Sgomento identitario in India. Monta la protesta di comunità religiose, partiti e stati contro i propositi del governo centrale di una legge universale. Attualmente nel paese i cittadini rispondono solo alle regole imposte dalla loro fede. Ma forse è solo una manovra pre-elettorale del premier
Nelle scorse settimane, il premier indiano Narendra Modi, appoggiato dal suo partito, il Bharatiya Janata Party (Bjp), ha dichiarato di voler introdurre il codice civile uniforme nel paese, riaprendo una vecchia questione irrisolta. Il codice civile uniforme (Ucc), che il Bjp aveva già cercato di implementare lo scorso anno, stabilisce delle leggi universali che verrebbero applicate indistintamente a tutti i cittadini dell’India, a prescindere dalla loro religione, genere o orientamento sessuale.
Attualmente, nel paese ogni cittadino risponde direttamente alle leggi imposte dalla comunità religiosa di appartenenza. La proposta di Modi, che potrebbe sembrare una mera mossa strategica in vista delle prossime elezioni parlamentari del 2024, ha provocato dure reazioni non solo da parte dei diversi leader religiosi, ma anche dagli stessi alleati del Bjp.
IN ALCUNI STATI DEL NORD-EST dell’India, come il Meghalaya, il Nagaland, il Sikkim, il Mizoram e l’Haryana, dove la popolazione è alquanto eterogenea sia dal punto di vista etnico che religioso, i partiti alleati del Bjp si sono espressi contrari all’implementazione dell’Ucc, dichiarando che tale misura va «contro la stessa idea dell’India». Il primo ministro del Meghalaya, a capo del National People’s Party (Npp), ha aggiunto: «La forza dell’India è la sua diversità, che deve essere protetta. Tutto il nord-est gode di una cultura unica che noi, come partito, vogliamo preservare». Anche in Nagaland, il National Democratic Progress Party (Ndpp), ha dichiarato che l’Ucc non verrà messo in vigore, poiché risulta contrario «all’ideologia del partito che intende proteggere i diritti e le tradizioni del suo popolo».
Altri stati, come il Mizoram e il Sikkim, si sono già adoperati per contrastare la possibile introduzione dell’Ucc, votando una risoluzione che bloccherà ogni futura decisione del governo centrale. Il primo ministro del Mizoram si è espresso chiaramente sulla proposta avanzata da Modi e dal Bjp: «L’Ucc devasterebbe il paese, mettendo fine alle sue diverse culture, tradizioni, pratiche sociali e religiose». In Sikkim, dove il partito reggente non ha ancora rilasciato nessuna dichiarazione, avvocati, intellettuali e organi della società civile si sono incontrati la scorsa domenica per discutere la proposta del Bjp. Al termine dell’incontro, i cittadini hanno votato una risoluzione contro l’implementazione dell’Ucc, che sarà inviata al governo.
La dichiarazione di Modi ha messo in allerta soprattutto le comunità religiose del paese, che temono di essere private delle proprie leggi. La scorsa settimana, il comitato nazionale sikh si è riunito a Delhi per parlare dell’impatto che avrebbe l’Ucc sulla comunità. In particolare, i leader sikh hanno espresso la loro preoccupazione su alcune questioni importanti, come il matrimonio e la divisione della proprietà, chiedendo al governo centrale ulteriori chiarimenti sulle modalità di implementazione. Anche i membri della comunità musulmana, attualmente governata dalla shari’a, si oppongono ferocemente all’Ucc, che non solo abolirebbe la poligamia ma modificherebbe anche le leggi sul divorzio e sull’eredità.
L’INTRODUZIONE DELL’UCC rimane una questione assai complessa. Al momento dell’Indipendenza nel 1947, i politici indiani avevano già discusso della possibilità di implementare il codice civile uniforme alla neo-democrazia indiana, trovando però una forte opposizione, soprattutto da parte della componente musulmana. Come in passato, l’India, paese che ospita uno svariato numero di religioni, tra cui l’hinduismo, l’Islam, il jainismo, il sikhismo, il cristianesimo e il buddhismo, non sembra essere pronta ad accogliere un tale cambiamento. Per molti, la proposta di Modi non è che una pura provocazione, volta ad incrinare ulteriormente i rapporti – già tesi – tra le diverse comunità religiose. Così facendo, con molta probabilità, il Bjp si assicurerà l’ennesima vittoria alle parlamentari del 2024.
Di Maria Casadei
[Pubblicato su il manifesto]