La Lunga Marcia è iniziata. Stavolta nessuno percorrerà dodicimila chilometri a piede come fecero Mao Zedong e i suoi seguaci tra il 1934 e il 1935. Ma la città di Yan’an, punto di arrivo dell’interminabile cammino di allora nella provincia dello Shaanxi, torna anche questa volta, nel lungo avvicinamento al ventesimo Congresso nazionale del Partito comunista cinese del 2022. Il Congresso che dovrebbe (potrebbe) dare il via libera al terzo mandato da presidente per Xi Jinping.
Il lungo avvicinamento è cominciato con una doppia mossa. All’inizio di questa settimana, il PCC ha istituito una task force speciale per la “sicurezza politica”. Una nuova entità nata all’interno di un gruppo di lavoro istituito lo scorso aprile dalla Commissione centrale per gli affari politici e legali e dedidato alla “sicurezza sociale” e alla risposta alla pandemia da coronavirus. La task force sarà incaricata di rispondere alle minacce alla sicurezza politica. Il report, pubblicato dal Procuratorial Daily, cita tra le possibili minacce: attività sovversive, azioni terroristiche, secessioni etniche ed estremismo religioso.
Se la prima mossa guarda al macro, dunque la tutela del partito e dell’integrità territoriale cinese, tema quantomai caro in un momento nel quale gli occhi del mondo sono rivolti a Hong Kong, Xinjiang e Taiwan, la seconda è pensata per avere effetti all’interno dello stesso sistema politico e del partito. Sempre la Commissione centrale per gli affari politici e legali ha infatti annunciato l’avvio di una nuova campagna anticorruzione rivolta al sistema giudiziario e, appunto, legale.
A darne comunicazione è stato Chen Yixin, segretario generale della Commissione e fedelissimo di Xi Jinping. Chen, che ha assunto l’incarico nel 2018, è stato inviato anche a gestire l’epidemia nella provincia dello Hubei, l’epicentro iniziale della pandemia da coronavirus. Il suo arrivo a Wuhan, avvenuto nella prima metà di febbraio, ha rappresentato un momento cruciale per la retorica del partito sul Covid-19. Mandare Chin significava mandare il messaggio che il governo centrale prendeva con ancora più decisione in mano il timone, soppiantando quello locale. Uno shift narrativo cruciale.
Meno di cinque mesi dopo Chen lancia una nuova campagna anticorruzione e lo fa con un discorso molto forte, in cui fa riferimento all’urgente compito di “rimuovere completamente i tumori” della corruzione e in cui cita Yan’an e il movimento di rettifica degli anni precedenti alla proclamazione della Repubblica Popolare. Quella campagna rappresentò il primo esempio di mobilitazione di massa maoista che costituì poi la base di partenza per quanto accadde nei decenni successivi. Appare inevitabile che qualche nome importante possa pagarne le conseguenze. Secondo Bill Bishop di Sinocism, uno di questi potrebbe essere Meng Jianzhu, predecessore di Chen Yixin e membro del Politburo dal 2012 al 2017.
Appre in ogni caso chiaro che Xi voglia aumentare ancora di più la sua presa interna e non rischiare sorprese nella lunga marcia verso il suo terzo mandato.
[Pubblicato su Affaritaliani]Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.