A chi appartiene l’altra “metà del cielo”? Su Banbiantian (半边天 “metà del cielo”) raccontiamo le storie di chi in Asia orientale lotta per la giustizia di genere in tutte le sue declinazioni. Quali effetti ha il declino demografico sullo status delle madri single in Cina?
L’inverno demografico è arrivato. In Cina la popolazione è in recessione, per la prima volta da sessant’anni. Il Partito comunista cinese (PCC), dopo quasi quattro decenni di politiche di controllo della natalità, ha deciso di mettere in discussione alcune norme sociali radicate nella matrice culturale del Paese. Tra queste, il trattamento discriminatorio nei confronti delle madri single.
Le trasformazioni sociali più recenti hanno portato a un aumento significativo sia dei divorzi che dei parti extramatrimoniali in Cina. Secondo il ministero degli Affari civili della Repubblica popolare cinese nel 2019 nelle città metropolitane come Pechino e Shanghai si stima che il tasso di divorzi abbia raggiunto il 40% delle persone sposate. Cresce poi la categoria di donne che sceglie di portare avanti una gravidanza fuori dal matrimonio. Oggi, in piena crisi demografica, il governo cinese si mostra più tollerante. In alcune province del Paese alle madri single sono stati resi accessibili servizi e garantiti diritti che un tempo il governo riservava solo alle coppie sposate. Ma una norma sociale ben radicata ha bisogno di tempo prima di lasciare il passo a nuove pratiche.
Demografia e diritti
La crisi demografica cinese era prevista da tempo. Per Pechino la questione è sempre stata vitale per la sopravvivenza del regime. La stabilità del sistema politico e statale è il primo di quei “core interests” del PCC che costituiscono le fondamenta dell’agenda di politica interna ed estera del PCC. Si tratta di un imperativo prioritario rispetto alla sovranità nazionale, all’integrità nazionale e allo sviluppo socioeconomico. Una popolazione in declino significa rinunciare a un topos della politica internazionale che associa la numerosità al potere.
Ma la recessione demografica non è solo una questione geopolitica. Il dividendo demografico generato dalla politica del figlio unico (1980-2015 circa) non è più una risorsa per la crescita economica, che infatti ha rallentato il suo corso. Una popolazione in declino significa anche più pressioni sui diritti riproduttivi delle donne, anche se questa non sarebbe una novità. Oggi non è più accettabile politicamente che il PCC ricorra a una politica di natalità coercitiva. La tradizione conservatrice patriarcale, però, continua a tenere in vita ruoli di genere che associano il lavoro di cura non retribuito alla funzione delle donne all’interno delle mura domestiche.
La discriminazione parte dalla cultura delle “leftover women”
Al crollo dei tassi di natalità, infatti, segue anche quello del numero di matrimoni. Solo 8,1 milioni di coppie si sono sposate nel 2020, secondo le statistiche del governo, il numero più basso dal 2003. Per anni il governo centrale e quelli locali hanno cercato di scoraggiare le gravidanze fuori dal matrimonio e quelle portate avanti dalle donne single, stigmatizzando coloro che non si riconoscono nei valori della famiglia più tradizionali. Note con l’appellativo di 剩女 (shèngnǚ), “donne-avanzi” o “donne-residui”, coloro che hanno superato i 27 anni d’età e dedicano le proprie energie alla carriera o all’istruzione sono generalmente considerate dal governo un problema sociale. Il motivo? Hanno ormai superato la famosa “età da marito”. Come ricorda Leta Hong Fincher nel suo libro Leftover Women: the resurgence of gender inequality in China lo stigma inizia a diffondersi sistematicamente dal 2007, quando la All-China Women’s Federation ne affina la definizione e il ministero dell’Educazione la integra nei suoi discorsi ufficiali.
Proprio qualche giorno dopo la Giornata internazionale delle donne nel marzo 2011, fu pubblicata sul sito della Federazione una rubrica dal titolo Do leftover women really deserve our sympathy?. “Le ragazze graziose non hanno bisogno di troppa educazione per spostare un uomo ricco e di famiglia potente, ma le ragazze di media bellezza o di brutto aspetto lo troveranno difficile. Questo tipo di ragazze spera di portare avanti la propria educazione per incrementare la propria competitività. La tragedia è che se non [trovano marito a una certa età] varranno sempre di meno, e quindi nel tempo che serve per ottenere un Master o un PhD si troveranno già vecchie come perle ingiallite”.
Timide aperture da parte del governo cinese
Il governo ha recentemente mostrato più tolleranza rispetto alle donne che scelgono per un motivo o per un altro di portare avanti una gravidanza senza avere un marito. Ma il contesto sociale in cui queste persone provano per la prima volta l’esperienza della genitorialità non è sempre accogliente. La legge non proibisce esplicitamente alle madri single di partorire, ma le regole di pianificazione familiare guardano solo alle coppie sposate. Poche province hanno timidamente cominciato ad aprirsi a forme di riconoscimento: Guangdong, Shanghai, Anhui, Sichuan. Ma si tratta di poche e rare eccezioni. In diverse località si può incappare ancora in multe e sanzioni per aver portato avanti una gravidanza fuori dal matrimonio.
Fino al 2016 per partorire era necessario un permesso. Con la fine della politica del figlio unico, è rimasta l’impronta culturale di quarant’anni di controllo della natalità. Il sesso extramatrimoniale è disapprovato, ma è soprattutto a livello politico che si incontrano ostacoli. Chi sfida la burocrazia deve allo Stato una somma che può equivalere al reddito medio annuo, chiamata “tassa di compensazione sociale”. Si tratta di una sanzione applicata per aver causato un danno alla comunità violando la legge. Ci sono poi altre difficoltà determinate dal permesso residenziale a cui sono vincolati i diritti sociali. Una di queste è quella che riguarda l’hukou, il sistema di registrazione familiare attraverso cui le cittadine e i cittadini cinesi beneficiano dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria. Prima del 2016, gli uffici non rilasciavano hukou senza un padre legalmente registrato.
Ostacoli materiali al lavoro riproduttivo e di cura
Per le donne anche l’indipendenza economica si presenta come una strada tutta in salita. Ricevere lo stipendio o le prestazioni sanitarie necessarie durante la maternità è un diritto che spetta alle donne sposate. È del 2021 il caso di Sarah Gao, una mamma single che ha ingaggiato una battaglia legale di quasi quattro anni per ricevere i benefit che le spettavano dallo Stato. Il tribunale ha affermato che “lo stato di persona nubile di Gao durante il parto non è in linea con la politica nazionale, e quindi mancava la base legale per ricevere uno stipendio durante il congedo di maternità”. La zona grigia in cui si trovano legalmente le madri single cinesi le esclude dal welfare pubblico dedicato alle mamme sposate. È un problema quando si tratta di assicurarsi l’assistenza prenatale o registrarsi per partorire in un ospedale pubblico. Queste prestazioni sono divenute possibili solo recentemente senza una licenza di matrimonio. La prima provincia a concedere alle madri single diritti simili a quelli delle madri sposate è stata il Guandong nel 2016, l’ultima lo Sichuan a gennaio.
Il problema del congedo di maternità e dei sussidi è un’altra spina nel fianco per una donna che decida di avere un bambino. Quando è stata lanciata la politica dei due figli (2016-2020), il governo ha previsto incentivi, sgravi fiscali e sussidi per supportare i suoi piani di stimolo alla natalità. Ma l’onere spropositato che spetta alle donne nella cura dei figli è un disincentivo molto grande per qualsiasi società che decida di emanciparsi dai ruoli di genere tradizionali. Come ricorda Yaqiu Wang dello Human Rights Watch (HRW), un detto popolare sui social cinesi durante la politica dei due figli era: “se non hai avuto figli, i datori di lavoro ti considerano una ‘bomba a orologeria super-grande’ che esploderà due volte [prendi il congedo di maternità due volte]. Se hai avuto un figlio, sei una “bomba a orologeria” che probabilmente avrà un secondo figlio in qualsiasi momento. Se hai già due figli, devi essere troppo impegnato a prenderti cura dei bambini, quindi [tu] non puoi concentrarti sul lavoro”.
Nuove politiche servono le esigenze del presente
Lo scorso agosto agosto Liu Juan della National Healthcare Security Administration ha detto che le licenze di matrimonio non verranno più richieste per accedere ai sussidi di maternità. Inoltre sono state promosse nuove linee guida per le politiche fiscali, abitative, occupazionali ed educative pensate per ridurre gli oneri economici di crescere dei figli. A novembre, il governo ha emendato la legge sulla protezione dei diritti e degli interessi delle donne. A proposito di lavoro, Pechino ha vietato ai datori di indagare sullo stato civile e materno delle donne che si candidano per lavorare, o di rendere tale stato una condizione per l’assunzione. L’obiettivo di queste riforme è “rendere la società a misura di famiglia”.
Nonostante la proclamata tolleranza nei confronti delle madri single, però, le nuove politiche servono a riarticolare il controllo biopolitico del governo sulla società. Secondo la docente del’Università cinese di Scienze politiche e Giurisprudenza di Pechino Chen Bi: “Se un Paese limita la libertà riproduttiva quando affronta una crisi delle risorse e la concede quando affronta una crisi demografica, allora si tratta di nudo utilitarismo riproduttivo”.
A cura di Agnese Ranaldi
Laureata in Relazioni internazionali e poi in China&Global studies, si interessa di ambiente, giustizia sociale e femminismi con un focus su Cina e Sud-est asiatico. Su China Files cura la rubrica “Banbiantian” sulla giustizia di genere in Asia orientale. A volte è anche su La Stampa, il manifesto, Associazione Italia-Asean.