S. Sossio Baronia, cittadina dell’Irpinia, si appella al portafoglio dei cinesi per raddrizzare il bilancio comunale. D’altra parte se i cinesi sono disposti a sborsare miliardi di euro per mettere le mani sui club calcistici italiani, perché non farlo per mantenere in vita gli oltre 3500 comuni in procinto di diventare ghost town?! Quella del sindaco di S. Sossio Baronia è una burla, ma l’idea non è del tutto strampalata.
«AAAAAA…causa perenne mancanza di fondi (soldi) cercasi facoltoso investitore CINESE disposto a rilevare il Comune di S. Sossio Baronia…..offresi carica di SINDACO». E’ il messaggio provocatorio diramato su Facebook da Francesco Garofalo, medico del 118 che da 7 anni guida l’amministrazione del piccolo comune in provincia di Avellino, che oggi conta 1.742 anime. Il post, che ha conquistato un centinaio di like ed emoticon, si conclude con un commento altrettanto ironico in cui il primo cittadino fa notare come l’acquisto sarebbe ben meno dispendioso rispetto alla cifra sborsata per la recente acquisizione dell’Inter da parte del patron di Suning, Zhang Jindong.
A un commento lasciato da un internauta, in cui si fa sarcasticamente riferimento alla triste sorte in cui andrebbero incontro i cani randagi della cittadina (vale a dire nei pentoloni dei cuochi cinesi), Garofalo risponde per le rime affermando che dalla riduzione dei vagabondi gioverebbero le aree verdi del paese. Meno scherzosi i toni utilizzati dal sindaco in un’intervista al TGcom24, in cui Garofalo fa notare come molti cinesi si siano avventati sulle squadre di calcio, quando potrebbero fare un investimento molto profittevole comprando terreni in buono stato e con un forte potenziale turistico.
Letteralmente: «Penso ai cinesi che stanno rilevando importanti squadre di calcio italiane: con molto meno, farebbero un investimento molto redditizio acquistando un pezzo di territorio caratterizzato da grande salubrità ambientale e fortissime potenzialità turistiche. Avverto un senso di frustrazione e di inutilità per una funzione, quella di sindaco, che ‘ormai è stata ridotta a quella del gabelliere».
Premesso che i cinesi probabilmente non si farebbero troppi problemi (almeno un precedente c’è: l’acquisto della morente cittadina mineraria canadese Bradian per 840mila dollari) a quanto pare, tuttavia, la provocazione di Garofalo resterà tale. Il sindaco, esponente Ncd nonché interista sfegatato, chiarisce: «Non posso vendere la mia carica o cedere la comunità che rappresento. Il mio sfogo forse è stato ingigantito».
Secondo quanto riporta Repubblica.it, i problemi per il comune sono cominciati nel 2012, quando Garofalo divenne il primo sindaco a fare a meno di Equitalia. Oggi S. Sossio Baronia, pur avendo un bilancio florido, non possiede la disponibilità di cassa per muovere un solo euro. Colpa degli evasori, spiega il primo cittadino, perché da quando ha avuto l’idea di fare a meno dell’Agenzia pubblica – attuando la riscossione delle tasse direttamente in Municipio – pare che il popolo sossiano abbia optato semplicemente per non pagare quanto dovuto. Con il risultato che il Comune si è trovato a combattere con un alto tasso di evasione, in particolare per quanto riguarda l’aliquota sui rifiuti: circa 150mila euro che è costretto ad anticipare e che non riesce a recuperare dai cittadini. Sarebbe proprio la mancata riscossione la causa del vuoto di cassa che impedisce al comune di sistemare le strade e fare altri piccoli interventi come, ad esempio, mettere un sistema di videosorveglianza.
L’appello di Garofalo – ripreso ampiamente dai media internazionali – giunge a pochi giorni dalla pubblicazione di un dossier di Legambiente (presentato all’Anci) sull’allarmante stato di abbandono in cui vertono i piccoli centri. Basta passeggiare per i vicoli dei borghi italiani più rinomati per scorgere i cartelli VENDESI pendere sbilenchi da porte e finestre. Il Belpaese ospita, infatti, 5627 cittadine con meno di 5000 abitanti, di cui 2.430 alle prese con una grave crisi demografica. Considerando che le aree a rischio riuniscono complessivamente tre milioni di italiani questo vuol dire che il fenomeno delle ghost town minaccia oltre il 5 per cento della popolazione dello Stivale.
In soli 25 anni 675mila persone hanno lasciato i piccoli comuni, e con il progressivo invecchiamento della popolazione il fenomeno non potrà che peggiorare. Per frenare l’esodo occorre innanzitutto migliore i servizi locali, spiegava tempo fa Davide Zicchinella, sindaco di Sellia, cittadina calabrese a rischio «estinzione». C’è chi per riempire i forzieri comunali ha puntato sul turismo, come Civita di Bagnoregio – scesa a quota 100 residenti- che, imponendo ai visitatori 1,50 euro ad ingresso, è riuscita ad accumulare una cifra sufficiente a mantenere operativi i servizi essenziali.
All’indomani del terremoto dell’Aquila, il governo Berlusconi aveva stilato una lista di 44 patrimoni artistici danneggiati da sottoporre all’attenzione di investitori stranieri per eventuali «adozioni» e riparazioni, in occasione del G8 del 2009. Ma a cinque anni di distanza, l’Ansa faceva notare che il progetto era rimasto largamente disatteso, seppur con le generose eccezioni di Russia, Francia, Kazakistan e Germania.
Sebbene l’alluvione di investimenti cinesi in Italia (3,5 miliardi di dollari nel 2014) non abbia ancora interessato l’acquisto di città, Garofalo non è l’unico sindaco ad essersi appellato al Paese asiatico per tentare di resuscitare il proprio comune. Due anni fa era stato il primo cittadino di Agrigento, Marco Zambuto, a chiamare in causa i nuovi ricchi cinesi. In uno spot sottotitolato in caratteri e diventato virale sui social, Zambuto lanciava la sfida ai turisti del Dragone senza troppi giri di parole: «Amici cinesi, invadeteci!»