Dagli archivi del ministero della Difesa giapponese emergono documenti molto pericolosi per Kim Jong-un. Il nonno di Kim sarebbe stato un collaborazionista del Sol Levante. In Corea del Nord, per legge, le famiglie dei nemici del popolo si condannano alla pena di morte fino alla terza generazione.
Nessuno, si sa, può scegliersi i parenti. A volte si ha fortuna, come nelle dinastie dove per linea di sangue si può assurgere a leader assoluto di un Paese. Se però per il passato dei propri antenati si è etichettati come traditori della patria, il discorso cambia.
Il giovane leader nordcoreano Kim Jong-un potrebbe rispecchiare entrambe le possibilità. Secondo quanto emerso dagli studi di un ricercatore giapponese, il figlio di Kim Jong-il e nipote di Kim Il-sung è per parte materna un nemico del popolo.
La scoperta dell’attivista per i diritti civili Ken Kato rischia così di mettere in discussione la legittimità del potere di Kim Jong-un succeduto al padre appena cinque mesi fa.
Stando ai documenti ritrovati negli archivi del ministero della Difesa nipponico, Ko Gyon-tek, nonno materno del leader nordcoreano, fu un collaborazionista che lavorò per l’esercito giapponese durante gli anni dell’occupazione militare della penisola coreana tra gli anni Venti e Quaranta del secolo scorso.
“Questo potrebbe avere un impatto devastante sulla società nordcoreana”, ha spiegato Kato citato dal South China Morning Post.
Per le leggi nordcoreane i nemici di classe, chiunque essi siano, dovranno essere eliminati assieme alle loro tre future generazioni. A stabilirlo fu lo stesso Presidente Eterno Kim Il-sung, fondatore della Repubblica democratica popolare ma soprattutto nonno paterno di Kim Jong-un.
I collaborazionisti, così come chi si schierò con il Sud capitalista e filo-occidentale, ricadono in questa categoria: sono parte della classe ostile, quella relegata al gradino più basso della società nordcoreana.
Durante la guerra, Ko lavorò in una fabbrica di Osaka, dove si era trasferito assieme al padre, fabbricando le uniformi per le truppe imperiali che combattevano contro i guerriglieri guidati da Kim Il-sung. A salvarlo dai campi di reclusione fu l’attraente figlia, Ko Young-hee, nata a Osaka nel 1953 e trasferitasi in Corea del nord nel 1961 quando il padre fu espulso perché coinvolto in un traffico di esseri umani.
Ko Gyon-tek trovò lavoro in un impianto chimico, mentre la figlia, diventata ballerina, entrò nelle grazie del Caro Leader Kim Jong-il.
Certo i contorni della biografia del nuovo leader sono tutti ancora da chiarire. La stessa data di nascita esatta è ancora un mistero, sebbene si ritenga che abbia attorno ai trent’anni. In passato il regime ha già dato prova di saper modificare a fini propagandistici le biografie, o sarebbe meglio definirle agiografie, dei propri leader.
Questo non vuol dire tuttavia che gli apparati della propaganda fossero all’oscuro delle origini del leader, sebbene sul ramo materno regni un quasi totale riserbo. Le uniche concessioni sono i riferimenti alla venerabile madre comparsi nelle letture d’indottrinamento dell’esercito e un poema a lei dedicato uscito sul quotidiano ufficiale Rodong Sinmun.
A lungo si ritenne inoltre che il padre di Ko Young-hee fosse un’altra persona: un lottatore di nome Ko Taemun. Anche lui nato come l’altro Ko sull’isola di Cheju e anche lui trasferitosi a Osaka dove fu poi reclutato per tornare in Corea del Nord per la sua abilità nelle arti marziali.
“Sono sicuro che neanche Kim Jong-un fosse al corrente del fatto che il nonno lavorò per i giapponesi in una fabbrica militare. Anche le origini giapponesi della madre sono considerate un segreto in Corea del nord”, ha spiegato Kato, “per le loro stesse regole ora i dovrebbe trovare in un campo di detenzione”.
[Foto credit: telegraph.co.uk]