Cina: crescita al 6,9 per cento

In by Gabriele Battaglia

È l’incremento più basso degli ultimi 25 anni, era previsto, la leadership ostenta sicurezza mentre il mondo si interroga perché l’economia cinese è sempre più considerata driver della crescita globale. Ne sentiremo parlare a lungo. Sono finalmente arrivati i dati ufficiali: nel 2015 la Cina è cresciuta del 6,9 per cento, che è meno del 7 posto come obiettivo all’inizio dell’anno scorso, ma compatibile con la correzione fatta dal premier Li Keqiang un paio di mesi fa, quando disse che una crescita "attorno" al 7 per cento è sufficiente se crea abbastanza posti di lavoro. È comunque la più bassa degli ultimo quarto di secolo.
Dopo anni di incremento a doppia cifra, l’economia cinese ha rallentato nelle ultime due stagioni, in coincidenza con il tentativo della leadership di passare da un modello trainato da esportazioni e investimenti a uno trainato invece da consumi domestici e servizi. E’ un po’ il discorso dell’uovo e della gallina: l’economia rallenta perché c’è questa transizione in corso o la transizione è stata resa necessaria dal rallentamento dell’economia?

A questo punto è forse più utile chiedersi se l’evoluzione della Cina verso un’economia evoluta riuscirà
, anche perché la sua buona salute è considerata un driver per la crescita globale. Va detto che ormai il settore dei servizi rappresenta la fetta maggiore del Prodotto interno lordo cinese, ma il punto è capire se sarà in grado di compensare il rallentamento sempre più strutturale del settore industriale tradizionale. È un gioco a rincorrere.

Giusto ieri, il presidente Xi Jinping ha detto che nonostante la crescita rallentata e la volatilità dei mercati finanziari, i fondamentali economici di lungo periodo sono solidi
. L’ha detto a una riunione di alti funzionari, con ampia dellegazione dalle province. Non è un caso, perché è anche e soprattutto dall’efficienza dei distretti regionali che dipende la transizione cinese.
La leadership parla di “nuovo normale” (xin changtai): una crescita meno vertiginosa, ma più qualitativa. Gli analisti stranieri “esperti di Cina”, che si dice salgano sulle montagne di Hong Kong, scrutino l’orizzonte, e sentenzino senza dubbio alcuno, hanno lavoro assicurato per i prossimi cinque anni, cioè per tutto il piano quinquennale 2016-2020. Da questo momento, il dibattito è aperto.

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