Cina e petrolio: difficoltà africane

In by Simone

Ieri la Nigeria ha comunicato l’interesse della China National Offshore Oil Corp (la Cnooc), nei confronti di giacimenti petroliferi di proprietà della Royal Dutch Shell PLC, sotto utilizzati. Si tratta di accordi per miliardi di dollari, ha sottolineato un funzionario nigeriano, mentre dalla Cnooc non sono state rilasciate dichiarazioni.

L’avvio dei negoziati significherebbe una ripresa nell’ambito petrolifero per la Cina, dopo le battute di arresto in Libia e Angola. L’8 settembre la Libia ha posto il veto ad un accordo con la Cnooc, mentre in precedenza era toccato all’Angola fare sfumare un affare sia per la Cnoon, sia per la Sinopec. Il diniego angolano, per altro, aveva segnato una controtendenza rispetto agli ottimi rapporti tra i due paesi (l’Angola è il primo partner africano della Cina): 5 anni fa i cinesi erano stati accolti in modo entusiasta dall’Angola, tesa a farsi finanziare il boom economico dai cinesi, in cambio di risorse. Nella prima metà del 2008 l’Angola era diventata il primo fornitore di petrolio della Cina, soddisfando circa il 18% delle sue necessità.

Per alcuni africani, però, l’abbraccio con la Cina è sembrato troppo simile ad un nodo stretto al collo: lo scambio petrolio- infrastrutture non è più bastato quando le imprese cinesi hanno dimostrato di voler mantenere un controllo totale sui lavori, ad esempio attraverso l’assunzione – e lo sbarco – di manodopera a maggioranza cinese.
Con la Nigeria, ad esempio, potrebbero non bastare gli accordi del 2006 che hanno previsto la costruzione di infrastrutture imponenti – una linea ferroviaria, la ristrutturazione di una raffineria e il lancio di un satellite – su tutto il territorio.

Secondo il Wall Street Journal, oltre all’amministrazione nigeriana, e le trappole insite in questo settore, a giocare contro la Cina, sarebbe anche un impegno maggiore da parte delle potenze occidentali nei confronti dei paesi africani. Il mercato si allarga: alla Cina non basta più costruire ferrovie, in cambio del petrolio. E l’Occidente arriva con le banche, come nel caso dell’Angola, o direttamente con la promessa di maggiori investimenti nel campo petrolifero e dei prodotti agricoli, come dichiarato recentemente dall’amministrazione Obama. “La Cina e i paesei africani – secondo Cristopher Alden della London School of Economics, intervistato dal Wall Street Journal – sono in mezzo a un processo di maturazione delle proprie relazioni, dopo le grandi aspettative dei primi anni”. Il test nigeriano chiarirà la presa attuale della Cina su un continente in cui investe, con successo, da anni.