dittatore avrebbe anche preso il titolo onorifico. Avrebbe inoltre fatto uso di droghe e sfruttato il proprio ruolo per conquistare diverse amanti.
L’epurazione di Jang, che già nel 2004 era passato per una purga – si disse perché anche all’epoca aveva accumulato troppo potere – per poi tornare al vertice due anni e mezzo dopo, è considerata un segno del consolidamento del comando di Kim Jong Un sul Paese. Per alcuni osservatori si tratta di una via dura al ricambio al vertice del regime.
Fonti citate dal quotidiano sudcoreano Hankyoreh parlano di un Jang Song Thaek osteggiato sia da quella che è stata definita la linea di sangue del Peakdu, la montagna sacra dei coreani, ossia la famiglia Kim sia dalla fazione dei principini, ossia dai discendenti dei compagni d’armi di Kim Il Sung, nonno dell’attuale leader, il cui principale rappresentante oggi è considerato Choe Ryong Hae, di fatto a capo dell’esercito e indicato da alcuni osservatori come uno dei beneficiari di quanto accaduto.
Secondo quanto riferisce North Korea Strategic Information Center, oltre al benestare di Kim Jong Un, l’epurazione sarebbe stata decisa anche dalla moglie di Jang, Kim Kyong Hui, sorella del defunto Kim Jong Il, che a sua volta ricopre incarichi di primo piano nel regime, e dall’altro nipote, Kim Jong Chul, che avrebbe avuto un ruolo di primo piano nella vicenda, dirigendo il lavoro dell’agenzia per la sicurezza dello Stato.
Un’altra teoria sulla purga, secondo quanto riporta il sito New Focus International, vicino agli esuli e ai disertori, parla dello scontro tra i ministeri per la Sicurezza del popolo, vicino a Jang, e per la Sicurezza dello stato per il controllo dalla macchina di sorveglianza del regime. Ipotesi che forse non troveranno mai conferme. La segretezza di quanto avviene nel dietro le quinte a Pyongyang è uno dei punti di forza per garantire la perpetuazione del regime nordcoreano.
Come spiegato dalla portavoce del dipartimento di Stato americano, Marie Harf, non c’è tuttavia ragione di mettere in dubbio il comunicato dell’agenzia KCNA sull’esecuzione. Per Washington la conferma non sarebbe che un’ulteriore prova “dell’estrema brutalità del regime”.
A Seul intanto, a stretto giro dall’annuncio dell’esecuzione, si è riunito il comitato ministeriale per la sicurezza per valutare le implicazioni della morte di Jang sulle relazioni intercoreane. “Siamo molto preoccupati per i recenti sviluppi in Corea del Nord”, ha detto il portavoce del Ministero per la Riunificazione, “Cercheremo di essere preparati ad ogni possibile sviluppo”. L’esercito di Seul monitora la situazione. C’è infatti il rischio di provocazioni anche per l’avvicinarsi del secondo anniversario della morte di Kim Jong Il il prossimo 17 dicembre.
Già nei giorni scorsi, quando era stata confermata la notizia della destituzione di Jang da tutte le cariche, compresa quella di vicepresidente della potente Commissione per la difesa nazionale, la presidente sudcoreana Park Geun-hye si era invece espressa contro “il clima di terrore” del nuovo corso impresso da Kim Jong Un alla politica interna di Pyongyang. Nel mentre si rincorrono anche le indiscrezioni su due vicepremier nordcoreani che sarebbero fuggiti in Cina, notizie da verificare, come quelle sulle presunte richieste d’asilo in Corea del Sud presentate da collaboratori di Jang.
Sul versante cinese, il Global Times, spin off del Quotidiano del popolo, dedica uno speciale alla destituzione e all’esecuzione di Jang, considerato l’uomo di contatto di Pyongyang con il potente alleato. I rapporti con Pechino saranno uno dei temi sotto osservazione nel prossimo periodo. Ad agosto del 2012 Jang si era recato nella capitale cinese per discutere con l’allora presidente Hu Jintao dello sviluppo di zone economiche. Inoltre da quando è salito al potere il giovane Kim Jong Un non ha ancora avuto un confronto faccia a faccia con la leadership cinese. Dal canto suo nei giorni scorsi Pechino ha parlato della vicenda come di questioni interne alla Corea del Nord.
Secondo alcuni esperti, l’epurazione non dovrebbe comunque portare a sconvolgimenti. La dirigenza cinese punta a mantenere quanto più stabile la situazione nella regione e rimarca l’importanza dei rapporti economici affinché ciò avvenga. Tuttavia siti vicini agli esuli nordcoreani segnalavano un aumento delle attività militari cinesi al confine con il regno dei Kim.
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