La Corea del Nord ha lanciato la sua minaccia al mondo, compiendo il suo terzo test nucleare (dopo quelli del 2006 e del 2009). Una sperimentazione di cui ancora non si conoscono i dettagli tecnici, ma che secondo gli esperti avvicinerebbe Pyongyang al suo agognato sogno di diventare potenza nucleare.
Nella mattinata asiatica, a seguito del test nucleare nord coreano, sismi di magnitudo 5,1 sono stati registrati in Corea del Sud e Giappone. Poco dopo è giunta l’ufficialità da parte coreana con un comunicato che confermava il test, “riuscito e svolto in condizioni di massima sicurezza” e indirizzato contro i nemici giurati del Leader Supremo e il suo popolo, gli Stati Uniti.
Secondo fonti dell’intelligence sud coreana altri test “addizionali” potrebbero giungere nei prossimi giorni. Immediate le condanne da parte della comunità internazionale, a cominciare da Usa, per bocca di Obama, Giappone, Corea del Sud, ma anche Russia, Gran Bretagna e la Nato. Una risposta tiepida, ma di condanna, è giunta anche da Pechino: era la notizia che tutti aspettavano, perché la mossa di Kim Jong un, sembra essere proprio rivolta a giocarsi il tutto per tutto con il suo alleato storico, la Cina.
Da fonti coreane, pare che il test sia stato deciso dai vertici di Pyongyang per motivi di politica interna, rafforzare il proprio comando, e per motivi di politica estera, ovvero dimostrare la propria completa dedizione al progetto nucleare.
Chi rimane nella posizione più difficile è la Cina, alleato della Corea e paese nel quale, specie all’interno dell’esercito e dei vertici politici del Partito Comunista, è ancora diffusa l’idea che la Corea del Nord costituisca un “cuscinetto” tra la Cina e la possibilità di avere gli Stati Uniti in casa.
Xi Jinping, neo segretario del Partito e da marzo presidente, è chiamato quindi a compiere il suo primo atto di politica estera, capace di indirizzare tutto un regno. Gli Stati Uniti stanno alla finestra: Xi ha detto più volte di volere aprire un nuovo capitolo nelle relazioni con Washington. Al contrario di Hu, più indeciso, Xi è più pragmatico, ma allo stesso tempo più nazionalista, come dimostrato in occasione dello scontro diplomatico con il Giappone sulle isole contese, tenendo un atteggiamento molto duro.
Xi ha due opzioni: condannare in modo deciso Pyongyang, togliendo il suo appoggio (aiuti economici e cibo) e favorendo quindi lo sgretolamento del regime e una ipotetica re- unione della Corea sotto chiara influenza statunitense, oppure accelerare lo spirito anti cinese internazionale e nello specifico quello asiatico, continuando a sostenere una dittatura dai comportamenti potenzialmente deliranti.
I cinesi, attraverso i social network, rispetto al passato, hanno duramente condannato il test nucleare, chiedendo espressamente al proprio governo di chiudere con gli aiuti alla Corea del Nord. “Quello di Pyongyang è un gesto sconsiderato, che finirà per colpire la sua popolazione”, ha scritto ieri un redattore del Global Times, quotidiano molto vicino ai vertici del Partito Comunista.
[Scritto per Il Fatto Quotidiano; foto credits: newsobserver.com]