Con le nuove linee guida nutrizionali, Pechino cerca di porre uno stop al dilagante consumo di carne, segno di una società in rapido sviluppo. Si pone l’accento soprattutto sulle conseguenze climatiche, cercando di sensibilizzare i cinesi al problema. Anche con testimonial d’eccezione. In cinese, il carattere che significa «casa» rappresenta un maiale sotto un tetto – 家 – ed esiste da circa 3mila anni. Questo ci dice quanta importanza abbia l’animale sinonimo di abbondanza, il cui prezzo, nella Cina di oggi, è addirittura uno dei parametri principali per misurare l’inflazione. Ma la carne significa gioiosa emancipazione dalla povertà ed è componente fondamentale della dieta anche sotto forma di polli, bovini, pecore e chi più ne ha più ne metta.
Fino al 1982 i cinesi mangiavano in media 13 kg di carne pro capite l’anno. Adesso siamo a 63, di kg, cui se ne aggiungeranno altri 30 entro il 2030, secondo le proiezioni. La Cina divora il 28 per cento della carne che si consuma al mondo ed è quindi anche responsabile in grande misura delle emissioni di Co2 legate al bestiame – cioè il metano – e ai fertilizzanti per i pascoli, cioè l’anidride carbonica.
Secondo un nuovo rapporto di WildAid, l’aumento previsto del consumo di carne da parte dei cinesi aggiungerebbe ogni anno 233 milioni di tonnellate di gas serra al totale delle emissioni globali. A meno che qualcuno o qualcosa tiri il freno.
Così, il governo cinese ha rilasciato delle nuove linee guida sull’alimentazione consigliata che dovrebbero sia dare idea ai cinesi di che cosa sia una dieta bilanciata, sia ridurre le emissioni. Le «Linee guida nutrizionali per il 2016» (Jumin shanshí zhinan 2016), a cura della Società di Nutrizione Cinese (Zhongguo Yingyang Xuehui) consigliano di consumare tra i 40 e i 75 grammi di carne al giorno, cioè tra i 14 e i 27 chili l’anno, meno della metà di quanta se ne mangi ora.
Per promuovere una campagna di massa così complicata, Pechino ha quindi assoldato testimonial d’eccezione per spot televisivi, come il regista James Cameron e l’ex attore-governatore californiano, il super muscoloso Arnold Shwarzenegger. Quasi a dire: «Visto? Per essere grandi e grossi non c’è bisogno di tutta quella carne». Negli spot, il dito è puntato proprio sulle responsabilità collettive verso il clima più che su altre considerazioni. Va ricordato che, a livello globale, il 14,5 per cento delle emissioni nocive dipende dagli allevamenti da carne.
Se le nuove linee guida del governo cinese dovessero essere seguite, si calcola che nel 2030 le emissioni da bestiame che produce la Cina saranno circa un miliardo di tonnellate meno del previsto. Ma va anche detto che se in numeri assoluti i cinesi consumano tanta carne, in numeri relativi ne mangiano molta meno dei cittadini di almeno una dozzina di Paesi più ricchi. Giusto per chiarire, uno statunitense o un australiano divorano oltre il doppio della quantità di carne che mangia un cinese.
Tuttavia, alcuni rapporti sottolineano che la velocità dello sviluppo cinese ha travolto la popolazione anche quando si tratta di consumi alimentari. Circa 100 milioni di cinesi hanno oggi il diabete, mentre l’obesità è in aumento. Quanto all’ambiente, emissioni a parte, la terra arabile è drasticamente in diminuzione proprio a causa dei pascoli e le risorse idriche sono sottoposte a stress continuo.
Come al solito, quando si tratta di Cina, l’inversione di rotta è una corsa contro il tempo.