Russia e Cina si ritrovano all’incontro dei Brics, al termine di un periodo di incontri bilaterali rilevanti e aggiornamenti costanti sulla situazione internazionale. Da parte di Pechino ci sarà la volontà di affermare la propria posizione riguardo la questione greca, che attualmente è motivo, minimo, di distanza da Mosca.
Si può affermare che proprio Pechino abbia finito per trainare Mosca su posizioni abbastanza caute anche in relazione alla crisi greca. Cina e Russia sono molto vicine sia su questioni di geopolitica, sia per affari e giro commerciale, non ultimo il contratto trentennale per il gas, conclusosi al termine di uno dei momenti più duri per Mosca della crisi ucraina. E bisogna pur specificare che se Pechino ha sostenuto in modo blando la posizione russa sul conflitto in Ucraina, quell’accordo ha permesso a Putin di «vendersi» la nascita di un potenziale «asse» russo cinese.
Né Mosca né Pechino – forse – ci credono troppo, perché potenzialmente troppi sono i punti di contrasto. Ma entrambi i paesi agitano lo spauracchio di un’alleanza solida in relazione a situazioni internazionali, contrapponendo la propria vicinanza in primo luogo agli Stati uniti. Entrambi i paesi sono accomunati da una visione multipolare del mondo, in contrasto con il tentativo Usa di difendere una posizione di dominio assoluto. Mosca e Pechino ritengono che ormai i centri di potere regionale abbiano finito per riequilibrare i rapporti di forza. Ma Xi Jinping sembra credere a questo soprattutto nelle aree che la Cina ritiene «proprie», vale a dire nel mar cinese del sud e in quello orientale, dove le zone contese con altri paesi asiatici creano periodicamente tensione.
È in quelle zone che Pechino smette i panni del partner conciliante e disponibile, per diventare più aggressivo, in quella che ritiene essere la propria zona di casa e dove i militari cinesi vedono dal vivo i militari americani, che entro il 2020 sposteranno il 60 per cento della propria marina militare in quelle zone.
Nel resto del mondo la Cina non segue la spericolatezza di Putin, anzi. Pechino, pur mantenendo le proprie posizioni di critica a Usa e all’occidente, rispetto ad altre zone del mondo è molto più disponibile al dialogo di quanto Washington non voglia far credere. Sull’Ucraina ha difeso la Russia, ma non ha nascosto il proprio fastidio nei confronti dell’«operazione Crimea», che si scontra con la posizione cinese che non vuole interferenze in affari interni di altri stati, in modo da non doverne subire di altrettanti in casa (vedi Tibet e Xinjiang).
Sulla Grecia, infine, la Cina ha fin da subito spinto per una soluzione della crisi capace di tenere insieme l’Europa, non tanto per questioni politiche, quanto per necessità economiche del paese. Pechino in Europa sta investendo, sia acquistando asset industriali e nell’innovazione, sia come mercato di riferimento.
Pechino ha bisogno assoluto di stabilità, non solo internamente, ma anche a livello politico internazionale e lo sconquasso di un’uscita della Grecia, eventualmente, creerebbe solo problemi alle aziende cinesi. Diversa – al riguardo – la posizione della Russia, che ad Atene ha già fatto capire di essere disposta ad un aiuto, sempre che Tsipras lo richieda. Ma si è trattato di un primo approccio poi sfumato, come confermato nei giorni scorsi, quando Mosca ha tenuto a precisare che la telefonata tra Tsipras e Putin era intercorsa per volontà del leader greco e non il contrario. Recentemente il Guardian ha ospitato l’intervento di vari autori proprio riguardo l’eventuale e possibile «asse» Pechino Mosca.
A questo proposito si specificava, utilizzando le parole di Liu Jun, esperto di studi russi alla East China University, che «è del tutto possibile che la Cina abbia la volontà di sviluppare le sue relazioni con i paesi dell’Asia centrale senza sfidare la Russia, ed è vero che la Russia appare preoccupata dell’influenza crescente della Cina in Asia centrale, ma le preoccupazioni non sono al momento un intoppo all’ambito principale delle relazioni bilaterali: ci sono più vantaggi nella cooperazione». Per ora.
[Scritto per il manifesto]